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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 3.5/5
  • valutazione
  • Mescola gli elementi classici di un genere a quelli del proprio.
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 3.2/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 31 lettori
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Info

A history of violence

di David Cronenberg

 
    Dati
  • Titolo originale: A history of violence
  • Soggetto: Romanzo a fumetti "Una storia violenta", scritto da John Wagner con disegni di Vince Locke
  • Sceneggiatura: Josh Olson
  • Genere: Drammatico - Thriller
  • Durata: 90 min.
     
  • Nazionalità: U.S.A., Canada
  • Anno: 2005
  • Produzione: Bender-Spink, New Line
  • Distribuzione: 01 Distribution
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

La metà oscura

di Eduard Le Fou

Oltre a sentirsi piacevolmente inchiodati alla poltrona, durante la visione di A history of violence, si avverte tutta l'ammirazione per come un acclamato autore come David Cronenberg, sinonimo di un cinema molto personale per tematiche e visionarietà, abbia avuto l'umiltà e la bravura di mettersi al servizio di una sceneggiatura non scritta da lui e di un film strutturalmente "di genere", facendolo diventare uno dei suoi migliori lavori. Spicca infatti la mano del maestro che riesce a dosare e mescolare gli elementi classici di un genere a quelli del proprio universo rappresentativo con padronanza, equilibrio e efficacia tali da generare un film molto coinvolgente e convincente, rispettoso dei personaggi e dello spettatore.
Il plot è uno dei più sperimentati: Tom Stall vive una serena esistenza insieme alla moglie e ai due figli in una cittadina dell'Indiana, nello sconfinato ed isolato entroterra americano, dove gestisce una caffetteria, stimato e rispettato dei suoi compaesani.
Purtroppo un giorno l'esistenza della famiglia del protagonista cambia radicalmente: due efferati criminali irrompono nel locale per una rapina che Tom coraggiosamente riesce a sventare, uccidendo i due malviventi e salvando la vita ai clienti presenti.
Tom diventa così un piccolo eroe della comunità in cui vive e grazie a tv e giornali il suo volto ottiene un quarto d'ora di celebrità in tutto il Paese.
Dopo pochi giorni di calma apparente, si presentano tre gangster da Philadelphia che lo riconoscono non come Tom Stall, bensì come un loro vecchio "collega" sotto mentite spoglie e lo invitano con le minacce a seguirli per sistemare alcuni affari rimasti in sospeso. La storia quindi gira intorno al tema dell'identità, del passato rimosso, della ricerca di serenità negli affetti famigliari, e, ovviamente, della violenza.
Tutte queste tematiche sono state elaborate a fondo in un altro film presentato con successo all'ultimo festival di Cannes (dov'era in concorso anche A history of violence): Cachè di Micael Haneke.
Lo svolgimento però è esattamente opposto. Benchè accomunati sin dalle prime sequenze da un senso di incombente minaccia che solo apparentemente arriva dall'esterno e che invece si rivela essere sepolto dentro la personalità del protagonista, Haneke crea un film del tutto personale e originale nello stile e nella trattazione, mentre Cronenberg si affida ad alcuni solidi strumenti narrativi classici del cinema thriller e noir, che qui funzionano a meraviglia: personaggi la cui moralità è messa a dura prova dagli eventi, la cruda solidità del paesaggio che sembra assistere impassibile alle alterne vicende umane, il ritmo crescente e incalzante del racconto, una serie di personaggi non protagonisti di grandissimo spessore e molto ben delineati (ottime, oltre a quella del protagonista Viggo Mortensen, le interpretazioni di Maria Bello, Ed Harris, Ashton Holmes e memorabile il bel cameo di William Hurt). Ma tra le pieghe della messa in scena del lato oscuro della vita di una famiglia (che metaforicamente potrebbe essere quella di una Nazione, come in Cachè), c'è qualcosa di più che pulsa sotto pelle.
Emerge, prima lentamente per poi esplodere in tutta la sua violenza, un senso di inquietudine, una sensazione strisciante che all'inizio lo spettatore non sa spiegarsi e che trattiene dentro sé, proprio come fa lo stesso protagonista, fin quando finalmente Tom è costretto a venire allo scoperto.
E' da questo terreno che tutto il talento visionario di Cronenberg viene fuori alla grande senza però fagocitare la storia: prima l'incipit onirico del film, l'apparente serenità dell'immutabile vita di paese; poi i segni di una mutazione non più occultabile: gli sfregi sulla schiena della moglie, il sesso rabbioso di una coppia che ha perso l'identità, i volti disintegrati dei gangster, il sangue che macchia i vestiti come le coscienze dei familiari innocenti. Un viaggio attraverso le paure e i suoi effetti, condotto dal personaggio di Tom che come il protagonista del precedente film di Cronenberg, Spider, snoda i fili di un passato doloroso e violento, ma che qui rivela un vago, e inedito in questo autore, senso religioso di un uomo ("tre anni di peregrinare senza meta nel deserto" rivela Tom alla moglie) che è disposto a redimersi, a cambiare vita e a difendere la sua famiglia e la serenità in cui e' nata e cresciuta, a qualsiasi costo, anche a quello di sporcarsi di nuovo le mani di sangue, pur di spezzare l'inesorabile cerchio dell'umana violenza.
 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 27 commenti

 
 
utente
Dudoski
  • indirizzo IP 62.110.10.163
  • data e ora Giovedì 29 Dicembre 2005 [18:26]
  • commento Demone Cronenberg lo stesso! (e forse a maggior ragione)
 
 
 
 
 
utente
Fabrizio
  • indirizzo IP 151.38.236.168
  • data e ora Giovedì 29 Dicembre 2005 [19:32]
  • commento Si, l'ho vissuto malissimo. Non riesco neanche a dire che è un film carino. Penso a un Cronenberg di genere e su incarico come The Fly o The Dead Zone e li giudico superiori a A H of V.
 
 
 
 
 
utente
Luigi
  • indirizzo IP 82.49.60.179
  • data e ora Venerdì 30 Dicembre 2005 [1:57]
  • commento Anche perché La Mosca, pur non essendo suo parto totale, trasuda comunque Cronenberg da ogni poro di celluloide ed è quindi uno strafottuto capolavoro. E lo dico senza enfasi.
 
 
 
 
 
utente
Tetsuo
  • indirizzo IP 151.52.5.243
  • data e ora Venerdì 30 Dicembre 2005 [11:33]
  • commento Sara, sono gusti personali, sappiamo che tra un cervello schizzato e dei buoni sentimenti, per quanto profondi, preferisci sempre il primo :) Io dico che The Straight Story ha una profondità che HoV si sogna, ha maggiore brillantezza e il tocco del regista è molto più evidente (cfr: la donna del cervo, l'intro, la regia della sequenza della famiglia che ripara il trattore).
 
 
 
 
 
utente
Tetsuo
  • indirizzo IP 151.52.5.243
  • data e ora Venerdì 30 Dicembre 2005 [11:37]
  • commento Anche secondo me HoV è un buon film. Si guarda con piacere. Quello che manca, secondo me è il senso di completezza proprio delle opere dei "grandi", anche quelle minori. Chiudo con un quesito inquietante: riuscirà Cronenberg a non ripetere l'exploit con "Io Uccido" di Faletti? :) Spiiiideeer.... torna qui...
 
 
 
 
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