Come guardare la Gioconda al Louvre?

Io leggo molto i quotidiani online, sia italiani che stranieri, mi piace spulciare molte voci, alla ricerca di qualcosa di interessante, qualcosa che mi colpisca, nel bene o nel male. Ieri poche righe, scritte sul Corriere della Sera, hanno decisamente catturato la mia attenzione:

Mantovani è il capo del Pdl lombardo, ha fatto trovare a Berlusconi una modella svedese violinista dentro l’uovo di Pasqua. Era il caso?

«Embé? C’è qualcosa di male? Lo pensa chi ha la coda di paglia. Ma non è vietato divertirsi, danzare, ascoltare musica. È come guardare la Gioconda al Louvre».

Che c’entra la Gioconda?

«Per suonare il violino bisogna essere artisti. Non è come suonare le nacchere…».

L’intervistatore è Aldo Cazzullo, l’intervistata Daniela Santanché, la modella violinista Charlotte Krona (o Crona, c’è discordanza nelle fonti).

confronto Charlotte Crona vs Gioconda

Irrispettoso confronto tra Charlotte Crona e Monna Lisa

Mi sono fermato a riflettere su questo breve scambio di battute in virtù di una circostanza abbastanza semplice: io la Gioconda al Louvre l’ho vista.
Della mia esperienza al cospetto (proseguendo nella lettura si capirà che non sto scegliendo queste parole per caso) del capolavoro di Leonardo ricordo diverse cose. La prima cosa che ricordo è una strana sensazione legata alle dimensioni della tavola: la Gioconda è piccola.
Il lato lungo del ritratto non arriverà nemmeno al metro di lunghezza, e la cosa si nota ancora di più per via della collocazione. La Gioconda è una minuscola regina in trono, al centro di una sala gigantesca, ammirata e adorata perennemente da una folla impegnata nell’indagarne con lo sguardo ogni più piccolo dettaglio.
Un secondo aspetto che mi colpì a suo tempo fu appunto l’atteggiamento della folla curiosa e adorante. Pur separata dal dipinto da funi e da uno spesso cristallo, si percepisce un desiderio di contatto da parte dei visitatori del museo, una voglia di arrivare più vicino, di cogliere qualcosa in più, qualcosa che consenta di comprendere anche solo in minima parte l’evidente grandezza dell’opera e dell’artista, tuttavia ci si contiene. Di fronte alla Gioconda si tende a parlare sottovoce, se non a tacere del tutto. Si tende a reprimere la propria voglia di andare più vicini, di toccarla, di capirla e, in fondo, di rubarla.
Un piccolo quadro espressione di un’arte così grande da intimidire, questo ricordo, questo per me è stato guardare la Gioconda al Louvre.

Personalmente credo che guardare una modella svedese seminuda mentre esce da un uovo di Pasqua, seppur con un violino in mano, sia un’esperienza sostanzialmente diversa.

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