- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
- Contro Sherlock Holmes a caccia di misogini (la redattrice non ha letto il romanzo)
- A favore Panni sporchi di svastiche (la redattrice ha letto il romanzo)
- Chiara Orlandi Vs. Sara Troilo
- Contro La storia dell'embrione con le unghie e di sua mamma che graffia più di lui
- A favore Quando decidere non è un gioco da ragazzi
- Sara Troilo Vs. Paola Galgani
- Contro I mirtilli non dovrebbero suonare il piano
- A favore Irresistibile e stucchevole come una torta ai mirtilli
- Antinoo Vs. Sara Troilo
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
Recensione contro
Dio, quanto siamo cool!
di Sara Troilo
La diade Tarantino-Rodriguez e' fondata sull'autocompiacimento. Anche quando si apprezzano a vicenda, sempre di autocompiacimento si tratta.
Questo e' un limite enorme e il bianco e nero di Sin City lo dimostra in pieno. Quentin e Robert sono come due gemellini intelligenti e svegli di (cosiddetta) buona famiglia: hanno tutti i giochi piu' costosi, hanno l'home theater nella cameretta, leggono tantissimo e guardano film da mattina a sera.
Ad un certo punto si appassionano a un giocattolo trendy e lo vogliono; strillano, fanno i capricci, inventano settanta buone ragioni per cui la loro vita non ha senso che prosegua senza quel gioco e i genitori non possono fare altro che comprarglielo. Un giorno il gemellino Robert (il meno dotato dei due) scopre Frank Miller, idolatrato autore di fumetti e, non essendo in vendita, gli fa il filo per anni. Niente di originale, Frank Miller piace a gran parte della popolazione mondiale, ma Rodriguez insiste piu' di altri e comincia a dirgli: "Dai Frankie, affiancami nella trasposizione esatta delle tue graphic novel su grande schermo, avremo tanti attoroni, bellissime attrici e l'ampio parcheggio". E lo sventurato (Miller) rispose, ma la loro relazione, a differenza della vicenda manzoniana, non sta nascosta dal muro di un convento, si pavoneggia anzi in giro per il mondo.
Rodriguez e' un po' come Maria De Filippi, entrambi hanno capito che al di la' di ogni possibile indagine sociologica, quello che piace alla gente e' molto semplice: sesso e violenza. Nelle graphic novel di Sin City questi due ingredienti abbondano e il cinema ha avuto anche la possibilita' di esasperare sia il sesso che la violenza, decontestualizzandoli completamente e congelandoli in modo da renderli sterili e fini a se stessi.
Anche per questo motivo Sin City e' un film noioso, se nei primi dieci minuti si puo' apprezzarne lo stile molto forte, per il tempo restante ci si sente vagamente necrofili dal momento che e' un film cosi' piatto che nemmeno i medici di ER potrebbero rianimarlo. Robert Rodriguez ha sbandierato l'assoluta originalita' del proprio film davanti alla critica che alla prima a Cannes era rimasta perplessa.
Il gemellino Robert ha tacciato chiunque non apprezzasse il suo film di incapacita' ad aprirsi al nuovo modo di fare cinema. Tra le fila dei sostenitori di Sin City si e' anche accostata quest'opera all'Espressionismo, ma anche qui il lavoro di ripresa dell'Espressionismo effettuato dai critici e' del tutto simile a quello effettuato dal regista sull'opera cartacea: niente anima, solo segni esteriori. L'Espressionismo cinematografico e' nato da un movimento artistico ampio che reagiva al realismo che in campo pittorico non aveva piu' molto da dire e che attraverso colori che appiattivano le immagini, figure distorte e linee deformate, tenta di restituire le emozioni e non le immagini tali e quali.
Al cinema l'Espressionismo fa la sua entrata in scena a Berlino, in un (presumo) gelido febbraio del 1920 con la prima proiezione de Il gabinetto del dottor Caligari e nemmeno quello doveva aver molto impressionato il pubblico dell'epoca che da inizio secolo vedeva quadri e assisteva a spettacoli teatrali espressionisti. Figurarsi come puo' aver impressionato lo spettatore odierno il film di Rodriguez che se mai si accosta a quel movimento artistico lo fa a livello puramente formale e cioe' nell'intenzione di rendere grafica la ripresa cinematografica, ma anche qui con la predominanza dei movimenti di macchina che non cedono il passo come invece accadeva negli anni '20 in Germania. Nessuna attinenza con l'Espressionismo, poca con l'opera originaria che e' stata come depredata dalla mano marketing oriented di Rodriguez che ha sfruttato pestaggi efferati e bellezza strabordante dei personaggi femminili (rigorosamente prostitute o bariste) del fumetto per attirare il pubblico. La trasposizione pedissequa puo' essere un esperimento interessante, questo film e' solo tassidermia.
Recensione a favore
Lasciate ogni speranza, ma portate pure i popcorn
di Lucio Carbonelli
Sin City è la città del peccato, in bianco e nero, affinché il rosso del sangue versato risalti di più. Un bianco e nero livido (ma di cerotti ne abbiamo a sufficienza) e sporcato di blu elettrico, affinché risalti la bellezza dell'unica donna per cui uno schizzato psicopatico può perdere la testa, o affinché il marciume giallo e fetido di uno stupratore di bambine risulti ancora più fetido e giallo.
Gente poco raccomandabile vaga per le strade della città del vizio e del peccato, città dove però puoi trovarci di tutto: anche uno come Hartigan, probabilmente l'unico poliziotto onesto rimasto a Sin City, che è a un'ora dalla pensione ma decide lo stesso di inguaiarsi per il resto della sua vita; e Marv (un irriconoscibile quanto straordinario Mickey Rourke) che non si capisce bene cos'è, non è un delinquente ma gli piace fare casino e picchiare i poliziotti, ha la faccia sfregiata e non è mai stato amato e l'unica donna che gli abbia mai fatto provare qualcosa gliel'ammazzano subito; e poi c'è Dwight che nemmeno lui scherza quanto a psicopatia, deve essere l'aria di questa trista città, eppure è generoso, onesto, leale e sa amare. Niente è solo bianco o nero a Sin City, come potete ben vedere.
Le storie raccontate in questo film hanno per protagonisti proprio loro: Hartigan che salva una bambina (nota: s'è sviluppata proprio bene, la bambina) dal figlio pedofilo (il Bastardo Giallo e fetido di cui sopra) del potente senatore di turno e per questo la pagherà cara, Marv che vuole venire a capo dell'assassinio della prostituta d'alto bordo Goldie e si troverà a fare i conti con un serial killer cattolico di nome Kevin, Dwight che deve difendere Shellie e le "ragazze" (tra cui spicca una strepitosa Rosario Dawson) da quell'infame di Jackie Boy (ovvero Benicio Del Toro: anche lui irriconoscibile e grande).
Un film fatto di pezzi che non tornano al proprio posto, ma rimangono frammenti, perché quando fracassi un vetro come fai a rimettere tutto in ordine? I pezzi rimangono a terra, il puzzle non lo completi, i vetri restano a far rumore sotto le scarpe e sei fortunato se non ti tagli. Storie che s'incrociano, tornano indietro ma in definitiva non s'incontrano (flashback da letteratura pulp
) in questo noir cinematografico tratto dal capolavoro fumettistico del gran maestro Frank Miller (Il ritorno del cavaliere oscuro vi dice qualcosa?), e già sappiamo quello che state pensando: sì, spesso i film tratti da fumetti/libri sono solo un pallida e insulsa trasposizione dell'opera originale (un nome su tutti: From Hell di Alan Moore), ma qui no, tranquilli, niente di tutto questo accade. Anche se la mancata lettura del fumetto originale (mea culpa) non mi permette di fare raffronti e confronti del caso, qui si gode come pazzi davanti allo schermo; a far da garante è lo stesso Miller, co-regista insieme a quel cowboy pazzo che risponde al nome di Robert Rodriguez, e allora è il film che torna fumetto: la perpetua voce off fa le veci di didascalie e balloon, e gli attori diventano bianche sagome su sfondo nero, uno sfondo che si fa sempre più nero, la musica sale e il rosso del sangue si fa ancora più rosso. Ah e poi, come se non bastasse, nella scena del morto che parla alla regia c'è Quentin "prezzemolo" Tarantino. Mica potevamo farcelo mancare, no?! Serve altro?
Femme fatale, spogliarelliste, puttane vendicative, poliziotti corrotti, mercenari senza scrupoli, un prete cannibale? In Sin City c'è tutto questo e anche di più. Come dite? Troppo inverosimile, troppo violento? Caspiterina, questo è un film d'azione, un noir, una carneficina filmata, chiamatelo pure come vi pare, ma non è certo un documentario di Rai Educational! La violenza c'è, e pure tanta, ma è così esagerata e iperrealista (così realistica da andare oltre la realtà, e diventare quindi totalmente inverosimile) e divertente che è impossibile preoccuparsi o spaventarsi. Dobbiamo sempre spiegarvi tutto? Anche la presa in giro ai salutisti integralisti che non vogliono vedere una sigaretta neanche più nei film?
Entrate a Sin City su, che la nebbia vi avvolga e la pioggia acida vi bagni, che il vizio vi prenda: due ore (+ biglietto) è il prezzo da pagare. Vi do addirittura il permesso di sgranocchiare pop-corn, e bere coca-cola se proprio ci tenete
ma lasciate ogni speranza voi che entrate.
(Che poi le vostre città vi sembrano più sicure per caso?)
I lettori hanno scritto 18 commenti
- indirizzo IP 81.208.83.251
- data e ora Giovedì 06 Ottobre 2005 [16:55]
- commento Non accanitevi...ma io penso che questo film sia bruttissimo!Sarà che non ho mai visto il fumetto,ma proprio mi sono annoiata a morte!
- indirizzo IP 87.2.162.114
- data e ora Domenica 16 Ottobre 2005 [19:56]
- commento Un film semplicemente geniale.
- indirizzo IP 80.180.33.207
- data e ora Domenica 20 Novembre 2005 [15:51]
- commento Ricordo poche trasposizioni dal fumetto altrettanto fedeli. E' logico che chi si era appassionato al fumetto abbia apprezzato il film. Gli altri? boh. Ma che l'hanno visto a fare? :-)
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