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Juno

Ring del 20 07 2008

 
 
    Dati
  • Questo ring è stato letto 4658 volte
 
 
 
 
 
 
 
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Contro

Recensione contro

La storia dell'embrione con le unghie e di sua mamma che graffia più di lui

di Sara Troilo

Nel mezzo della bagarre antiabortista usata come cavallo di Troia da Giuliano Ferrara per riuscire ad entrare in Parlamento esce Juno, film vincitore della Festa del Cinema di Roma e dell'Oscar per la miglior sceneggiatura (della blogger Diablo Cody). E' la storia di una sedicenne sveglia, carina, intelligente e anticonformista che rimane incinta e decide di tenere il bambino per darlo in adozione a una coppia altoborghese che non può avere figli. Ferrara l'ha eletta a simbolo della sua anacronistica battaglia, ma Juno (Ellen Page che in un'intervista ha affermato che il film non c'entra nulla con il movimento pro-life) è il contrario della donna che vorrebbe il clero perchè ha spirito critico e autodeterminazione, non si affida nelle mani di nessun dio e tantomeno nelle mani di un uomo (nemmeno in quelle del padre). Ciò che le impedisce di abortire non è l'amica oratoriana con tanto di cartello che presidia la clinica ammonendo chi non la pensa come lei, quanto piuttosto lo squallore di quel posto che è il massimo a cui un'adolescente non ricca può aspirare. Al di là della storia che è abbastanza bella, però, non vi è nulla di nuovo né di sorprendente nel film perchè raramente ci si eleva dallo stereotipo.

 

Il figlio d'arte  Jason Reitman, già regista di Thank'you for smoking (più corrosivo di questo), confeziona un film innocuo che dalla sua ha solo la capacità di mostrarci un'adolescente non appiattita sull'adolescente-tipo confezionata a Hollywood, ma che, come già faceva Thank'you for smoking, si perde nel nulla. Il film è commentato da una colonna sonora studiatissima che include due brani dei Belle & Sebastian (e l'immancabile Cat Power) e che incornicia bene il susseguirsi dalle stagioni nella vita di questa ragazzina che è atipica, ma solo fino ad un certo punto.

Perchè se Juno non è la sedicenne fan di Hilary Duff con i jeans a vita bassissima e il ciuffo biondo, ciò non significa che per forza sia un personaggio autentico. La sua totale mancanza di pacatezza e il suo essere sempre e solo molto grezza non la rendono tridimensionale e ci troviamo di fronte a un personaggio monotono che non subisce variazioni. Stesso trattamento subisce la madre adottiva del "fagiolo", Vanessa (Jennifer Garner), nata per diventare madre, ma che purtroppo non riesce a restare incinta, è la fatina buona con l'istinto materno grande come un alano che sta una settimana a riflettere sul colore della camera del neonato, pacata e mediamente noiosa, è un altro monolite. La matrigna di Juno, Bren (Allison Janney) è l'unica con un po' di movimento interiore, l'unica che possieda sfaccettature e anche l'unica protagonista di situazioni veramente divertenti e corrosive in tutto il film insieme all'amica di Juno, Leah (Olivia Thirlby).

 

Anche il livello di comico del film è piuttosto basso, le battute sono scontate, mai cattive e nemmeno sottili: sono solo quelle che ci si aspetta da questo genere di film. Mentre  Juno riesce piuttosto bene a tratteggiare quell'elemento prezioso e raro che risponde al nome di "solidarietà femminile" che unisce Juno, Vanessa, Leah e Bren non nel solito modo melenso dei film al femminile in cui, per una legge non scritta ma inesorabile, se ci sono più di due donne al centro della storia, almeno una di queste è destinata a perire (di solito di cancro) facendo scorrere fiumi di lacrime. Una solidarietà tra donne molto diverse tra loro, costruita sul rispetto delle differenze e sull'essere schiette; apprezzabile. In ogni caso questo non ha l'aria di essere un film memorabile, si insinua in quella casistica di opere nate piccole che attirano l'attenzione di molti come già aveva fatto Little miss Sunshine che però è un film molto più completo di questo oltrechè più spiccatamente comico e caustico.

 
 
 
 
 
 
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A favore

Recensione a favore

Quando decidere non è un gioco da ragazzi

di Paola Galgani

Qual è il segreto di questo film-fenomeno, in quanto vincitore a sorpresa di premio Oscar, di innumerevoli festival internazionali, nonchè detentore del favore di critica e pubblico di ogni età? Sicuramente gli elementi di immediata efficacia e di maggior 'riconoscimento' sono la sincerità e la freschezza della sceneggiatura, accompagnati dalla notevole intensità della protagonista Ellen Page, dichiarata all'unanimità una rivelazione.

La Page, infatti, riesce con grande naturalezza ad entrare nei panni (premaman) di Juno, una ragazza non comune la cui forza sta nel leggere la realtà com'è, priva di quelle sovrastrutture che gli adulti si costruiscono per convenzione, e di cui poi spesso cadono vittima (vedi la coppia che dovrebbe adottare il bambino). Sincerità, dunque, che pero' non coincide con ingenuità, perchè la ragazzina è in grado di difendersi dalle cattiverie della gente, spesso smontandole con originale ironia.

La sua onestà le permette di distinguere immediatamente la direzione giusta, e la sua sensibilità matura la spinge ad aiutare gli altri piuttosto che chiedere il loro aiuto. Tutto questo non fa di Juno un'eroina, ma un'adolescente realistica non priva di tenerezza e fantasia; una figura che resterà nella memoria, se non altro per essere distante anni luce dalle sedicenni dipinte dai film per ragazzi italiani o d'oltreoceano.

 

Un tema delicato e controverso -specie attualmente in Italia- viene presentato senza moralismi ma con un invidiabile equilibrio tra leggerezza e serietà anche grazie ai notevoli dialoghi, ricchi di uno speciale humour che unisce spregiudicatezza e dolcezza, saggezza ed ironia. La sceneggiatrice (trentenne) Diablo Cody ha costruito una narrazione scorrevole che segue in vari passi lo sviluppo interiore del personaggio alternando la voce narrante, vibrante di sincerità, alle dolci note della chitarra, altro elemento di riconoscimento del film, in un messaggio sottinteso di vitalità ed ottimismo. La chitarra, feticcio dell'adolescenza (come lo era il walkman ne Il tempo delle mele), è una delle passioni di Juno nonchè dell'uomo che dovrebbe adottare suo figlio, e grazie alla ragazzina essa diventa per lui, ottenebrato dall'abitudine, uno strumento anche in senso metaforico, in quanto stimolo per considerare il reale stato del suo matrimonio. Un esempio di come gli adulti, specie quelli di sesso maschile, vengano presentati nel film quali bambini immaturi e sperduti tra una famiglia priva di forza ed istituzioni inesistenti.

 

La regia fluida ed essenziale di Jason Reitman (che già con il dissacrante  Thank'you for smoking aveva dimostrato il suo interesse verso temi sinceramente anticonvenzionali), accentua il senso di semplicità ed immediatezza; completano il quadro un ottimo cast (il volto del ragazzo di Juno resterà impresso nella nostra memoria…) ed una grafica frizzante ed accattivante.

 
 
 
 
 
 
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