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Io DI.CO. viva il cinema!
di Ariana Fellatio & Papupop
Quest'anno la vostra Ariana, inviata più che speciale, ci si è messa d'impegno: si è fatta tumulare per una settimana di fila, assieme alla sua amica e collaboratrice Natalia Impestada aka Papupop, dentro al torinese cinema Ambrosio, per farsi rilasciare solo dopo la mezzanotte quando - una ripassatina al trucco e via - si è lanciata instancabilmente ai diversi parties che ogni notte animavano i locali della città sabauda. Tutto, cari amici, per darvi un resoconto completo dei film e del clima mondano del 22 festival di cinema GLBT di Torino, Da Sodoma a Hollywood. Un appuntamento ormai imprescindibile per tutti coloro che vogliono vedere film che mai vi faranno vedere nelle sale, o per ripescare vecchie curiosità e prelibatezze più o meno camp. Ma anche, nell'attuale temperie di roventi polemiche sui diritti civili, luogo di militanza più che mai doveroso per quanti di voi pensano che l'Italia non sia l'hinterland di Città del Vaticano e che la Costituzione non debba essere riscritta da quel signore tedesco vestito di bianco che si affaccia ogni domenica su Piazza San Pietro.
Ma cominciamo dai film in concorso, anzi dai vincitori di questa edizione. So lange du hier bist, il lungometraggio che ha ottenuto il gran premio Ottavio Mai, ci è parso, a dirla tutta, molto appesantito da qualche pretenziosità e lentezza di troppo (non per altro è un saggio finale di Accademia). Il tema, un anziano gay e il suo giovane amante prostituto, non è nuovo ma poteva essere sviluppato in maniera interessante: invece qui il regista, il bel Stefan Westerwelle (un biondino tedesco mica male che si è visto molto alle feste notturne) ci va giu' un po' pesante, nei suoi 77 minuti che sembrano lentamente dilatarsi a 140. Lo stesso ci pare di poter dire del corto vincitore, lo svedese Godkänd di Lisa Langseth, piccolo ma indigesto polpettone sull'adolescenza inquieta (quanti se ne sono visti a questo festival!) in situazioni di degrado ambientale e familiare.
Il primo premio della sezione documentari invece è stato ben meritato da Jack Smith and the Desctruction of Atlantis, dell'australiana Mary Jordan, dedicato a questo regista, performer e fotografo americano (1932-1989) considerato importante predecessore di personaggi del calibro di Andy Warhol e Matthew Barney e autore di titoli queer come Flaming Creatures e Normal Love.
Se i film in concorso non hanno entusiasmato, meglio fare come ha fatto Ariana (in generale, sempre meglio fare come fa Ariana: andate sul sicuro), la quale si è dedicata ai fuori concorso, ben più interessanti e ricchi di sorprese. In questo senso, la vera scoperta del festival è stato per noi Philippe Vallois, cui Torino ha dedicato una retrospettiva. Perché questo genio è da noi così misconosciuto, che nemmeno il Mereghetti ne fa menzione alcuna? E invece lui è uno dei precursori in Francia del cinema gay, oltre ad essere un grande regista, sulla scia di surrealisti come Buñuel o Fernando Arrabal. Il suo Johan, Journal intime homosexuel d'un été '75 (1975) è uscito ben quattro anni prima di quel Race d'Ep con cui tutti si è soliti far cominciare la storia del cinema GLBT in Francia, ed è un'intensa storia d'amore ma anche un documento d'epoca sulla vita gay di allora, e infine un film sul cinema, sulla vicenda di un cineasta che vuole girare un film e sulle difficoltà (vere) che incontra nel realizzarlo. Halteroflic è una sorta di Almodovar francese (è dell'83), una parodia del poliziesco ambientato nell'ambiente dei culturisti, con scene grottesche e situazioni imprevedibili. Nous etion un seul homme (1979) è una storia ambientata nel secondo dopoguerra, una vicenda di amicizia virile fuori dagli schemi che sfida le convenzioni politiche e sociali. Il recente Sexus Deï (2006), pochissimo proiettato prima di Torino, si presenta come una personalissima rivisitazione della figura di Gesù e dei vangeli. Ma che interpretazione, bimbe mie! Il Gesù di Vallois altri non è che il suo compagno Christophe, anche lui presente al festival, che interpreta se stesso in questo pastiche tra docu-fiction e autobiografia, in cui un reportage sul Libano si intreccia alla storia d'amore del regista con questo boscaiolo barbuto e cazzuto, con crocifissioni macchiate da schizzi di sperma, falli volanti, una Maddalena completamente sconvolta e altre delizie.
Altra retrospettiva molto vista è stata quella dedicata a Kenneth Anger, grande vecchio del cinema sperimentale americano di cui abbiamo potuto vedere una buona selezione di corti, sempre visionari e sulfurei. Kenneth Anger è "troooppo figo", come ci ha detto una nostra amica torinese che vive in una bolla temporale anni '70, indossa solo abiti vintage e ascolta i Love di Bobby Beausoleil, il Lucifero di Anger in Lucifer Rising (1972). Presenti a una delle soireés-Anger il musicista inglese David Tibet, anima dei Current 93, che ha presentato un progetto di album tributo per sostenere il film-maker, gravemente malato (in sala si aggirava anche la sua protetta Baby Dee, folk-singer transgender, un omone grande e grosso che sembra una signora inglese molto mascolina e che canta delicate ballate con una flebile vocina).
Kenneth Anger ha fatto da apripista a una tendenza molto evidente in questo festival, vale a dire l'apertura a visioni altre, più vicine alla video-art, alla performance, alla body-art che non al cinema in senso stretto. Tutto un tripudio di sangue e carne, tra le performance estreme di Ron Athey con i suoi tatuaggi anali e i video-diari (a dire il vero un po' fiacchi) di Franko B, fino ai lavori della coppia italo-americana Lovett e Codagnone, tutti giocati sui graziosi temi del bondage e del s/m.
In generale tutto il festival è stato ricco di riproposizioni davvero curiose. Tra queste ricordiamo la perla camp di Myra Breckenridge, il film del '70 di Michael Sarne, adattamento sgangherato ma delizioso del romanzo di Gore Vidal, con un cast da urlo: Raquel Welch, John Huston e soprattutto una sbalorditiva Mae West, che a 77 anni è tutta mosse sinuose, ondeggiamenti sexy e battute a doppio senso. Da non perdere, anche se il regista, presente in sala, oggi ci dice che ha fatto questo film solo per soldi ("volevo prendere i soldi e scappare senza lasciare traccia": Ariana la trova una dichiarazione di poetica davvero grandiosa). Interessante la selezione dell'archivio di Jenni Olson, collezionista di rarità filmiche GLBT, tra cui si è potuto rivedere il vecchio ma non dimenticato L'assassinio di Sister George, definito "il film più amato e più odiato dalle lesbiche".
E per finire, anche quest'anno Natalia e Ariana hanno eletto la loro personalissima star, rincorsa nel foyer ma mai avvicinata, salvo poi svenirle dietro mentre saliva sul suo taxi: e' un bel giovanottone che si fa chiamare 3vor, interprete di un corto molto delicato e intimista dell'orso cyber-punk Angelo ango Visone, The kindness of your touch. Nel film 3vor non fa praticamente nulla, se non stare sdraiato su un letto e in una vasca da bagno, ma insomma, quando si dice la presenza scenica avete visto, voi fortunati presenti a Torino, che bello che è, tutto tatuato e barbuto? Ah, che uomo, che attore! Insomma, abbiamo lasciato i nostri cuori sul foyer del cinema Ambrosio, e ce ne siamo tornate a Milano al grido di "3vooor nudoooooooooooooooo"!!!
Ariana Fellatio (in Visone)
Anche quest'anno, nonostante qualche acciacco dovuto all'eta', il Papupop (alias gemella Visone) si e' fiondato alla 22ma edizione del Festival del cinema GLBT di Torino che per l'occasione si e' rimesso a nuovo trasferendosi in una sede piu' consona, il cinema Ambrosio. Visto che la mia collega Ariana Fellatio (l'altra gemella Visone), vi ha gia' abbondantemente e in maniera superba illustrato i film in concorso, il Papu, avendo un anima pop, si e' dedicato a film un po' meno impegnati. Il primo e' sicuramente Poltergay del francese Eric Lavaine, una commedia divertente, mai volgare, che prendendo spunto dal film cult Poltergeist, racconta le avventure di 5 fantasmi gay e del loro nuovo inquilino eterosessuale. Il film riesce ad essere divertente senza mai scadere nel volgare come invece fa il plurisponsorizzato Another gay movie del regista americano Todd Stephens, un rifacimento in versione gay di American Pie. Il film e' inutile, le battute sono abbastanza volgari e i personaggi molto stereotipati e infatti, udite udite, questo film e' uno dei pochi che sara' distribuito nelle sale italiane, che culo!!!!!
Da vedere, per chi ci riesce, invece e' Fat girls dell'americano Ash Christian, una commedia candida, divertente e incentrata sulle vicende di Rodney Miller, uno studente di liceo gay ossessionato dal teatro, con il cuore a Broadway e un occhio rivolto all'amore.Con l'aiuto della sua migliore amica Sabrina, un'obesa emarginata quanto lui, Rodney ci porta in un'avvincente viaggio alla scoperta di sé. Con molto senso dell'umorismo Fat girls esplora le difficolta' di diventare grandi in un'America provinciale. Molto spassosi anche i cortometraggi fuori concorso, tra i quali segnalo Papa' fattene una ragione, Groucho e Golden Hayes. Quest'ultimo, diretto da Max Croci, sceneggiato dal bravissimo Matteo B Bianchi e interpretato dalla sorprendente Justine Mattera, ci mostra come il famigerato codice Hays e in epoca piu' moderna la censura, possono condizionare il significato e il senso di un film...
Anche quest'anno non potevano mancare i film Valium, quasi tutti in concorso: cominciamo con l'americano Wild tigers i have known prodotto da Gus van Sant. Mi viene da fare una domanda: caro Gus, io ti ammiro molto, ma come hai fatto a produrre questo film?? Avevi per caso bevuto?? Mah . Proseguiamo con lo svedese/danese Farval Falkenberg e il francese Chacun sa nuit per finire con l'altro francese L'homme de sa vie. Se avete problemi di insonnia questi film fanno al caso vostro.
Lasciando le sale del cinema una menzione speciale va alle notti del dopo festival . su tutte per chi si trova a Torino, segnalo il Quimanji: musica pop e fantastiche drag queen (Natalia Pestrada, Sara Jevo e Ambra Nata ad animare la serata).
Ottima come sempre l'accoglienza dedicata al Papu (grazie alle mie meravigliose sabaude) . Unica critica molto personale?? Dove sono i film bear?? A questo proposito dunque eleggo mio cortometraggio preferito: The kindness of your touch di Angelo Ango Visone. La motivazione?? L'attore protagonista 3vor era qualcosa di magnifico e ha dato un tocco bear a questo festival troppo impostato sui disagi giovanili.
Papupop aka Natalia Impestada (in Visone)
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