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E noi che ci ispiriamo a loro
di Roberta Folatti
"Un tempo i giornalisti erano la Croce Rossa della notizia, la salvavano e la portavano ai lettori viva, ora fanno solo i becchini".
Con queste parole un po' provocatorie, Furio Colombo, noto giornalista ed esperto di cose americane, ha presentato il documentario di Danny Schechter, che mette alla berlina il sistema dei mass media del suo paese, accusandoli di fare cattiva informazione, asservita al potere e priva di spirito critico. Alla Festa Nazionale dell'Unità di Milano c'era parecchia gente ad assistere alla proiezione e ad ascoltare ciò che Schechter raccontava con molto brio.
Il regista, che si definisce "vivisezionatore di notizie", ha lavorato per anni nelle emittenti televisive americane, ma se ne è tirato fuori quando si è profilato con sempre maggiore evidenza il matrimonio tra informazione e show-business.
Con lo scoppio della guerra in Iraq la situazione è diventata insostenibile. I giornali americani, compresi quelli più autorevoli, hanno appoggiato in toto l'azione del governo Bush e soprattutto hanno creduto acriticamente alla falsa minaccia delle armi di distruzione di massa.
Schechter sottolinea la differenza sostanziale tra questa passiva accettazione e il lavoro di scavo e denuncia compiuto dai giornalisti ai tempi del Vietnam.
"Su 800 reporter e giornalisti - ha sottolineato il regista statunitense - soltanto 6 si sono opposti alla guerra. I mezzi di comunicazione hanno 'venduto' la guerra, in seguito a questo molti americani l'hanno ritenuta giusta e sostenuta".
Schechter nel suo serrato documentario mostra un avvicendarsi di testimonianze e di immagini prese dai notiziari più seguiti, da cui si capisce come bombardamenti e occupazione siano stati trasformati in un avvincente spettacolo. Lui lo chiama "militainment", parola che deriva da entertainment, e spiega che nel suo paese c'è stato persino un programma intitolato "i bombardamenti più belli". La guerra come un susseguirsi di splendidi fuochi d'artificio, nessun rispetto per le popolazioni colpite.
"I crimini commessi in Vietnam dalle nostre truppe - continua Schechter - sono stati mostrati, quel che succede in Iraq no. I politici hanno raccontato bugie e i mass media li hanno lodati. Le leggi internazionali sono morte: come giornalista ho cercato di investigare e di capire il perché di questa complicità tra media e potere. Ho scoperto che i giornalisti sono prigionieri in molti modi delle grandi agenzie di comunicazione, che decidono cosa va detto e cosa taciuto".
Schechter in Armi di distruzione di massa. L'inganno dei media spiega come il Pentagono abbia adottato una particolare strategia per rendere conniventi i giornalisti in Iraq. In questa guerra è nata la figura del giornalista "embedded", letteralmente che dorme con le truppe, cioè vive le loro stesse emozioni e affronta le stesse difficoltà. Moltissimi reporter di varie nazionalità sono stati affiancati a reparti dell'esercito di stanza in Iraq, subendo prima un addestramento, che era una sorta di lavaggio del cervello. Nel film ci sono le testimonianze di alcuni di questi "embedded" che raccontano come a poco a poco, vivendo a stretto contatto coi militari, si inizi a pensare come loro, a sentirsi parte del gruppo, finendo per fare tifo aperto e perdendo obiettività e senso critico.
In America, considerata la patria del giornalismo di inchiesta, questo mestiere si sta velocemente trasformando, i media sono di gran lunga più interessati allo spettacolo e tendono a non dispiacere, a non creare problemi a chi comanda.
E poi c'è la piaga delle concentrazioni editoriali, tanto che Schechter, scherzando, ha detto che il suo paese si sta berlusconizzando.
"Dieci anni fa - continua il regista - esistevano una cinquantina di compagnie che controllavano i mezzi di comunicazione americani. Ora si sono ridotte a quattro o cinque. Io ero parte della squadra che ha dato avvio alla CNN, in seguito ho lavorato alla ABC, ho visto l'informazione dall'interno dei grossi media. Mi sono impegnato per focalizzare e mostrare i problemi del mondo e alla fine ho capito che uno dei problemi del mondo sono proprio i mezzi di comunicazione!".
Armi di distruzione di massa è stato presentato in molti festival ed è passato sulle televisioni di mezzo mondo, in Italia per ora è stato distribuito solo da L'Unità, in allegato al giornale. Per saperne di più e scrivere al regista potete consultare il sito http://www.mediachannel.org/ . Concludiamo con il monito lanciato da Schechter che, nonostante l'aspetto pacioso, dice cose molto serie:
"I nostri mezzi di comunicazione stanno diventando un'arma che uccide la verità. Vigiliamo e impediamo che questo si compia sino in fondo".
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