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Incontro con Jean-Marie Straub e Daniele Huillet
di Eduard Le Fou
Lo scorso gennaio si è tenuta presso lo storico cineclub romano Filmstudio una personale dedicata ai due anticonformisti e combattivi registi Daniel Hulliet e Jean-Marie Straub, che da oltre trent'anni costituiscono un inossidabile sodalizio umano e artistico all'insegna di un cinema orgogliosamente antagonista rispetto al modo industriale e competitivo di vivere e fare il cinema dei nostri giorni.
I loro sono film in cui il concetto di narrazione è completamente ribaltato rispetto ai normali canoni di fruizione, opere che in maniera finemente artigianale si curano innanzitutto della luce, l'immagine, del suono, degli elementi fondamentali dell'arte cinematografica. Un'attitudine che col passare del tempo ha assunto nella loro filmografia una forte valenza pittorica.
Non a caso "5 film intorno a Cezanne" è il titolo di questa rassegna, durante la quale è stato possibile ammirare in prima nazionale assoluta il film "Una visita al Louvre", una sorta di seguito del mediometraggio "Cezanne", girato dai due nel 1989. Accompagnati dalle appassionate parole di Cezanne stesso, declamate dalla splendida voce fuori campo dell'attrice Julie Koltai, la macchina da presa ci accompagna all'interno del Museo del Louvre per scoprire alcuni dei quadri che il pittore francese amava o disprezzava.
Partendo dalla esaltata descrizione di una scultura, La Nike di Samotracia, ci vengono mostrate alcune opere pittoriche odiate da Cezanne, come L'Assassinio di Marat, o amate, come quelle dei Veneziani - Le nozze di Cana del Veronese o L'Incoronazione della Vergine del Tintoretto - per arrivare all'esaltazione dei quadri di Delacroix, come Le Donne Di Algeri e L'Entrata delle Croci a Costantinopoli e soprattutto "Il Combattimento dei Cervi" di Gustave Courbet. 48 minuti e venticinque piani di telecamera fissa per restituire fedelmente allo spettatore lo splendore di alcuni dei dipinti del Louvre più importanti secondo Cezanne, il padre della pittura moderna, misconosciuto in vita, che esprime con vigore le sue opinioni, certamente discutibili, sull'idea di bellezza nella pittura la quale, secondo il pittore, non aveva nulla a che fare con le altre forme d'arte, doveva invece costituirsi innanzitutto sui suoi mezzi espressivi specifici: i colori, le forme, la luce. Una concezione con cui Straub e Hulliet sicuramente si identificano, trasferendola al cinema, utilizzando la pellicola come una tela.
Un film di grande fascinazione che si chiude con una sequenza lungo il fiume in un bosco, da un lato viene citata chiaramente l'idea di un naturalismo - opposto al realismo - tanto caro a Cezanne, e dall'altro aiuta meglio a interpretare alcune delle opere recenti di Straub e Huillet, come "Il ritorno del figlio prodigo/Umiliati", "Operai/contadini", "Sicilia" e appunto "Cezanne", tutti riproposti in questa rassegna.
Quello che segue è un resoconto dell'appassionante incontro con il pubblico del Filmstudio tenuto dai due registi sabato 15 gennaio:
Il vostro cinema viene spesso considerato difficile o addirittura elitario. Che ne pensate?
Straub: Noi crediamo che il nostro sia un cinema semplice. E' indubbio che per apprezzare al meglio i nostri film bisogna avere degli interessi: il cinema innanzitutto, l'arte e la letteratura. Ma soprattutto bisogna avere delle idee sul mondo. In tutto questo non mi sembra ci sia nulla di elitario. Il nostro è l'unico cinema semplice, sono gli altri a realizzare film retorici, in cui davvero non si capisce di cosa si parla.
Huillet: Jean Cocteau diceva che sono le elite culturali che impediscono agli artisti di raggiungere il popolo, che ha già in sé il senso del bello, anche se può non essere in grado di esprimerlo. E Cocteau non era certo un rivoluzionario
E in Italia soprattutto le elite culturali sono davvero fasulle. Forse oggi fare cultura è diventato elitario
S: Di cultura se ne parla, ma in realtà essa non esiste più. Esiste l'evento culturale. Due eventi, tre eventi e così via. Ma la cultura vera non esiste più. Siamo ormai quasi al livello dei nazisti, siamo alla cultura della propaganda culturale. Pensate che Nanni Moretti qualche anno fa si è rifiutato di proiettare un nostro film nel suo cinema di Roma, adducendo motivi di scarso richiamo commerciale. Senza neppure aver visto il film.
E' vero che chi parla dei vostri film spesso non li ha mai visti. Ne parla come fossero oggetti e ci tiene che restino film per pochi. Voi avete invece un'idea completamente opposta. Una volta avete affermato: "Noi non siamo uccelli rari"
S: In realtà abbiamo detto che siamo "uccelli comuni"
H: Dopo aver visto "Cronaca di Anna Magdalena Bach", un funzionario della TV francese si rifiutò di produrre un nostro film dicendo che, se lo avesse fatto, non avrebbe più potuto far vedere le loro altre produzioni perché, nonostante costassero molto di più, erano qualitativamente inferiori alle nostre.
S: C'era un certo Lenin che diceva che le minoranze saranno le maggioranze di domani. La cultura è una truffa, una menzogna, una bugia, perché non esiste più, perché prodotti artigianali come i nostri non hanno più il diritto di essere mostrati. Oggi quel che conta sono gli eventi. E tutto questo è sottomesso dalla propaganda culturale. Hanno organizzato recentemente nostre retrospettive in Austria e a Tokyo. In Giappone i nostri film sono stati visti da oltre 30.000 spettatori. E senza pubblicità. Solo che hanno fatto un lavoro che in Europa non siamo più in grado di fare. Ci vuole molta più immaginazione per il settore commerciale contro il bombardamento pubblicitario di natura americana.
Cosa vi ha spinto a fare un film sul Louvre?
S: E' un'idea che ha più di dieci anni, dopo aver realizzato il primo film su Cezanne. Non lo avrei fatto dieci anni fa, perchè per fare un film così bisogna avere 117 anni. È un film che non è un film, è un documentario che non è un documentario.
Siete fra i pochi che filmano le cornici dei quadri. Come mai?
S: Perchè il quadro è prigioniero in un museo borghese, una gabbia, una prigione. Bisogna accettare quello che è oggi un quadro. Noi abbiamo voluto illuminare e inquadrare il centro assoluto dei quadri e mostrare anche dove si trovano queste opere, cercando di riprodurre al meglio, e con rispetto dell'originale, la qualità del colore, misurando anche la temperatura dei colori. I libri di riproduzioni e le diapositive dei quadri ingannano. La realtà è completamente diversa.
In "Una Visita Al Louvre" sono pochissime, soltanto tre, le inquadrature dei dettagli dei quadri. Come mai?
H: Cezanne inquadrava meglio di quello che fanno molti cineasti. Ci sarà un motivo. Per questo ci è sembrato giusto mostrare il quadro nella sua integrità.
Quelle dei vostri film sono storie anti-narrative
S: In "Operai/Contadini" c'è una grande propulsione di storie, non ci sono altri film al mondo - e lo dico perché ho visto forse anche più film di Godard - che raccontano storie come i nostri. I film che fanno finta di raccontare storie con le immagini, non raccontano nulla. Una storia non può essere illustrata, la narrazione è ben altra cosa. La narrazione è evocazione. Ad esempio i film americani di oggi sono poveri, poveri, poveri! Non c'è nulla dentro, non c'è nulla sullo schermo, nulla da sentire. Nei nostri film succede il contrario. A parte Visconti, ci sono solo due film italiani "ricchi": "La Carrozza d'Oro" di Jean Renoir e il nostro "Operai/Contadini", in un modo completamente opposto tra loro. Un giorno si saprà, quando non ci saremo più
Cos'è la narrazione cinematografica per voi?
H: Non si può raccontare una storia con le immagini. Le immagini sono un qualcosa che scorre parallelamente al racconto. La narrazione è l'impossibilità di narrare sullo schermo. Due tizi che si rincorrono non sono altro che una rappresentazione sportiva. Meglio accettare che quel che si mostra è solo quel che si mostra, e che quello che si racconta, si racconta. E' un pò difficile, però
"Sicilia" però è un film altamente narrativo, di fronte al quale non si può che ammirare il Cinema, soprattutto attraverso l'uso accurato dell'immagine, della luce, dei suoni, che ci raccontano un viaggio all'interno di un intero universo culturale.
H: Un'immagine è una cosa concreta ed esiste di per sé, se qualcuno si è dato la pena di farla esistere. E non racconta null'altro che quello che si vede, che è all'interno di un altro racconto.
Perchè ha scelto Cesare Pavese come letterato sulla cui opera basare un film?
S: Non si sceglie un letterato. Si fa un incontro, come nella vita. Non ho letto tutto Pavese, ho scoperto due suoi libri, e mi hanno colpito. Basta. Anzi il prossimo film, che sarà anche l'ultimo che giriamo in Italia, in Toscana intorno al Monte Pisano, sarà il seguito della prima parte de "Dalla Nube Alla Resistenza". Adesso faremo un film con i cinque ultimi dialoghi di Pavese, che era l'unico scrittore che non era compiaciuto di sé stesso, il che in Italia vuol dire molto.
In "Operai/Contadini" gli attori (non professionisti) come hanno imparato a leggere il testo e a farlo proprio?
S: Prima delle riprese abbiamo fatto delle prove insieme agli attori, lasciando loro la libertà di prendersi le pause e i tempi come se li sentivano; li abbiamo lasciati liberi di "zappare" il testo.
H: Leggere un testo può essere più difficile che impararlo. Bisogna sempre tenere le redini, come con un cavallo. Invece se si impara memoria poi puoi più facilmente lasciarti andare.
S: E' importante impostare un ritmo della lettura di un testo, anche per il piacere dell'ascolto.
Inquadrature così accurate e fedeli dei boschi quanto tempo richiedono?
S: Per decidermi a scendere nella parte di bosco dove poi si è piantata la macchina da presa ci ho messo quattro anni. Poi è stato sufficiente fare un sopralluogo una settimana prima di girare. Le riprese sono durate pochi giorni.
H: Non bisogna aspettare di avere la luce giusta. Bisogna saper aspettare che la natura abbia il tempo necessario di farti delle sorprese.
Lo stile di un film quindi si fa da sé
S: Lo stile non esiste. Un film che ha uno stile è una merda. Il lavoro che deve fare un regista è contro sé stesso, contro il compiacimento, per arrivare a qualcosa che non ha uno stile, ma che riesca a rubare qualcosa dal mondo, senza saccheggiare.
H: Per "Sicilia" abbiamo scelto di lavorare con William Lubtchansky, che non aveva in mente di modificare la luce del paesaggio ma ha cercato di riprodurre la luce naturale. Chi avesse cercato di mettere in gabbia la ricchezza della luce naturale, si sarebbe trovato prima o poi in una strada chiusa.
Perchè avete girato tanti film in Italia?
H: Perchè non riesco a lasciare la bellissima luce di questo Paese.
S: l'Italia è una trappola
Cos'è per voi il bello?
S: Brecht prima di morire ha detto: "Non possiamo fare a meno del concetto di bellezza"... Lui ha lottato tutta la vita contro le cose orrende del teatro della sua gioventù in Germania, dove tutto era buio, color carbone, dove tutto era orrendo per essere efficace politicamente. Lui odiava e lottava contro queste cose. La bellezza è la ribellione.
I lettori hanno scritto 6 commenti
- indirizzo IP 87.20.125.8
- data e ora Martedì 27 Febbraio 2007 [15:47]
- commento le loro parole sono dirette,hanno el senso di essistere.
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