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Asian Film Festival 2004 - Resoconto e Intervista a Tsai Ming-liang.
di Eduard Le Fou
Si è conclusa domenica scorsa la seconda edizione dell'Asian Film Festival di Roma (9-14 novembre), organizzato dall'Associazione Cineforum con la collaborazione del Centro Sperimentale di Cinematografia, e il sostegno di diverse enti pubblici locali. Manifestazione che si è tenuta nell'accogliente sala Alberto Sordi - a due passi da un luogo mitico per il cinema, la Fontana di Trevi - in un ambiente molto informale, libero da quegli antipatici filtri tra pubblico e artisti che spesso affliggono numerosi festival. Un evento che è già una bella realtà e che di certo avrà un sicuro avvenire e grande potenzialità di crescita, visto il momento economicamente positivo per il settore cinematografico di gran parte delle aree dell'estremo oriente che sta occupando sempre di più le sale occidentali grazie soprattutto a superproduzioni panasiatiche di grande successo(vedi Hero di Zhang Yimou). L'Asian Film Festival è però una finestra aperta soprattutto sul cinema d'autore orientale, pellicole che paradossalmente trovano più spazio in Europa che nei paesi di provenienza. Sicuramente elevata la qualità dei film e dei contenuti proposti dagli organizzatori: 25 titoli provenienti da Taiwan, Giappone, Corea del Sud, Hong Kong, Singapore, Thailandia, Cambogia, di cui 16 in concorso, con ben 13 anteprime, incontri, proiezione di cortometraggi e soprattutto una retrospettiva dedicata ad uno dei maestri del cinema contemporaneo, Tsai Ming-liang, presente alla proiezione del suo ultimo film Goodbye Dragon Inn e alla presentazione del bel libro monografico a lui dedicato scritto da Corrado Neri (Tsai Ming-liang, ed. Cafoscarina, coll, Schermi Orientali, euro 11,00).
Questi i titoli premiati dalla giuria, presieduta dal critico cinematografico Enrico Magrelli e composta da Roberto Rotondo (vice direttore della rivista "30 giorni"), Maria Roberta Novielli (docente di Storia del Cinema Orientale all'Università Ca' Foscari di Venezia), Christian Carmusino (direttore del Festival dei Cortometraggi di Trevignano) e da due studenti della Facoltà di Studi Orientali dell'Università "La Sapienza" di Roma:
Miglior film: MY HOUSE di Juniji Sakamoto (Giappone),un agrodolce ritratto delle giornate del piccolo Nita, sette anni, e del fratello maggiore Itta, che vivono soli, lasciati al loro destino, mentre la madre è partita per un lungo viaggio, in un'imprecisata isola del Giappone, dove la popolazione vive nell'indigenza, oberata dai debiti. Tratto da un bel manga di Rieko Saibara, My House è un dei tanti bei film che difficilmente vedremo distribuiti nel nostro paese.Miglior regia: Lee Kang-sheng per THE MISSING (Taiwan). Presentato personalmente dal regista, in anteprima per l'Italia, The Missing si avvale della produzione esecutiva di Tsai Ming-liang, e assorbe inevitabilmente i temi e le atmosfere del maestro Taiwanese. E' la storia, ispirata ad un evento realmente accaduto alla famiglia del regista, di una signora anziana che si reca in un parco giochi di Taipei con il nipotino che finisce per perdere. Contemporaneamente un adolescente sta cercando il nonno affetto dal morbo di Alzheimer, anch'egli scomparso nei pressi del parco. Le due ricerche si trasferiscono anche nelle desolanti strade della città e finiscono per assumere i contorni di una vera e propria odissea esistenziale. Anche di questo appassionante film, non si conosce il destino di distribuzione.
Film piu' originale: LAST LIFE IN THE UNIVERSE di Pen-Ek Ratanaruang (Thailandia). In arrivo alla fine di novembre in tutta Italia, Last life in the universe del thailandese Pan Ek Ratanaruong, già apprezzato a Venezia 2003, è l'ultimo film di uno dei registi più rappresentativi del nuovo cinema thai e narra le bizzarre vicende di un solitario giovane giapponese che vive a Bangkok, appassionato di libri e maniaco dell'ordine, che tra buffi suicidi falliti si ritrova unito da strani giochi del detsino ad una squinternata giovane ragazza di Bangkok. Davvero bellissimo ed originale, da non perdere.
Miglior attrice: Lu Yi-ching per THE MISSING di Lee Kang-sheng (Taiwan)
Miglior attore: Christian J. Lee per OUTSIDERS di Sam Loh (Singapore)
Tra gli altri film in concorso segnaliamo in uscita in Italia a fine novembre: Sword in the moon (presentato a Cannes 2004, nella sezione "Un certain regard"), del coreano Kim Eui-suk, uno wuxiapian (il cappa e spada della tradizione cinese), dagli ultradinamici e sanguinosi combattimenti, ma anche fosca tragedia ambientata nella Corea del XVII secolo in cui due amici si ritrovano a dover combattere l'uno contro l'altro. Film dalla trama piuttosto scontata, ma di sicuro effetto scenico. Per gli amanti del genere.
Incontro con Tsai Ming-liang
L'evento di maggior interesse e richiamo, anche in termini di presenze, è stata la proiezione dello splendido Goodbye Dragon Inn (Bu san, 2003), introdotto dal suo autore, Tsai Ming-liang. Presentato al Festival di Venezia 2003 e divenuto poi un invisibile oggetto del desiderio per molti estimatori del regista taiwanese, a causa della mancata distribuzione del film in Italia, Goodbye Dragon Inn è un film di insolita, inquietante bellezza, e può essere considerato una sorta di film-saggio, che racchiude l'essenza della poetica di Tsai Ming-liang. L'azione, per così dire, si svolge all'interno di un enorme cinema al suo ultimo giorno di attività, una di quella sale che una volta ospitavano centinaia di famiglie, e che oggi sono state soppiantate dai nostri impersonali multisala. All'interno di questa cadente struttura, si aggirano, incrociandosi, una serie di personaggi solitari e grotteschi: una claudicante cassiera, un malinconico proiezionista, un ragazzo giapponese in cerca di improbabili contatti di natura erotica, e due uomini anziani, unici spettatori veramente attenti del film in proiezione, un famoso vecchio film di cappa e spada, i cui protagonisti, scopriremo poi, sono proprio gli stessi anziani in sala, una volta famosi attori, che si rincontrano per caso alla fine dello spettacolo. In Goodbye Dragon Inn si ritrovano tutti i temi ricorrenti nella filmografia di Tsai Ming-liang: la solitudine, la marginalità, la decomposizione del corpo e dei rapporti sociali. Una rappresentazione, impietosa e a tratti ironica, di personaggi che tentano goffamente di rompere la barriera di solitudine che li circonda, solitamente filmati nella quasi completa assenza di dialoghi, con un sapiente uso dell'ellisse e del fuori-campo, e con lunghissimi piani-sequenza. La novità sta nel carattere meta-cinematografico di Goodbye Dragon Inn. L'oggetto della sua ricerca infatti non è più il rapporto tra un alienante ambiente metropolitano e i suoi abitanti, ma il Cinema stesso, il suo stato di deterioramento e la mancanza di memoria che lo circonda. La fine del cinema quindi come luogo di aggregazione sociale, ma anche la fine del Cinema come forma d'arte, fonte di sogni per l'immaginario collettivo, un luogo fuori dallo spazio/tempo dove spettatori e personaggi vagano come fantasmi in cerca di un'improbabile connessione meta-temporale di umanità perduta. Le soluzioni formali sono quelle di sempre ma portate alle estreme conseguenze. Vi sono infatti in Goodbye Dragon Inn soltanto due brevissimi dialoghi, e la scena madre consiste in un infinito, emblematico piano-sequenza sulla enorme sala cinematografica da mille posti, completamente vuota e silente. Mai come stavolta Tsai Ming-liang ha saputo filmare il vuoto e l'attesa, due concetti chiave della cultura orientale e del suo cinema, un vuoto esistenziale che è al tempo stesso causa ed effetto della vita.
Abbiamo posto direttamente al gentilissimo regista alcune domande e chiesto delucidazioni.
Innanzitutto, una curiosità: a più di un anno dall'uscita di Goodbye Dragon Inn, può anticiparci i suoi prossimi progetti? Ci sono suoi nuovi film in arrivo?
Ho da poco finito di filmare un nuovo film, che è ora in fase di montaggio. Il titolo è Una Nuvola In cielo(traduzione diretta dal mandarino, possibile un titolo diverso per l'occidente, ndr), ed è la prosecuzione di Che Ora E' Laggiù. Un film che probabilmente in alcuni paesi sarà censurato per la presenza di alcune sequenze di intenso erotismo.
Purtroppo Goodbye Dragon Inn non è stato distribuito nelle sale italiane, mentre Che Ora E' Laggiù? nel 2001 è uscito regolarmente e continua a essere programmato dalle tv satellitari. Come se lo spiega? Sa dirci se è il nostro un caso isolato?
Effettivamente Goodbye Dragon Inn finora è stato venduto moltissimo. E' stato distribuito però in paesi importanti come la Gran Bretagna, la Francia e gli Stati Uniti. Comunque non è per me importante che i miei film escano subito e contemporaneamente in molti paesi. Sono film che richiedono tempo e pazienza.
Goodbye Dragon Inn è un film sulla fine di una sala cinematografica e del cinema come luogo di aggregazione e comunicazione. Crede che la sala cinematografica sarà definitivamente soppiantata dalla televisione e da internet come principale forma di fruizione dei film?
Purtroppo questa sembra la tendenza. Il mio film nasce prima di tutto dalla volontà di mantenere in vita una sala cinematografica che grazie all'intervento del mio produttore e del mio film si è salvata per adesso dalla demolizione, e continuano a girarvi film per la tv. Ma soprattutto è un tentativo di immortalare e riprodurre l'atmosfera che emanavano queste enormi sale che io ho frequentato sin da ragazzino, atmosfera apparentemente destinata a morire, ma che dentro di me vive ancora intatta.
Qual è il suo rapporto con il cinema italiano?Il mio immaginario cinematografico è legato soprattutto agli anni '60, periodo in cui Michelangelo Antonioni ha prodotto alcuni dei suoi capolavori. Lui, insieme a Truffaut e Fassbinder, è tra i miei registi europei preferiti di sempre e ha influenzato fortemente il mio modo di fare cinema.
I personaggi dei suoi film sono però implicati in problematiche del tutto contemporaneeSì, cerco di descrivere personaggi che vivono contraddizioni, felicità e paure del nostro tempo, ma le modalità con cui racconto le loro storie si rifanno decisamente ai quei grandi maestri europei del passato.
I lettori hanno scritto 5 commenti
- commento Visto l'anno scorso a Venezia, LAST LIFE IN THE UNIVERSE e' molto molto bello.
- commento last life in the universe e goodbye dragon inn, 2 film bellissimi, invisibili per più di un anno. ma a cosa pensano i distributori italiani oltre che a incassare sovvenzioni statali?
- commento A mettere titoli a minchia, direi.
- commento Ma non erano i traduttori? :P
- commento oggi inzia il fetsival di berlino e il prossimo mercoledì è in concorso il nuovo film di Tsai Ming Liang, di cui all'intervista qui su...
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