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MedFilm Festival '04 - Prima giornata
di Laura De Gregorio
Prima giornata del MedFilm Festival. Ho assistito alla proiezione di Un fils (A son), produzione algerina-francese perché so che non ci sarà un'altra occasione, almeno non in Italia.
La Sala Michel Piccoli con comode poltrone rivestite da singolari quadrati di velluto colorato è una delle sale di Roma meglio attrezzate. Lo ha detto il tecnico del MedFilm mentre il Presidente del Festival, Ginella Vocca insieme al Direttore di Villa Medici, Richard Peduzzi all'apertura della presentazione hanno anticipato che questa sala di proiezione a gennaio entrerà nel circuito delle sale cittadine: avendo sperimentato la resa tecnica -ancora più significativa perché il film in presa diretta non aveva un buon sonoro- posso dire che è proprio una bella notizia.
Un fils racconta la storia sofferta di un figlio che cerca di conquistare un padre, senza riuscirci se non in extremis, quando ormai è troppo tardi per entrambi. Quello del figlio protagonista è un incondizionato e disperato atto d'amore che lo porta a vivere due realtà parallele: la notte si prostituisce con e senza la sua amica/socia Louise adescando facoltosi clienti nel nightclub e di giorno fa compagnia al padre rimasto vedovo. È molto bello il modo semplice ed efficace con cui Selim, in arte Nino, entra ed esce dalle sue due vite perché la regista algerina-francese, Amal Bedjaoui, sottolinea il passaggio attraverso il naturale cambiamento di colori che segna il susseguirsi di notte e giorno. Si passa dal rosso, la dominante notturna, al bianco dei mattini chiari: Selim si sfila la canottiera di strass e si mette il maglione di lana grossa. Bianca è la schiuma del bucato che Selim fa appena torna a casa per lavare e levarsi di dosso la sporcizia delle sue squallide prestazioni. Strofinare e pulire come un gesto simbolico, come l'unico rimedio possibile per sfogare la rabbia repressa, come sprezzante reazione al disgusto, è ciò che si vede fin dalla prima scena, di fortissimo impatto emotivo: Louise si sta prostituendo nel bagno, Selim pulisce il lavandino. Se non riesce a sopportare tutto questo, se non può viverlo solo come un mestiere (chi potrebbe?) perché non ne esce fuori? Perché è il modo più rapido con cui Selim può guadagnare tanti soldi tutti insieme per pagare l'intervento chirurgico del padre: è il suo regalo di compleanno per lui. Ma il padre è altrove, al cimitero e chiuso in se stesso. La morte della madre ha lasciato un incolmabile vuoto che entrambi vorrebbero riempire ma non ne trovano il modo. Selim ci ha provato facendo scempio di sé e infliggendo al padre un dolore insanabile. Non resta più niente, a parte un'immensa solitudine per padre e figlio, due isole destinate ad andare alla deriva. Neanche un'ultima parola, solo una musica, "Love me papa" di L. Allison.
Un fils con le sue immagini intense è un film asciutto eppure commovente, sviluppa con semplicità situazioni complesse e scandaglia con singolare introspezione i risvolti psicologici dell'essere figli. L'andamento è volutamente lento, la narrazione temporeggia nel proprio progredire con assoluta profondità analitica, le pause non sono mai pleonastiche e su di esse è ben calibrato un montaggio conciso e rigoroso, le sequenze quasi interamente girate con macchina a mano favoriscono la rappresentazione realistica, gli insistenti primi piani prendono il posto delle parole, i dialoghi rarefatti sono invece compensati dall'ampia presenza della musica rock. Inoltre Un fils, tra gli altri riconoscimenti, ne ha avuto anche uno italiano, a Venezia nella sezione Nuovi Territori 2003.
Unica nota dolente del Festival e' la scarsissima partecipazione del pubblico romano. Se la mattina del lunedì la maggior parte delle persone è al lavoro per cui in sala a parte la Giuria eravamo in tre, alla cerimonia di apertura la situazione non è cambiata di molto.
Va forse sottolineato ancora una volta che l'ingresso è gratuito e che la programmazione dei molteplici eventi è davvero agevole. Nondimeno la serata al Capranica è stata piacevolissima, c'era un clima informale nonostante la presenza in sala dell'Ambasciatore d'Egitto Helmy Bedeir che ha presenziato, insieme a Ginella Vocca e al Presidente della Giuria internazionale, alla proiezione de La Ciociara. La seconda parte della serata è stata aperta dall'intervento del regista marocchino H. Benjelloun che ha presentato il suo The dark room, proiettato subito dopo, spiegando che la camera nera è una prigione di Casablanca degli anni '70. Il film basato su fatti realmente accaduti e tratto dal romanzo La chambre noir si è aggiudicato riconoscimenti a Cannes 2004, al Festival di Cartagine e anche da noi, al Festival di Bologna. Per finire degnamente la serata è stato gentilmente offerto un profumato the alla menta, servito secondo l'usanza marocchina e rigorosamente in abiti tradizionali. Un motivo di più per partecipare a questi eventi: oltre il valore cinematografico del festival e la pregevolezza delle sedi in cui si tiene c'è la pertinenza e la puntualità di iniziative incrociate, ci sono le sorprese del viaggio dentro un festival che ci porta a spasso ogni giorno in un posto diverso, ci sono tanti Paesi che ci offrono la cosa migliore che hanno, la loro ricchezza culturale.
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