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Speciale pubblicato il 30 01 2012
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Addio a Theo Angelopoulos, cantore della crisi moderna
di Keivan Karimi
Un brutale incidente ci ha portato via uno dei cineasti più intelligenti e autonomi del nostro tempo.
Uno scontro micidiale con una moto, la corsa in ospedale purtroppo inutile. Theo Angelopoulos è scomparso ad Atene, nella zona del Pireo, la sera del 24 gennaio scorso. Il regista greco, nativo proprio della capitale ellenica, aveva 76 anni, ed è stato il più importante regista del suo paese, almeno se si prendono in considerazione gli ultimi venticinque anni della cinematografia dell'Europa del sud.
Angelopoulos era una mente impavida e brillantissima, un uomo dai grandi valori democratici, si laureò in legge nella sua Atene e si trasferì per coltivare la propria passione a Parigi, dove prese il diploma come regista cinematografico. Conobbe persino il tempo dell'esilio dal proprio paese, quando nel 1967, con l'avvento della dittatura dei colonnelli, fu dichiarato un elemento sovversivo, soprattutto a causa della linea editoriale del suo giornale Democratic Ghange. Angelopoulos si rifugiò in Francia e da lì coltivò la propria passione cinefila. Il primo lungometraggio Ricostruzione di un delitto è datato 1970, un thriller lento e malinconico che gli portò buoni consensi dalla critica più interessata ad un modo di fare cinema così particolare ed introverso.
Il ritorno in Grecia coincise con l'inizio della trilogia politica del regista, che firmò I giorni del '36 (1972), La recita (1975) e I cacciatori (1977), opere che denunciavano in modo schietto e sarcastico i vari governi che si sono succeduti nel comandare il suo paese.
Con I cacciatori Angelopoulos ottenne il primo riconoscimento internazionale, vista la premiazione con l'Orso d'oro al Festival di Berlino. Divenuto ormai un artista di grandissima fama nel panorama cinefilo, l'autore greco tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90 realizzò i suoi migliori capolavori; prima diresse un fenomeno come Marcello Mastroianni ne Il volo, poi girò il film giudicato come il proprio capolavoro internazionale, ovvero Il passo sospeso della cicogna, con la coppia Mastroianni-Moreau, in un dramma socio-politico sulla perdita dell'identità nazionale e morale.
Angelopoulos ha avuto la fortuna anche di dirigere ulteriori grandi interpreti, come Gian Maria Volontè e Harvey Keitel ne Lo sguardo di Ulisse, altro intimo capolavoro con cenni auto-biografici, e in seguito anche Bruno Ganz in L'eternità e un giorno. Nell'ultimo decennio è stato autore di due pellicole stilisticamente e narrativamente piuttosto differenti, ma unite dall'intento di regalare ancora tratti di cinema interiore, cauto ma di grande spessore ed energia. Nel 2004 gira La sorgente del fiume, una piccola epopea tra popoli diversi vissuti nella stessa regione al confine tra Grecia e Macedonia, poi nel 2009 con La polvere del tempo ha rappresentato una sorta di enfasi unitaria del suo cinema, colto e attuale, in questo caso meno innovativo e più schiavo della coazione a ripetere freudiana.
Il suo ultimo progetto si sarebbe chiamato L'altro mare, un film, hanno affermato coloro vicini al progetto, incentrato sulla crisi, sulla preoccupante situazione internazionale odierna, una pellicola cupa e negativa specchio dello stato d'animo dell'Europa del nuovo millennio. Sempre attuale e sul pezzo, Angelopoulos avrebbe chiuso la trilogia iniziata nel 2004 con un'opera degna e moderna, con il nostro Toni Servillo come protagonista.
L'incidente mortale in cui è incappato qualche sera fa ha bloccato tutto, ha messo sotto shock tutto il mondo del cinema vero, quello di qualità ed impegno sociale che il vecchio continente ancora riesce ad onorare. Dalla produzione ellenica fanno sapere che L'altro mare sarà concluso, si sta già pensando a chi affidare la pesante e valorosa eredità di Angelopoulos. Di certo oggi l'arte mondiale piange uno dei suoi ultimi eccellenti cantori, polemico e rigido nel lavoro come eccentrico e viscerale dietro la macchina da presa, come un classico eroe omerico.
Uno scontro micidiale con una moto, la corsa in ospedale purtroppo inutile. Theo Angelopoulos è scomparso ad Atene, nella zona del Pireo, la sera del 24 gennaio scorso. Il regista greco, nativo proprio della capitale ellenica, aveva 76 anni, ed è stato il più importante regista del suo paese, almeno se si prendono in considerazione gli ultimi venticinque anni della cinematografia dell'Europa del sud.
Angelopoulos era una mente impavida e brillantissima, un uomo dai grandi valori democratici, si laureò in legge nella sua Atene e si trasferì per coltivare la propria passione a Parigi, dove prese il diploma come regista cinematografico. Conobbe persino il tempo dell'esilio dal proprio paese, quando nel 1967, con l'avvento della dittatura dei colonnelli, fu dichiarato un elemento sovversivo, soprattutto a causa della linea editoriale del suo giornale Democratic Ghange. Angelopoulos si rifugiò in Francia e da lì coltivò la propria passione cinefila. Il primo lungometraggio Ricostruzione di un delitto è datato 1970, un thriller lento e malinconico che gli portò buoni consensi dalla critica più interessata ad un modo di fare cinema così particolare ed introverso.
Il ritorno in Grecia coincise con l'inizio della trilogia politica del regista, che firmò I giorni del '36 (1972), La recita (1975) e I cacciatori (1977), opere che denunciavano in modo schietto e sarcastico i vari governi che si sono succeduti nel comandare il suo paese.
Con I cacciatori Angelopoulos ottenne il primo riconoscimento internazionale, vista la premiazione con l'Orso d'oro al Festival di Berlino. Divenuto ormai un artista di grandissima fama nel panorama cinefilo, l'autore greco tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90 realizzò i suoi migliori capolavori; prima diresse un fenomeno come Marcello Mastroianni ne Il volo, poi girò il film giudicato come il proprio capolavoro internazionale, ovvero Il passo sospeso della cicogna, con la coppia Mastroianni-Moreau, in un dramma socio-politico sulla perdita dell'identità nazionale e morale.
Angelopoulos ha avuto la fortuna anche di dirigere ulteriori grandi interpreti, come Gian Maria Volontè e Harvey Keitel ne Lo sguardo di Ulisse, altro intimo capolavoro con cenni auto-biografici, e in seguito anche Bruno Ganz in L'eternità e un giorno. Nell'ultimo decennio è stato autore di due pellicole stilisticamente e narrativamente piuttosto differenti, ma unite dall'intento di regalare ancora tratti di cinema interiore, cauto ma di grande spessore ed energia. Nel 2004 gira La sorgente del fiume, una piccola epopea tra popoli diversi vissuti nella stessa regione al confine tra Grecia e Macedonia, poi nel 2009 con La polvere del tempo ha rappresentato una sorta di enfasi unitaria del suo cinema, colto e attuale, in questo caso meno innovativo e più schiavo della coazione a ripetere freudiana.
Il suo ultimo progetto si sarebbe chiamato L'altro mare, un film, hanno affermato coloro vicini al progetto, incentrato sulla crisi, sulla preoccupante situazione internazionale odierna, una pellicola cupa e negativa specchio dello stato d'animo dell'Europa del nuovo millennio. Sempre attuale e sul pezzo, Angelopoulos avrebbe chiuso la trilogia iniziata nel 2004 con un'opera degna e moderna, con il nostro Toni Servillo come protagonista.
L'incidente mortale in cui è incappato qualche sera fa ha bloccato tutto, ha messo sotto shock tutto il mondo del cinema vero, quello di qualità ed impegno sociale che il vecchio continente ancora riesce ad onorare. Dalla produzione ellenica fanno sapere che L'altro mare sarà concluso, si sta già pensando a chi affidare la pesante e valorosa eredità di Angelopoulos. Di certo oggi l'arte mondiale piange uno dei suoi ultimi eccellenti cantori, polemico e rigido nel lavoro come eccentrico e viscerale dietro la macchina da presa, come un classico eroe omerico.
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