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Ri-animiamo il cinema italiano!
di Roberta Folatti
Assicura di non essere mai stato un genio del disegno, Bruno Bozzetto.
E noi stentiamo a credergli, grati come siamo a quest’uomo per le sue invenzioni che, prima di diventare animate, sono fuoriuscite dalla sua matita, frutto di un’intuizione visiva, di un felice atto creativo.
Sì, spesso a ben guardare sono solo pochi tratti, disegni stilizzati, rarefatti ma capaci di colpire la fantasia e il subconscio dello spettatore, facendolo entrare in sintonia, anche affettiva, con quella figuretta animata. E per riuscire in questo ci vuole un’abilità particolare…
"Bisogna essere un po’ attori, un po’ registi, un po’ montatori, avere dimestichezza con la musica e i rumori – rivela Bozzetto – Un film d’animazione è spesso senza dialoghi e queste componenti diventano essenziali. Decidere come si muove il personaggio, che tipo di sottofondo accostargli è importante quanto la fase del disegno."
Insomma a quello schizzetto sulla carta bisogna dare una personalità, delle caratteristiche uniche, forse un’anima… Perché capita spesso che un disegno animato trasmetta più emozioni, diventi più “umano” di tanti personaggi in carne ed ossa.
"Alla base c’è l’idea – spiega l’autore del signor Rossi – ma poi montaggio, musica, rumori hanno la stessa importanza del disegno. Altrettanto indispensabile è la capacità di sintesi, i corti d’animazione durano pochi minuti, a volte anche meno." Un bravo animatore deve coltivare il dono della sintesi che in fondo è ciò che serve in qualunque forma di comunicazione. Un concetto espresso bene, un’immagine sufficientemente incisiva sono in grado di infilarsi nella memoria anche in un tempo breve. E’ la forza dell’idea a conquistare.
"Il lavoro dell’animatore è dar vita a un oggetto, a un personaggio. Le nuove tecnologie aiutano moltissimo, io non sono certo un nostalgico dei vecchi metodi - prosegue Bozzetto – La penna elettronica è molto più comoda di matita e gomma, l’importante è non farsi prendere troppo dalla tecnica, non farsi distrarre perdendo di vista le cose essenziali."
Insomma lui ne è certo, "la tecnica non uccide la creatività", i pericoli e le frustrazioni derivano semmai, almeno in Italia, dalla visione miope di produttori e distributori.
Mentre le grandi case di animazione straniere scalano le classifiche coi loro film, da L’era glaciale a Toy story, nel nostro paese il genere è ritenuto per bambini e relegato a una programmazione quasi umiliante (nelle feste, solo al pomeriggio). Incalza Bozzetto: "L’animazione non è “vietata ai maggiori”, anzi parla più agli adulti che ai bambini. Attraverso il disegno animato si possono far passare temi seri, maturi, che negli adulti giungono più direttamente rispetto ad altre forme di comunicazione, penetrando nel nostro cervello per vie alternative".
L’autore, milanese ma bergamasco d’adozione, ha cominciato negli anni ’60 quando in pochi facevano questo mestiere e "ci si conosceva tutti. Di tanto in tanto ci si incontrava ai festival in giro per il mondo e si mettevano a confronto le rispettive esperienze. Era bellissimo…". Bozzetto ha ottenuto riconoscimenti internazionali sin dal suo primo film Tapum, la storia delle armi, il suo lavoro è sempre stato permeato di senso civico, sensibile ai temi esistenziali. Una spiccata ironia ma anche realismo e spirito critico verso le derive del genere umano.
Parlando con lui emerge subito una persona poco incline ai compromessi, che non è mai stata disposta a rincorrere facili modelli o soluzioni scontate. Per anni si è autoprodotto i film mantenendo integra la sua sfera creativa. Lavori come quelli che gli hanno fatto guadagnare l’Orso d’Oro a Berlino (Mister Tao nel ’90) e la nomination agli Oscar (Cavallette nel ’91) sono piccole opere d’arte.
Ma uno come lui ha deciso di andare in pensione nonostante avesse ancora molti progetti nel cassetto e un’idea già quasi realizzata (il lungometraggio Mamuk). "In Italia l’animatore ha possibilità limitate, può lavorare per la tivù questo sì ma in programmi rigorosamente per bambini. C’è una mentalità vecchia, c’è pochissima voglia di sperimentare e rischiare." Un vero peccato vista la potenza espressiva di questo genere…
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