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George, il divo che ama il cinema indie
di Keivan Karimi
Attore,
regista, produttore e soprattutto scapolo d'oro.
George Clooney, uno dei protagonisti dell'onirico mondo di Hollywood, non rappresenta, a prescindere dalla propria fama, lo stereotipo del divo, della star che va in giro a far parlare di sé. O meglio, Clooney è spesso sulle pagine dei rotocalchi, delle news provenienti dal sottobosco dello star system, è protagonista di spot televisivi di grande impatto e si è comprato una villa di puro fregio sul Lago di Como, uno degli stabilimenti preferiti dai ricchi e facoltosi personaggi dello showbiz d'oltreoceano. Ma tutto ciò che fa parte del suo privato e le scelte professionali più rinomate raffigurano solo un lato della medaglia nella vita artistica del buon vecchio George.
Clooney conobbe i primi successi attoriali nei panni del dottor Doug Ross nella serie ER-Medici in prima linea, e da quel momento la celebrità ha cominciato a far parte della vita dell'interprete nativo del Kentucky. Protagonista di opere cinematografiche di grandissimo rilievo come la saga di Ocean's eleven, in cui il regista Steven Soderbergh gli ha affidato il ruolo che nell'originale fu di un certo Frank Sinatra, oppure del Batman & Robin di Joel Schumacher, Clooney si è tolto diverse soddisfazioni anche dietro la macchina da presa. Il suo gusto per il giallo politico dai toni critici e poco romanzari si evince nelle sue opere migliori Good night and good luck e soprattutto nell'ultima fatica, l'attualissimo Le idi di marzo, grazie al quale è stato soprannominato dalla critica Usa come un novello Sydney Pollack.
Interprete e regista, ricoperto dai guadagni degli incassi e dalle
lodi della critica e delle donne di tutto il mondo, George non ha mai
nascosto il gusto per quel cinema che si può definire piuttosto di
nicchia, per quella zona d'ombra della settima arte che si allontana
dallo standardizzato sistema delle majors, dalle produzioni più
facoltose e sponsorizzate. L'attore, oltre a timbrare lunghi e
fruttuosi sodalizi con autori come Soderbergh o i fratelli Coen,
negli ultimi anni si è approcciato a produzioni minori, a quei
progetti tipici del Sundance film festival o comunque ad universi
cinematografici di minore richiamo ma maggiore interesse culturale.
Jason Reitman, pluri-premiato regista di Juno,
ovvero uno dei migliori prodotti indie del cinema statunitense
dell'ultimo decennio, lo ha voluto fortemente per impersonificare il
disincantato e cinico protagonista della sua ultima commedia Tra
le nuvole,
film che ha poco a che vedere con le produzioni fantascientifiche
delle quali aveva fatto parte il divo in precedenza.
Anche la
collaborazione con un altro autore di un cinema “diverso” come
l'estroso artista Wes Anderson ha portato Clooney a dare la voce al
personaggio principale del film d'animazione Fantastic
Mr. Fox;
affascinato dalla purezza e dalla verità oggettiva insita dentro
questo tipo di cinematografia, Clooney non si è tirato indietro
neanche nell'ultimo biennio, quando prima Antony Corbijn lo chiama per
il progetto italo-americano di The
American, giallo
a tinte oscure dal basso budget, poi uno dei più importanti autori
indie come Alexander Payne, candidato agli Oscar per Sideways (prima
pellicola indipendente tra le 5 a contendersi la statuetta), richiede
le sue prestazioni interpretative per The
Descendants, film
in uscita nelle nostre sale il prossimo 17 febbraio. La pellicola,
girata interamente alle Hawaii, ricalca in maniera oculata e nitida
quello stile di commedia melodrammatica moderna, fatta di silenzi e
dialoghi postmoderni intimi ed a tratti geniali, dove spicca il
solito George vigoroso come presenza scenica ma umile interprete
dedito alle atmosfere pacate dell'opera.
Dopo il Golden Globe vinto
da pochi giorni, Clooney punterà anche al primo Premio Oscar come
attore protagonista il prossimo mese proprio per il ruolo da
protagonista nel film di Payne.
Questa filmografia indipendente e non troppo lontana dal Syriana che lo ha fatto trionfare all'Accademy nel 2005 pare risultare la più adatta per le proprie capacità attoriali, fruttando così un binomio vincente sia per la critica che per il pubblico dal palato fino; George ed il cinema indie continueranno a collaborare, alla faccia di chi lo vedeva solo nei panni del migliore scapolo di Hollywood.
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