- tipo Fuori sincrono
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Ora capisco perché scrivono per Cineboom - Anno secondo
di Pattuglia veneziana
Nicola Bassano
La mostra della laguna e il fantasma capitolino: storie di ordinaria cinefollia
Nonostante il fantasma del neonato festival del cinema di Roma (13/21 ottobre) aleggiasse con insistenza sulla laguna, anche quest'anno la Mostra d'Arte Cinematografica veneziana giunta alla 63esima edizione ha decretato, non senza polemiche, i suoi vincitori e i suoi vinti. Come ogni anno il popolo del cinema si è riversato in massa al Lido attratto da un programma succulento e disposto come sempre a sacrificare tempo, denaro e salute pur di immergersi, anima e corpo, nell'universo fracassone, colorato e spettacolare del Festival. Un mondo simile a un grande circo, un microcosmo dove tutto sembra funzionare, quasi per caso, tra piccoli e grandi intoppi organizzativi accettati senza troppe proteste dai tanti cinemaniaci lagunari. E così tutto prosegue senza tanti problemi, tra giovani star che si fanno desiderare come Scarlett Johansson, mentre in passerella fan trepidanti armati di foglio e penna bramano qualche volto noto da toccare, fotografare, invocare. Ai metal detector invece non si scherza. La fila rumoreggia: qualcuno ha sentito che non fanno tenere gli zaini in Sala Grande e la disperazione mista a un senso di impotenza cresce, per trasformarsi immediatamente in rabbia. Lo zaino, per il cinemaniaco, è un'irrinunciabile necessità, un kit di salvezza, un amico inseparabile: acqua, programma, quotidiani e qualcosa da addentare nei momenti di sconforto. Gli addetti alla sicurezza, in completo nero e auricolare come tanti mastodontici doganieri, frugano tra le felpe e i panini in cerca di qualche cosa di sospetto mentre la fila cresce e il sole, alto nel cielo, non dà nessuna tregua. E intanto le ore passano, tra visioni più o meno interessanti, con la schiena sempre più dolorante e un senso di fame perenne. Ecco che allora si assiste alla migrazione dei cinefili nella zona forse più interessante del Festival, quella degli stand, un po' festa dell'Unità un po' sagra di paese. Tra hot-dog, salsicce, patate fritte e pizza si accende la sera e l'instancabile spettatore con il suo inseparabile accredito si aggira, come un drogato in piena crisi d'astinenza, sperperando gli ultimi euro in cofanetti, libri, locandine, riviste. Mentre il "muro di Gianni Ippoliti" si riempie di messaggi divertenti e provocatori che inneggiano non troppo ironicamente al sindaco capitolino Veltroni, ci si prepara al programma serale. Qualcuno impreca leggendo la durata delle pellicole, altri cominciano a estrarre dalle borse maglioni e sciarpe: al Palabiennale infatti - forse per evitare che la gente si assopisca - l'aria condizionata è altissima e non c'è modo di farla abbassare. Stancamente anche l'ultimo film finisce e silenziosamente ci si avvia verso casa esausti ma fondamentalmente appagati, mentre la notte ci regala la visione unica e affascinante di un Lido vestito a festa. E il fantasma romano come per magia svanisce.
Alice Trippolini Reietti o compagni? Ormai sono sette anni che vado alla Mostra del Cinema di Venezia, ma non imparo mai. Sono testarda. Il prossimo anno, mi dico a metà del festival, non ci vado. Basta con questa tortura. Perché mi devo vergognare di amare il cinema e voler vedere più film possibile? Perché devo venire fin quassù (vengo da sotto il Po', quindi terrona) per vergognarmi di essere italiana? Però poi si avvicina l'estate, tutti richiedono l'accredito e ci casco. Quest'anno ho deciso di mescolarmi di nuovo ai reietti. Perché regalare una cifra spropositata alla Biennale per un accredito? Spendo meno e prendo quello Cinema: basta vedere i film, il resto non mi serve. Certo.
Purtroppo, gli accreditati Cinema sono il doppio degli altri, nonostante i fantasiosi dati diffusi dall'ufficio stampa della Mostra, ma vengono trattati come quelli che entrano per ultimi alle feste esclusive. Tipo: ringrazia che ho chiuso un occhio altrimenti non saresti qui, accontentati. Eppure, un accredito viene concesso da simpatici funzionari che vengono pagati per fare la selezione. Una volta fatta, io ho il Diritto di vedere quanti più film possibile: non è un reato. Il film in sala verrà comunque proiettato, non c'è un costo aggiuntivo se gli accreditati Cinema riempiono la sala semivuota degli "addetti ai lavori".
La spiegazione ufficiosa è stata che gli accreditati Cinema sono un po' come i No Global: non li puoi tenere sotto controllo, fischiano se il film non gli piace o ridono se una scena fa schifo. Niente reietti, niente fischi, avrà pensato Muller. Eppure, grasse risate e fischi ci sono stati comunque, in ogni proiezione. Nonostante questo, io ho dovuto fare file assurde a mezzanotte, o uscire prima da alcuni film per non perdere mezza giornata di proiezioni. D'accordo, vedere Lynch a mezzanotte avrà il suo fascino, ma andare a letto alle 3 di notte è dura, devi essere fresco alle 8. Alla proiezione in sala dell'orribile The black book (dove ci hanno fatti entrare per riempire una sala desolatamente vuota) uno spettatore pagante mi chiede risentito "Scusi signorina, voi che entrate GRATIS, dove lo avete preso quel pass?". Questo pass si paga e viene concesso dalla Biennale, maledizione. A casa chi dissente, ma che bella politica.
Poi però date un leone speciale a Straub-Huillet. Pure i giurati del Leoncino d'oro sono stati messi in riga. All'incontro con il regista e il cast di Non prendere impegni stasera (si dice tristemente brutto) questi liceali si sono permessi di esprimere critiche e domande pertinenti, tipo "Ma perché ora voi giovani registi raccontate tutti la crisi dei trentenni?". Il moderatore li ha zittiti, con "Quanti film hai visto finora? Pochi, non puoi criticare". Ma come: che ti frega di quanti film ho visto? In Italia la peggio gente ha diritto di votare chi governa, io non posso dire che un film mi fa schifo? Non parliamo della deriva superficiale: tutti addosso alla Arcuri, che non presentava niente, bambine impazzite per Lindsay Lohan e il giornaliero di Ciak che ha dedicato due pagine alla galleria delle scarpe indossate dagli addetti stampa. Incredibile. Le sezioni migliori sono Le Giornate degli autori e la Settimana della critica. Bellissimo A guide to recognize your saints, opera prima con Robert Downey Jr e un ritrovato Chazz Palminteri; poetico Khadak, sulla crisi dei pastori mongoli trascinati a lavorare nelle miniere. Da segnalare La notte dei girasoli e Azzurro scuro quasi nero: il primo è un bel thriller-dramma, il secondo una commedia amara, entrambi spagnoli. Poi, c'è I don't want to sleep alone che parla di sonno e degrado, e INLAND EMPIRE del maestro Lynch, che mi ha un po' sconvolto, come al solito. Personaggi culto: Spike Lee tifoso francese che girava con la maglia di Henry, Tsai Ming Liang che si mescolava ai reietti firmando decine di autografi e Jean Marie Straub, che nel kit stampa del suo film si è definito terrorista. Devo confessare una cosa: Quei loro incontri io non l'ho capito e sono uscita prima che finisse... probabilmente non sono una vera compagna.
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