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Un silenzio fatto di pietra
di Lucio Carbonelli
Non siamo più abituati al silenzio.
Sempre a sentire musica - generazione iPod - e con il cellulare acceso anche di notte, figuriamoci resistere a più di due ore e mezza di quello che si presenta come Il grande silenzio.
Perduti in frenetici ipermercati e ottenebrati da trasmissioni televisive perennemente in onda (abbasso il monoscopio!) ci si dimentica che eppure, sì, c'è gente che sceglie di vivere così.
Nel completo silenzio rotto solo da rumori naturali, una forbice che taglia un tessuto, scarpe che strusciano sul pavimento. La bocca è sigillata, si parla il meno possibile, semmai si sorride, si prega, si canta.
Il Signore mi ha sedotto, e io mi sono lasciato sedurre ho lasciato tutto ciò che possiedo eccetera eccetera; cose così ripete lo schermo. Meditazione, contemplazione, lavoro.
In solitudine.
E mentre scorrono immagini di monaci che conducono la loro vita monotona ma felice, in sala arrivano le voci sguaiate di litigiosi adolescenti all'ultima moda.
Deve essere la sala giochi adiacente al cinema.
Dall'altra parte del mondo intanto l'acqua continua a scorrere, tranquilla.
Adesso c'è la neve e i monaci giocano a scivolarci sopra, ridono.
In cielo sta passando un aereo, e non fa alcun rumore.
Dei gatti aspettano che gli si dia da mangiare.
Io quasi mi addormento, stanco.
È il troppo silenzio.
Non la pace.
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