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Rubrica pubblicata il 14 03 2005
Questa Rubrica è stata letta 22767 volte
Ridateci i cineforum!
di Roberta Folatti
Premetto: per me il cinema è anche il piacere della scoperta.
Come per i libri, quando c'è puzza di best seller o di campione d'incassi, mi tengo prudentemente alla larga in attesa che la bolla di sapone si sgonfi e rimanga la nuda sostanza. Non si tratta di snobismo nè di gusto del proibito, è che a me i prodotti "imposti" suscitano (legittimamente) qualche sospetto.
Insomma preferisco essere io a scegliere, non le case di produzione o gli uffici stampa più abili a creare polveroni attorno ai loro prodotti. Adoro i piccoli film che emergono piano, grazie al passaparola e al consenso di spettatori poco influenzati dal can can pubblicitario.
Mi vengono in mente L'imbalsamatore e Fame chimica, tanto per citare due opere di registi italiani. Chiedo al cinema di condurmi in terre in cui forse non arriverò mai fisicamente, che siano l'Iran, la Colombia o qualche repubblica caucasica di cui ignoravo l'esistenza.
Mi piace scoprire realtà completamente diverse dalla mia o all'opposto vedere quel che solitamente non si riesce a captare perchè troppo vicino, calarmi in uno sguardo penetrante e originale che racconta la quotidianità.
Doveva essere una breve premessa e invece ho finito per esprimere una parte della mia idea di cinema. Che fa rima con varietà di proposte, molteplicità di occasioni, apertura a trecentosessanta gradi su tutte le cinematografie.
Quale luogo migliore della metropoli milanese per soddisfare questa esigenza? I numeri sono senz'altro incoraggianti: tra multisala e singoli cinema un po' antichi, come quello di via Ariosto, Milano raggiunge quota ottanta.
Anche ad un cinefilo esigente ottanta sale cinematografiche dovrebbero garantire sufficiente "nutrimento", con spazi e sguardi alternativi, proposte non scontate, possibilità di vedere ciò che in provincia non riesce ad arrivare. Ma ahimè la situazione non è così rosea e, personalmente, spesso fatico a trovare film vedibili.
La realtà è che ottanta sala producono una programmazione ripetitiva e stitica, basata per la gran parte su titoli americani "blindati" al botteghino. Fantascienza, commediole senza sale, film costruiti attorno ad attori da copertina sono considerati garanzia di richiamo del pubblico molto più della qualità.
Capita dunque che a Milano, sulle ottanta sale citate, la scelta si riduca a molto meno della metà, per lo scarso coraggio di esercenti e distributori. Capita che anche uno spettatore motivato non riesca nemmeno a sfiorare film come Un silenzio particolare o Il muro. Se sono usciti, sono rimasti in programmazione talmente poco da non dare il tempo di accorgersene. E più i film sono svicolati dal grande giro e supportati da piccoli budget, meno la loro uscita nelle sale viene pubblicizzata, un cane che si morde la coda.
Per essere ancora più "statistici", prendo un giornale con la programmazione milanese: in una settimana qualunque i titoli in cartellone si riducono a venticinque, perchè tutti ripetuti più volte in diverse sale, e tra questi venticinque (scusate lo snobismo) i vedibili non sono più di una decina. Ed è una settimana fortunata.
In questo desolante panorama, meno male che esistono cinema come l'Anteo o l'Eliseo, che hanno il coraggio di proporre un cartellone dallo sguardo meno miope, e piccole sale che recuperano i film minori, altrimenti la scelta si ridurrebbe ancor più drasticamente.
Ogni anno in questo periodo la città ospita il Festival del cinema africano e d'Asia e America latina, che propone lungometraggi e documentari di grande interesse: una panoramica sul cinema mondiale che porta alla ribalta nazioni vitali e creative ma tradizionalmente escluse dai circuiti di distribuzione.
Ebbene, quante credete saranno le sale milanesi, delle ottanta presenti a Milano, che ospiteranno questi film?
Come per i libri, quando c'è puzza di best seller o di campione d'incassi, mi tengo prudentemente alla larga in attesa che la bolla di sapone si sgonfi e rimanga la nuda sostanza. Non si tratta di snobismo nè di gusto del proibito, è che a me i prodotti "imposti" suscitano (legittimamente) qualche sospetto.
Insomma preferisco essere io a scegliere, non le case di produzione o gli uffici stampa più abili a creare polveroni attorno ai loro prodotti. Adoro i piccoli film che emergono piano, grazie al passaparola e al consenso di spettatori poco influenzati dal can can pubblicitario.
Mi vengono in mente L'imbalsamatore e Fame chimica, tanto per citare due opere di registi italiani. Chiedo al cinema di condurmi in terre in cui forse non arriverò mai fisicamente, che siano l'Iran, la Colombia o qualche repubblica caucasica di cui ignoravo l'esistenza.
Mi piace scoprire realtà completamente diverse dalla mia o all'opposto vedere quel che solitamente non si riesce a captare perchè troppo vicino, calarmi in uno sguardo penetrante e originale che racconta la quotidianità.
Doveva essere una breve premessa e invece ho finito per esprimere una parte della mia idea di cinema. Che fa rima con varietà di proposte, molteplicità di occasioni, apertura a trecentosessanta gradi su tutte le cinematografie.
Quale luogo migliore della metropoli milanese per soddisfare questa esigenza? I numeri sono senz'altro incoraggianti: tra multisala e singoli cinema un po' antichi, come quello di via Ariosto, Milano raggiunge quota ottanta.
Anche ad un cinefilo esigente ottanta sale cinematografiche dovrebbero garantire sufficiente "nutrimento", con spazi e sguardi alternativi, proposte non scontate, possibilità di vedere ciò che in provincia non riesce ad arrivare. Ma ahimè la situazione non è così rosea e, personalmente, spesso fatico a trovare film vedibili.
La realtà è che ottanta sala producono una programmazione ripetitiva e stitica, basata per la gran parte su titoli americani "blindati" al botteghino. Fantascienza, commediole senza sale, film costruiti attorno ad attori da copertina sono considerati garanzia di richiamo del pubblico molto più della qualità.
Capita dunque che a Milano, sulle ottanta sale citate, la scelta si riduca a molto meno della metà, per lo scarso coraggio di esercenti e distributori. Capita che anche uno spettatore motivato non riesca nemmeno a sfiorare film come Un silenzio particolare o Il muro. Se sono usciti, sono rimasti in programmazione talmente poco da non dare il tempo di accorgersene. E più i film sono svicolati dal grande giro e supportati da piccoli budget, meno la loro uscita nelle sale viene pubblicizzata, un cane che si morde la coda.
Per essere ancora più "statistici", prendo un giornale con la programmazione milanese: in una settimana qualunque i titoli in cartellone si riducono a venticinque, perchè tutti ripetuti più volte in diverse sale, e tra questi venticinque (scusate lo snobismo) i vedibili non sono più di una decina. Ed è una settimana fortunata.
In questo desolante panorama, meno male che esistono cinema come l'Anteo o l'Eliseo, che hanno il coraggio di proporre un cartellone dallo sguardo meno miope, e piccole sale che recuperano i film minori, altrimenti la scelta si ridurrebbe ancor più drasticamente.
Ogni anno in questo periodo la città ospita il Festival del cinema africano e d'Asia e America latina, che propone lungometraggi e documentari di grande interesse: una panoramica sul cinema mondiale che porta alla ribalta nazioni vitali e creative ma tradizionalmente escluse dai circuiti di distribuzione.
Ebbene, quante credete saranno le sale milanesi, delle ottanta presenti a Milano, che ospiteranno questi film?
I lettori hanno scritto 6 commenti
- commento è u ottimo articolo che esemplifica il raro abbinamento fra professione giornalistica, impegno, autonomia, forte sentire, capacità di scrittura .
- commento 10 film vedibili su 25 in programma (su 80 sale...): direi che più che di una settimana fortunata si tratta di un segno dell'Apocalisse... (il mio record credo sia 3 su 10)
- commento Articolo che rispecchia la realta odierna del mondo cinematografico scritto fra l'altro da una grande giornalista ed opinionista. COMPLIMENTI
- commento condivido ... e soffro! W la pluralità!!!!
- commento non tutto ciò che passa dalla grande distribuzione magari con grandi budget è da scartare; e viceversa per i piccoli film. avrei preferito un analisi più raffinata e meno retorica.
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