Un giovane curdo arriva a Calais deciso ad attraversare la Manica a nuoto motivo per cui chiede aiuto ad un istruttore di nuoto francese in crisi con la moglie. Il ragazzo vuole raggiungere la fidanzata appena emigrata in Inghilterra.
Il voto del redattore
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Welcome
di Philippe Lioret
- Dati
- Titolo originale: Welcome
- Soggetto:
- Sceneggiatura:
- Genere: Drammatico - Sociale
- Durata: 110 min.
- Nazionalità: Francia
- Anno: 2009
- Produzione: Nord-Ouest Productions
- Distribuzione: Teodora Film
- Data di uscita: 11 12 2009
La forza sovrumana dei più deboli
di Roberta Folatti
Si muovono intorno a noi, la maggior parte cercando di non infastidirci, di rimanere presenze invisibili, camminando in punta di piedi su una terra per molti versi inospitale. Si muovono intorno a noi e noi preferiamo ignorarli o li guardiamo senza vederli. Evitiamo i loro sguardi perchè potrebbero indurci a riflettere, instillarci un fugace senso di colpa. Sono i clandestini, queste ombre che vengono da paesi lontani dopo aver attraversato mari, deserti ed esperienze di ogni tipo, trattati come pacchi da chi si arricchisce sulla loro pelle. Di uno di loro racconta Philippe Lioret, ma la storia di Bilal è la stessa di centinaia, di migliaia di persone come lui che, arrivate a Calais, in Francia, cercano in ogni modo di raggiungere il loro Eldorado, la vicina Inghilterra. Li separa "solo" il canale della Manica, un tratto di mare che, volendo osare, potrebbe essere affrontato anche a nuoto.
Qualcuno nella realtà ci ha provato, e ci prova il protagonista di Welcome. In questo disperato tentativo il ragazzo ripone tutte le speranze di raggiungere Mina, di cui è innamorato, prima che la giovane venga data in sposa a un altro, secondo le tradizioni del suo paese d'origine. Ma non sta nell'avventura il senso di questo film coraggioso, intenso, coinvolgente che in Francia è diventato un caso, perchè con scarsi mezzi pubblicitari ha già incassato 10 milioni di euro. Il tema è di un'attualità scottante, la legge voluta da Sarkozy contro i clandestini costringe i francesi, soprattutto quelli che abitano nei pressi del punto nevralgico di Calais, a non avere alcun rapporto con loro, pena il carcere fino a cinque anni. Le ombre di cui parlavo prima vengono dichiarate invisibili, intoccabili, inavvicinabili per legge, da uno Stato che chiude vigliaccamente gli occhi sul problema e pretende che anche i suoi cittadini facciano lo stesso.
Ma nel film (come nella realtà) non tutti accettano di essere così crudamente ipocriti. Come si fa a riconoscere a queste persone lo status di rifugiati, ammettendo quindi che fuggono da situazioni di guerra e carestia e poi isolarli come appestati? Il regista Loiret non le manda a dire:
Nel film Simon è un uomo chiuso in se stesso, scontento della propria vita personale e professionale che, per dimostrare alla ex moglie di non essere insensibile come pensa lei, cerca di aiutare il giovane Bilal, a cui sta dando lezioni di nuoto. Lo consiglia, lo sostiene, lo ospita in casa sua per qualche tempo, finendo per venir denunciato dal vicino, quello più intollerante e cattivo, che però sullo zerbino del suo appartamento ha scritto "Welcome". Con la pessima legge Sarkozy, la delazione funziona come ai tempi della caccia agli ebrei... Simon viene portato al posto di polizia, interrogato, controllato e diffidato dal continuare a frequentare il profugo curdo ma tra lui e Bilal è nata un'amicizia, un rapporto di fiducia che non arretra di fronte alle minacce di uno Stato dalla faccia dichiaratamente xenofoba. L'uomo sente di dover proteggere il ragazzo dalla sua stessa irruenza, la voglia di arrivare a quella meta rincorsa, desiderata, sognata, soprattutto dopo che la sua giovane fidanzata gli ha chiesto aiuto, rischia di metterlo in serio pericolo.
Welcome è un film duro e al tempo stesso delicato che conquista per la paradigmaticità della storia ma anche per la forza delle emozioni messe in circolo. I protagonisti si delineano in modo semplice, lineare, onesto, e così il loro legame. Bilal risveglia in Simon l'istinto paterno e trova in quel burbero istruttore di nuoto una figura protettiva, una mano tesa nel vuoto di affetti della sua vita da profugo.
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