Sam Raimi torna a giocare con il cinema e con l'horror. Un ritorno all'Armata delle tenebre con la storia di Christine che commette due imperdonabili errori: non proroga il pagamento del mutuo a una vecchia inquietante e fa una cosa di gran lunga peggiore che non posso svelare. Attenti alle vostre scelte!
Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- Sorprendente, geniale, terrificante, ridicolo.
Il voto dei lettori
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- di Jaume Balagueró, Paco Plaza
- dal 29 02 2008
- genere Giallo
- tipo Horror
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- dal 31 10 2007
- genere Giallo
- tipo Horror
- Lorenzo Morganti
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Drag me to Hell
di Sam Raimi
- Dati
- Titolo originale: Drag me to Hell
- Soggetto: Ivan Raimi, Sam Raimi
- Sceneggiatura: Ivan Raimi, Sam Raimi
- Genere: Giallo - Horror
- Durata: 99 min.
- Nazionalità: USA
- Anno: 2009
- Produzione: Ghost House Pictures
- Distribuzione: Lucky Red
- Data di uscita: 11 09 2009
Raimi sfoggia la padronanza del genere
di Sara Troilo
Sam Raimi nato nel Michigan e lì cresciuto con Bruce Campbell e i fratelli Coen, ha dimostrato non solo di aver fatto strada, ma anche di non aver ripudiato le proprie origini che l'hanno visto alle prese con la realizzazione di horror sin da quando il papà ha comprato la prima telecamera.
Dopo la saga di Spider-Man che l'ha reso famoso in tutto il mondo e dopo essersi misurato con generi diversi arrivando a realizzare film del calibro di Soldi sporchi, per il quale ha tratto ispirazione dalla neve di Fargo, eccolo di ritorno con Drag me to Hell ovvero un horror in piena regola che, nonostante si travesta da b-movie, mette in campo effetti speciali notevoli.
I primi dieci minuti del film sono assolutamente agghiaccianti: dalle inquadrature alla musica, niente lascia la possibilità allo spettatore di non salatare sulla poltrona del cinema. Quei primi minuti abbagliano e lasciano il segno per poi essere messi da parte per darci l'illusione che si è trattato solo di un simpatico diversivo, mentre il taglio del film sarà diverso. Illusione che resta tale, ça va sans dire.
Ed eccoci in auto insieme alla protagonista della storia, Christine Brown (un'impeccabile e memorabile Alison Lohman) che, mentre va al lavoro, tenta di esercitarsi con la dizione. Christine lavora in banca, si occupa di prestiti e mutui ed è decisa a far carriera anche perchè il momento è propizio, c'è una posizione di rilievo temporaneamente scoperta e la ragazza vuole occuparla. Galvanizzata dal capo, Christine si ritrova a compiere una scelta di cui avrà modo di pentirsi ampiamente: al suo tavolo si siede una donna anziana e straniera con lunghe unghie affilate e sporche, denti neri e fazzoletto in cui sputacchia di continuo un liquido scuro. La donna chiede un'ulteriore dilazione nel pagamento di una rata del mutuo e la ragazza, per dimostrare al capo di scegliere per il bene della filiale, non glielo concede. L'anziana signora comincia a gridare lanciando strali contro Christine: da qui in avanti il film prende la piega che ci si aspetta dal regista de L'armata delle tenebre, Raimi infatti dosa humor a momenti di tensione, scene grottesche a terrore puro. Christine ha un fidanzato, Clay (Justin Long e sfido chiunque a dire che non è la copia di Demetrio Albertini) che insegna all'Università e viene da una famiglia bene, a differenza sua, cresciuta in una fattoria e con un passato da bambina cicciottella come la ritrae una foto in cui è vicina ad un maiale che ha vinto un premio. Questo lato di ricerca di riscatto e di volontà di affrancarsi dal suo appartenere ad una sfera rurale emerge in modo allo stesso tempo sottile e smaccato e trovo che questa alchimia sia in gran parte da attribuire alla bravura della protagonista che non cede mai, reggendo i primissimi piani in modo eccezionale e facendo deflagrare l'ironia del tutto. Ovviamente l'anziana signora che ha chiesto la dilazione del pagamento maledice Christine e ovviamente la povera ragazza si trova a vivere un inferno, ma stavolta non in senso figurato, tanto da vedersi costretta a rivolgersi ad un mago-medium capellone che le farà compiere la seconda, e di gran lunga peggiore, scelta della sua vita, ripudiando di nuovo la propria natura di ragazza buona e sensibile.
La prima parte di Drag me to Hell è davvero memorabile, riesce a stupire ad ogni passaggio senza mai scadere, ma anzi tenendo alto il livello sia di tensione che di umorismo raffinato e basso. I personaggi sono caratterizzati alla perfezione e l'utilizzo degli stereotipi è magistrale, con qualche caduta di tono nella scena della cena a casa dei genitori di Clay che segna un po' il lieve declino della seconda parte del film. Ci penserà però il finale a riscattare il tutto, riportandoci ai fasti dei primi dieci minuti. Christine ad un certo punto subisce anche una metamorfosi che la rende un sex symbol super stereotipato con tanto di maglietta bagnata, tanto per non farci mancare sfumature (che tali non sono affatto) nella crazione del suo personaggio. A Raimi (e al fratello Ivan che ha scritto soggetto e sceneggiatura con Sam) va il nostro elogio indiscriminato per essere tornato all'horror fortemente connotato di grottesco e di trash anche se colto e consapevole dell'inizio della sua carriera dimostrando di non aver la minima paura ma, al contrario, di aver imparato a padroneggiare il genere ancora meglio. Talento che di sicuro condivide con i suoi amici Coen e che nasce dalla consapevolezza filosifica ed estetica che sta alla base dei generi tutti e del cinema in generale. Un film da vedere e rivedere, scoprendo ogni volta qualcosa di nuovo. Un film anche in grado di insegnare qualcosa: rispettare il gatto è fondamentale, mai contrariare chi ha tutta l'aria di maledirti come niente e in modo serio, ricordarsi che il conflitto sociale esiste e sfidarlo ha dei costi, mai dormire con la bocca aperta, ci sono le mosche.
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