Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- Gran film: leggero, ricco, spontaneo. Bravi gli attori, Jamie Foxx su tutti. Da vedere.
Il voto dei lettori
- voto medio
- 4.1/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 3 lettori
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Ray
di Taylor Hackford
- Dati
- Titolo originale: Ray
- Soggetto: Taylor Hackford, James L. White
- Sceneggiatura: James L. White
- Genere: Musicale - Biografico
- Durata: 152 min.
- Nazionalità: U.S.A.
- Anno: 2004
- Produzione: Howard Baldwin, Karen Elise Baldwin, Stuart Benjamin, Taylor Hackford
- Distribuzione: United International Pictures (UIP)
- Data di uscita: 00 00 0000
- Link
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Raggio di soul
di Francis Purocotone
Ray è un film in bianco e nero. Non letteralmente, ma certo la qualifica gli spetta ad honorem: è interamente costruito sul contrasto. Fin dalle prime immagini, strette su mani che accarezzano leggere la tastiera di un piano nero e lucido come uno che la sa lunga.
L'assenza quasi completa dei titoli di testa, scarni ed essenziali, ti proietta nel vivo della storia con un'immediatezza nata per abbattere ogni riserva: un minuto e Ray ti da del tu, ti scivola sotto gli occhi, e si racconta. Già, perché Ray è storia, l'intreccio delle vite di un musicista e di un uomo, di un padre e di un tossico, di un popolo e della sua musica.
Ma il bello è che Ray non è un'agiografia: c'è meno retorica in tutto il film che nel periodo precedente.
Ray scorre leggero, alternando l'attenzione tra vita adulta e infanzia, l'unica disponibile sotto forma di ricordo visivo, raccontando momenti drammatici e felici con la stessa serenità. Di riflesso Ray offre degli scorci (quanto fedeli non sta a me dirlo) dell'America nera a partire dal dopoguerra fino alla lotta per l'uguaglianza dei diritti civili.
E poi c'è la musica. Che s'insinua sempre con una naturalezza tale da divenire parte integrante del racconto, delineando con precisione i contorni della storia, commento ideale di ogni scena: una su tutte il funerale nella chiesetta di campagna.
Inoltre il susseguirsi dei pezzi offre veramente un'idea dell'evoluzione partita dal jazz morbido alla Nat King Cole, passata per la rivoluzione del rhythm and gospel di I got a woman, fino alla produzione di quella miscela unica di blues, country e rock'n'roll che in poco tempo, grazie all'apporto fondamentale dell'Atlantic Records, renderà insensata la presenza di classifiche separate per musica bianca e rhythm and blues (un grazioso eufemismo coniato dalle case discografiche, ormai a disagio nell'utilizzare il termine race records), dissolvendo di fatto la segregazione in ambito musicale.
E poi c'è Ray. Jamie Foxx è incredibile: la stessa mimica facciale, lo stesso movimento ondulante al piano, Ray insomma. Il che significa massima immedesimazione: in sala un trio di signore appassionate commenta col fervore ed il tempismo di un coro gospel ogni mossa sbagliata, ogni sgarbo perpetrato dal genio nei confronti delle sue donne, ogni passo verso la redenzione. Alleluja!
Qual è la naturale conclusione di una biografia? Esatto.
Pare che in fondo Ray sia una sorta di testamento spirituale, se si esclude la sinistra ipotesi di una qualche macumba da parte degli sceneggiatori. In una biografia che si rispetti non può quindi mancare il finale a base di rispettosa commemorazione, ma Ray tutto sommato se la cava con sobrietà e gusto, quel tanto che basta per evitare seccature da parte della produzione.
Che altro dire?
Andate a vederlo, voi che potete (e se non potete andate lo stesso, magari vi piacerà anche di più)
I lettori hanno scritto 4 commenti
- commento Come tutti i film biografici anche questo ha i suoi limiti. Dalla storia di uno che non vedeva ma sponsorizzava una marca di occhiali ne han fatto un musicista.... che fantasia..
- commento per non parlare della colla da dentiera
- commento si va beh , capirai..
- commento mi sono commossa fino alle lacrime
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