Bellocchio ci racconta la storia di Ida Dalser, giovane estetista che si innamora di Mussolini ai tempi in cui questo dirigeva l'Avanti ed era antimonarchico e anticlericale, i tentativi della donna di far riconoscere il figlio avuto con lui e il manicomio dove viene torturata e rinchiusa a vita.
Il voto del redattore
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- 4/5
- valutazione
- Storia italiana e storia del cinema nelle mani di Bellocchio.
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Vincere
di Marco Bellocchio
- Dati
- Titolo originale: Vincere
- Soggetto: Marco Bellocchio
- Sceneggiatura: Marco Bellocchio, Daniela Ceselli
- Genere: Drammatico - Storico
- Durata: 128 min.
- Nazionalità: Italia
- Anno: 2009
- Produzione: Offside, Rai Cinema, Celluloid Dreams
- Distribuzione: 01 Distribution
- Data di uscita: 22 05 2009
I capricci dei dittatori
di Sara Troilo
Chissà se per i dittatori (marcianti su Roma o tenutari dell'informazione che siano) l'avere in comune manie di grandezza, ego spropositati e una certa fissazione erotica sia un caso o sia piuttosto un sintomo della stessa malattia. Questa la domanda che in periodo di "papi" e foto di festini poco istituzionali provenienti da Villa Certosa, con viaggi e militari di guardia pagati dai contribuenti, mi si è presentata alla mente mentre guardavo Vincere, il nuovo film di Marco Bellocchio presentato a Cannes. Bellocchio racconta la storia di Ida Dalser (interpretata da Giovanna Mezzogiorno) amante e probabilmente moglie di Mussolini, nonché madre di Benito Albino Mussolini, primogenito maschio del duce riconosciuto dal padre. Benito (Filippo Timi) e Ida si incontrano a Trento ai tempi dei fervori socialisti del primo e poi si reincontrano a Milano, dove la passione divampa. Ida è ricca e colta ed è talmente presa dalla sua storia d'amore da vendere tutto ciò che possiede per finanziare la creazione del nuovo giornale del compagno: Il popolo d'Italia.
La prima parte del film vive della profonda dicotomia tra la vita privata di Mussolini caratterizzata da dialoghi brevissimi e sussurrati tra i due amanti, magnifica la scena del bacio con mano insanguinata che prelude allo svolgersi tragico della storia come l'incipit di Alba tragica di Marcel Carné e la vita pubblica del duce che incontriamo mentre dimostra che dio non esiste e vive in trincea, urlando a squarciagola. Ciò che mantiene insieme i pezzi è la veemenza, presente sia nei momenti di intimità che in quelli di piazza, esaltata da una recitazione forzata e sopra le righe di entrambi gli attori protagonisti. Lo scorrere del racconto trasforma il duce nell'animale da balcone che tutti conosciamo e che vediamo negli spezzoni dei cinegiornali d'epoca inseriti tra le immagini del film, e Ida Dalser nella donna determinata a dire la verità sulla relazione che la lega al duce, per proteggere innanzitutto il figlio, e poi se stessa, dall'oblio. E anche qui il denaro dei contribuenti entra in gioco, infatti la Dalser era seguita giorno e notte dalla polizia dal momento che non perdeva occasione di affermare di essere la legittima moglie del duce e madre del suo erede maschio. Dopo le nozze religiose, che hanno seguito quelle civili a qualche anno di distanza, con Rachele Guidi, Mussolini ha mantenuto lontana da sé la Dalser in ogni modo, tentando di farla internare in manicomio e riuscendoci solo dopo essere diventato dittatore d'Italia. Pare che Marco Bellocchio sia venuto a conoscenza di questa storia guardando il documentario realizzato da Fabrizio Laurenti e Gianfranco Norelli dal titolo Il segreto di Mussolini mandato in onda da Rai Tre. Di questo documentario parla Sergio Luzatto in un articolo sul Corriere.
La seconda parte del film, da quando cioè Mussolini si palesa per quello che è ovvero un uomo che mira all'autoaffermazione senza seguire nessun ideale, cambia decisamente tono: la protagonista assoluta è Giovanna Mezzogiorno che ora parla e grida, mentre al cospetto di Mussolini praticamente non apriva bocca e manteneva uno sguardo di estatico rapimento. Si trasforma in una malinconica figura femminile che pensa di essere ascoltata da papi, cardinali, vescovi e alte cariche dello Stato solo perché scrive loro infinite lettere, ma anche in performer che incrocia la strada dei più stretti collaboratori di Mussolini per dimostrare loro che vive ancora, che esiste e che finché sarà viva continuerà ad affermare la sua verità. La veemenza e la forza vitale espresse dalla donna sono ben sottolineate dalla svolta registica che utilizza lo stile della nouvelle vague in più di un'occasione fino a scoprirsi nello sguardo che il personaggio rivolge direttamente in macchina, ma anche nel colloquio sostenuto dalla donna di fronte ad una commissione che ricorda da vicino quello di Antoine Doinel ne I 400 colpi. Lo stile recitativo della Mezzogiorno si trasforma anch'esso, reggendo gli sbalzi d'umore, i cambi di strategia di Ida Dalser mossa da una disperazione tenuta a bada dall'amore verso il figlio che le dà la forza di vivere. Qual è poi l'unica consolazione della Dalser, prima e durante la reclusione in manicomio? Il cinema. Guarda un po'.
Ricorrono inoltre alcuni momenti già messi in scena nel bellissimo L'ora di religione: il duello e la richiesta esplicita di spiegazione di un sorriso. Lì si diceva che i genitori vanno ammazzati (in senso metaforico) per poter evolvere, che le scelte individuali vanno portate avanti alla faccia delle generazioni precedenti per non restare invischiati nella melma conservatrice. Il papà-duce è stato ammazzato (in senso fisico), ma le sue propaggini no, proprio come negli horror classici, dopo che l'hanno appeso in piazzale Loreto ci dev'essere stato un momento in cui i suoi germi si sono infiltrati nell'acqua potabile milanese senza essere visti.
Il dramma messo in scena da Bellocchio decide di utilizzare una storia forte come campo su cui sperimentare alcuni stili cinematografici, una scelta interessante che gioca con lo spettatore e con la storia del cinema, oltre che con la storia italiana. Il film costruisce un personaggio femminile di cui è arduo capire il movente, non è di certo semplice immedesimarsi in una innamorata di Mussolini, e che mantiene la posizione senza smuoversi, pur modificando se stessa alla luce degli avvenimenti che si trova a dover affrontare. La drammaticità della soluzione messa in atto da uno Stato intero schierato come un solo uomo contro una donna è devastante e pone non pochi interrogativi sulle compagne di "prigionia" della Dalser e, in ultima analisi, sulla crudeltà che guida la scelta di privare un essere umano della propria libertà e del possesso sulla propria vita perché non ostacoli la vita pubblica di un potente o dell'intero corpo di polizia (come nel caso della donna di cui narrava Clint Eastwood nel suo Changeling). Ed era di certo più facile immedesimarsi e compatire la Jolie del film di Eastwood che questa appassionata donna che ha dato tutto per Mussolini, come se il suo amore potesse renderla in qualche modo complice di tutto, persino della sua tragica fine. Eppure la Dalser è stata trasformata a pieno titolo in una vittima, come lo è stato suo figlio, dallo stesso uomo a cui ha permesso di emergere, tanto che la donna conservava un colpo solo nella pistola: per il cuore del duce.
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