Un amico del regista gli racconta un sogno ricorrente che i due collegano alla prima guerra contro il Libano dell'esercito israeliano. Ari scopre di non ricordare quasi nulla e si mette a intervistare vecchi amici e indagare.
Il voto del redattore
- voto
- 5/5
- valutazione
- Attraverso il ricordo, l'ex soldato Ari Folman darà forma ai tragici eventi vissuti molti anni prima. Gli stessi che lo hanno portato alla creazione di questo film.
Il voto dei lettori
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- dal 29 02 2008
- genere Drammatico
- tipo Animazione
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Valzer con Bashir
di Ari Folman
- Dati
- Titolo originale: Waltz with Bashir
- Soggetto: Ari Folman
- Sceneggiatura: Ari Folman
- Genere: Drammatico - Animazione
- Durata: 87 min.
- Nazionalità: Israele, Germania, Francia
- Anno: 2008
- Produzione: Bridgit Folman Film Gang, Les Films d'Ici, Razor Film Produktion GmbH
- Distribuzione: Luckyred
- Data di uscita: 09 01 2009
Dalla carta alla carne in un istante di orrore.
di Antinoo
Il regista Ari Folman siede in un bar con un vecchio amico e commilitone, che non ha più visto dai tempi del conflitto in Libano del 1982. L'uomo l'ha chiamato per aiutarlo a risalire al significato di un incubo ricorrente: l'essere inseguito da 26 feroci ed onirici cani. È convinto che questo sogno abbia a che fare con la guerra combattuta insieme. In quella occasione, considerando la sua incapacità di uccidere altri soldati, viene preposto all'abbattimento dei cani che davano l'allarme fuori dai campi nemici: 26 appunto, di cui ricorda i latrati di morte e gli occhi che si spengono. Ari non capisce bene il collegamento tra il sogno e la realtà, né può essere di alcun aiuto a riguardo, semplicemente perché di tutta la vicenda non ricorda assolutamente nulla. Ha la certezza di aver partecipato al conflitto, ma non sa dire in che ruolo e per quale motivo. Comincia così, per lui stesso, un percorso a ritroso nel tentativo di risalire a quella parte di vita che pare essergli sfuggita completamente e che si manifesta all'improvviso, anche nel suo caso, nei panni di un sogno ricorrente: nudo, insieme ad altri due amici e combattenti, esce dalle acque per dirigersi verso la città, affascinato dalle luci che piovono dal cielo. Inizialmente si rivolge ad un amico analista e, grazie ai suoi consigli, decide di ritrovare le persone che con lui hanno diviso questa esperienza. Tra ricordi fraintesi e momenti onirici potenti, sottolineati ora da musiche deliranti inneggianti alla propria terra ora dalle principali hit del tempo, il protagonista alzerà il velo di carta del rimosso per incontrare una realtà di carne. E sangue.
Valzer con Bashir è un film potente, estraniante e particolarmente significativo, per la capacità di unire in maniera perfetta la tecnica di animazione usata, Flash, animazione tradizionale e 3 D insieme, alla trama della narrazione. Ari, inizialmente, ricorda poco e male, se ricorda qualcosa, di quei giorni. Mano mano che incontra i personaggi reali che hanno fatto parte di quell'esperienza apparentemente irreale, i tratti del sogno e del fantastico vengono sempre meno. Fino a scaraventare in faccia a lui e allo spettatore, che accoglie con un ammutolito silenzio le immagine che fino ad allora sono state solo suggerite, sospettate e rimandate. Un silenzio che continua anche allo scorrere dei titoli di coda. Ari Folman ci consegna una testimonianza senza fronzoli o retorica dei fatti del massacro di Sabra e Shatila, vissuti da lui in maniera assolutamente passiva e, allo stesso modo, relegati in un luogo accessibile dell'inconscio. Un reportage di guerra inedito e subliminale ma, per lo stesso motivo, ancor più capace di coinvolgere la coscienza di chi lo segue con gli occhi nel suo svolgersi, quasi fosse un tentativo ottimamente riuscito di terapia analitica collettiva.
Il protagonista è un soldato semplice, nemmeno troppo convinto dei motivi che lo spingono ad arruolarsi e degli accadimenti che si susseguono nei mesi di guerra. Allo stesso modo, le immagini appaiono estranianti e rarefatte, fino a quando la guerra non lo investe con tutto il suo peso. Evidentemente insopportabile. Tante, forse tutte, le scene memorabili, dalla fuga di un soldato attraverso il mare alla strage dei cavalli arabi, fino al culmine dell'episodio che dà il nome al film: un soldato che, da solo, riesce a uccidere tutti i cecchini barricati nei palazzi circostanti, danzando letteralmente con un fucile in mano sotto gli occhi di un poster di Bashir Gemayel, politico libanese ucciso nel 1982 e che si voleva fermamente vendicare. Da questo feroce sentimento, secondo l'autore, la decisione dei falangisti cristiani di attuare il massacro di Sabra e Shatila, senza che nessuno muova un dito. Dai soldati israeliani, che potevano intuire ma non lo fecero, ad Ariel Sharon, allora Ministro della Difesa: che, vi ricordo, non è stato processato per crimini contro l'umanità, solo perché il testimone chiave dell'accusa è stato assassinato.
Un film desolante, che non vuol lanciare nuovi atti d'accusa o additare responsabilità a posteriori, ma che mostra come il ricordo e la memoria, alla maniera ebraica, siano l'unico modo per dare un senso alla storia: individuale ed universale. Possibilmente, Oscar compreso.
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