Una Roma caotica fa da scenario alle ultime ore che precedono un fatto di cronaca vissute dai numerosi personaggi coinvolti. Ozpetek adatta la Mazzucco.
Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- Un Ferzan Opzetek insolitamente nero, tinge dello stesso colore le sensazioni di chi guarda.
Il voto dei lettori
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- di Nicolo Donato
- dal 02 07 2010
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Papupop
- di Francis Ford Coppola
- dal 20 11 2009
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Antinoo
- di Marc Forster
- dal 28 03 2008
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
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- dal 30 10 2009
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
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- A favore La violenza della psicoanalisi
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Un giorno perfetto
di Ferzan Ozpetek
- Dati
- Titolo originale: Un giorno perfetto
- Soggetto: Melania Mazzucco (romanzo)
- Sceneggiatura: Sandro Petraglia
- Genere: Drammatico - Psicologico
- Durata: 105 min.
- Nazionalità: Italia
- Anno: 2008
- Produzione: Fandango, Rai Cinema
- Distribuzione: 01 Distribution
- Data di uscita: 05 09 2008
Un giorno perfetto. Per cosa?
di Antinoo
Emma (Isabella Ferrari) e Antonio (Valerio Mastandrea) sono separati da circa un anno. Lui, poliziotto tutto d'un pezzo e caposcorta di un importante uomo politico, non ha mai accettato la separazione dalla bella moglie, decisa, invece, a tenerlo fuori dalla propria vita. Emma fa di tutto per tenersene lontana, anche lavorare presso un call center o tornare dalla madre Adriana (Stefania Sandrelli) insieme ai due figli, Valentina (Nicole Murgia) e Kevin (Gabriele Paolino). Intorno a loro, in una Roma per una volta meno decorativa e accogliente, anzi fredda, scenografica ed impermeabile alle storie che vi si aggirano, le vicende dell'onorevole Elio Fioravanti (Valerio Binasco), datore di lavoro di Antonio, con la sua sposa bambina, Maja (Nicole Grimaudo), rinchiusa nella gabbia dorata dell'apparenza che il suo ruolo di donna pubblica impone, e padre di Aris (Federico Costantini), un giovane problematico con l'ossessione della madre morta suicida. Tra tutti, incrociati via via che la storia si dipana, Silvana (Angela Finocchiaro): presenza sfuggente e attenta, che assiste con enormi occhi azzurri al giorno perfetto.
Ferzan Ozpetek si distanzia notevolmente dal suo solito racconto corale, evidentemente perché il film è tratto dall'omonimo libro di Melania Mazzucco, mostrandoCi una storia di violenza quotidiana che gioca sporco sin dalla prima immagine: la locandina. Una foto all'apparenza serena, come quel giorno perfetto che non arriverà mai. E la bellissima sequenza che accompagna i titoli di testa e che Ci introduce in una casa durante la notte. Fuori c'è un violentissimo temporale. Dentro, tutto tace, e lo spettatore, in punta di piedi e senza far rumore, spia le stanze chi di dorme, o fa finta di. L'incipit è formidabile: due agenti in divisa vengono chiamati da chi ha sentito un rumore di spari venire dall'altra parte del pianerottolo, ma non vuol parlare. È solo una certa intimità che il comune dialetto del Sud può esercitare, assieme all'autorevolezza dell'uomo sulla donna, a permettere di avere qualche informazione in più. Ozpetek, come ho già detto, gioca sporco. Il resto è flashback, con sguardi lunghi, sul giorno precedente. Perfetto.
Ho preso tanto tempo per finire questa recensione perché, a prescindere dalla qualità delle sue opere, come sempre i film di questo regista Mi risultano difficili da elaborare: prima arriva l'impressione, la sensazione, l'attacco emotivo. Solo dopo, a volte molto dopo, giunge la capacità di parlarne articolatamente. Del resto, non è che una narrazione quasi documentaristica: viene quasi da chiedersi perché narrare il disagio matrimoniale di una coppia che si separa. Una risposta è, ad esempio, nel non schierarsi di chi gira e di chi guarda: Antonio, pur non reso eccellentemente da Mastrandrea che non regge la giusta intonazione per parecchi momenti del film, non è un uomo orribile, gratuitamente violento o detestabile. Nei racconti di Emma la sua irruenza, unita a una vera e propria adorazione, è ciò che l'ha conquistata. Emma, di contro, non è una vittima inconsapevole o ripiegata su se stessa, ma una donna che ha sopportato di tutto e, proprio per questo, rivendica fieramente il proprio diritto a sentirsi nuovamente viva: non ha più nulla da perdere. O questo è quello che lei crede. Un personaggio questo reso meravigliosamente da una splendida Isabella Ferrari, che ha saputo trovare il giusto equilibrio tra la sua idea di Emma e quella del regista, come dichiara lei stessa con un messaggio inviatogli per ottenere la parte: "Emma è un ibrido, incolta e colta di esperienze, pingue ma col corpo elastico, Emma sono io".
Un ritratto di donna memorabile. Assieme a quello creato dal regista, perché nel libro in realtà è un uomo omosessuale, ma questa volta Ozpetek ha deciso di non farne comparire alcuno, con Mara (una intensissima ed evocativa Monica Guerritore), insegnante di Valentina, che condivide una notte girovaga e inaspettatamente libera per entrambe: piantata in asso dall'amante, scoprirà una rara comunanza tra donne. Tutte e due belle: l'una semplice e dai modi informali, caratterizzata di un fascino popolare ed eccessivo, temuto dalla figlia, invidiato dalle sue amichette, l'altra elegante, cortesemente distaccata eppure dotata di grande sensibilità ed intuito, per questo ancor più discreta nel suo bisogno di non essere lasciata sola. Un momento di vicinanza totale e gratuita, capace solo tra chi si conosce appena o per caso. Un istante che non rinuncia ad un attimo di seduzione, forse eco sbiadita di quel personaggio omosessuale rimosso. Personalità così lontane dalle capacità recitative di Nicole Grimaudo, distante dalle doti espressive che Ozpetek era riuscito a tirare fuori da Ambra Angiolini in Saturno Contro, a testimoniare come non sia un riesumatore di talenti di Non è la Rai. Il personaggio di Maja non riesce a comunicare nulla: la desolante solitudine, l'altalena emotiva tra il desiderare una vita di agi e ricchezza, coronata da un bambino che sta oramai per arrivare e garantita dal marito padrone, e la tentazione della mente capace di slanci emotivi ed artistici, tormentata e affascinante di Aris, il figliastro.
Ed un finale in cui persino il crossover con La Marcia dei Pinguini e la voce narrante di Fiorello (Prima scelta di Ozpetek per quanto riguardava il ruolo di Antonio, forse per questo inserito in maniera subliminale) riescono a divenire disturbante presagio. E l'apparzione di Serra Yilmaz, attrice feticcio qui gelataia, con un solo sguardo apre la scena al tema dell'intuizione femminile. La stessa che, con Silvana, salverà una vita. E che, presso Emma, non servirà a nulla.
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