Il voto del redattore
- voto
- 2.5/5
- valutazione
- Dieci anni fa l'avremmo apprezzato molto di più.
Il voto dei lettori
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- senza voto
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- Questo film è stato votato da 0 lettori
- di Neil Marshall
- dal
- genere Fantastico
- tipo Horror
- Lucio Carbonelli
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
Il Diario dei Morti Viventi
di George A. Romero
- Dati
- Titolo originale: The Diary of The Dead
- Soggetto: George A. Romero
- Sceneggiatura:
- Genere: Fantastico - Horror
- Durata: 93 min.
- Nazionalità:
- Anno: 2008
- Produzione:
- Distribuzione:
- Data di uscita: 00 00 0000
Il social network dei morti viventi
di Stefano Tirelli
La saga dei vari "qualcosa dei morti viventi" non è ancora finita: il nuovo episodio si chiama Diary of the Dead. Il film non coinvolge nessuna major ed è una produzione quasi autonoma di Romero il che costituisce una buona base per liberare la creatività del regista. Il film si colloca come un prequel/spinoff della saga, infatti narra eventi che accadono durante la prima esplosione dell'epidemia dei morti viventi, ma è ambientato ai giorni nostri. Dei ragazzi universitari stanno girando un film horror insieme al loro professore quando i telegiornali iniziano a diffondere notizie di morti che si rianimano per mangiarsi i vivi. Da qui in poi i ragazzi e l'improbabile professore patrocinante scapperanno dal pericolo più o meno senza una meta, cercando di evitare di venire mangiati.
La chiave del film risiede nella tecnica di narrazione. Uno dei ragazzi interpreta la parte del fanatico della documentazione e per questo riprende forzatamente ogni cosa con la propria telecamera e con alcune telecamere trovate per la via. La premessa del film è quindi che noi stiamo vedendo un montaggio del materiale girato dal ragazzo insieme a quello recuperato durante la fuga da telecamere di sorveglianza, nastri provvidenzialmente rinvenuti, telefoni cellulari, eccetera. Il risultato è quindi più godibile e vario dello stile Blair Witch Project, complice il fatto che il regista ha pensato bene di risparmiarci l'immagine sgranata e di bassa qualità.
Il secondo elemento chiave è l'attualizzazione del contesto. Il pretesto della documentazione delle vicenda vive in funzione del dovere di cronaca che sente il protagonista e che realizza in modo immediato attraverso i "nuovi" mezzi di comunicazione di internet che compaiono a più riprese nel film e costituiscono una sorta di fil rouge che tiene insieme gli eventi. Se da un lato Romero inserisce questi elementi di modernità, dall'altro gli zombie sono i più antichi possibili, quelli lenti e stupidi dei primi film, non usano armi né mostrano l'intelligenza di Land of the Dead. Non manca, poi, la solita critica sociale, anche se qui rimane, purtroppo, molto terra a terra.
Sembra proprio che Romero abbia fatto un film come piaceva a lui, divertendosi e sperimentando con espedienti per lui nuovi, benchè non originali. Il risultato non è completamente da buttare. Purtroppo per apprezzarlo bisogna passare sopra a molti, forse troppi, cliché degli horror: la ragazza che fugge in direzione sbagliata, la forzatissima battuta sagace, i colpi di scena telefonati. Il più grosso difetto, però, è l'interpretazione degli attori, mediocre se non insoddisfacente, che pone una grossa tara alla riuscita di un esperimento che per la tecnica registica utilizzata dipende in grandissima parte dalla capacità della recitazione di coinvolgere lo spettatore.
Tra gli aspetti positivi, invece, ci sono la tecnica e l'ambientazione che portano una ventata di rinnovamento al pretesto, ormai drammaticamente anziano, dell'invasione dei morti viventi. Lode al coraggio di Romero nel voler continuare a lavorare con lo stesso soggetto da ormai cinquant'anni. Indulgenza o no, non possiamo però dimenticare che ci sono già diversi esempi di film horror che utilizzano in modo molto più efficace quelli che soltanto per Romero sono elementi di "novità". Si possono citare REC di J. Balaguerò per le riprese in soggettiva, The Call di T. Miike per le nuove tecnologie o altre mediocri produzioni americane (Pulse, Paura .com, etc). E' però con l'opera di Balaguerò che il confronto risulta più pesante. L'efficacia della sua implementazione del pretesto della telecamera all'interno della narrazione fa letteralmente impallidire il film di Romero. Ma se si amano il soggetto e il regista, si può pure chiudere un occhio e mezzo.
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