Andy e Hank sono due fratelli provenienti da una famiglia piccolo-borghese che si trovano alle prese con diversi problemi economici. Uno, dirigente di una grande azienda immobiliare di New York, riesce a mantenere un alto te

nore di vita e il dispendioso vizio della droga soltanto attingendo alle casse della società, il più giovane invece è con l'acqua alla gola per il pagamento degli alimenti arretrati alla ex moglie e per la triste abitudine di ubriacarsi. La necessità si fa poi sempre più pressante quando la società nella quale lavora Andy sta per essere oggetto di un'accurata revisione contabile, e lui, responsabile del settore finanziario, finirà certamente nei guai per aver truccato i conti, mentre Hank non riesce neanche a coprire le spese per concedere alla figlia piccola un week-end da passare con le amiche di scuola. Andy escogita allora un piano che dovrebbe risolvere tutti i loro problemi: Hank rapinerà la gioielleria dei genitori la mattina presto quando in negozio c'è solo la commessa addetta all'apertura. Mamma e papà intascheranno i soldi dell'assicurazione senza mai sapere di essere stati rapinati dai propri figli, i due fratelli venderanno i gioielli rubati e nessuno ci rimetterà. Ma Hank, spaventato dall'idea di commettere il furto da solo, ingaggia un ladro che vede spesso al pub, il quale commetterà la rapina al posto suo mentre lui lo attenderà in macchin

a. Ma ogni dettaglio, nel giorno della rapina, va per il verso sbagliato, e da quel momento anche le vite dei due fratelli andranno a poco a poco in fumo, polverizzate dalle loro stesse bugie, dall'emergere di atroci segreti e dalle conseguenze devastanti delle loro azioni.
Andy ed Hank, ovvero la colpa di essere due falliti, due che non riescono mai a stare al passo con la vita che sembra esigere sempre di più rispetto a ciò che loro possono offrire. Due fratelli totalmente diversi nell'aspetto e nel carattere, ma uguali nelle inadempienze, nell'incapacità di addossarsi le proprie responsabilità; i due non sopportano più il peso di tutto ciò che li circonda, sempre in difetto, sempre alla ricerca di respiro in una quotidianità che li affoga con le sue scadenze, il suo ritmo insostenibile. E l'unica via di fuga che trovano non può essere nient'altro che l'ennesimo bluff, un trucco che comporta ingannare la loro famiglia e loro stessi perchè più di questo non sono grado di fare: una sorta di "banalità del male". Il dramma familiare, dopo l'evento scatenante, denuda a poco a poco i due protagonisti scritti magistralmente e con piglio Shakespeariano, li svela in tutta la loro debolezza fino a spezzarli. E ogni cosa che appare
sa di vero: la periferia newyorkese, gli interni spenti, gli squallidi rituali dell'alcool e della droga. Hoffmann e Hawke offrono due prove straordinarie e complementari, prima incoscenti carnefici poi piagnucolose vittime che si disperano, vanno incontro al loro destino goffi, incauti, violenti. Il titolo italiano, una volta tanto manomesso con cognizione di causa dai traduttori nostrani, rimanda ad un che di evangelico, grava sulla coscienza dei due protagonisti come la proiezione reiterata dell'ennesimo fallimento più che come un monito; ciò che infatti entrambi rincorrono e rimpiangono con maggiore disperazione è l'equilibrio negli affetti, nella famiglia appunto.
Sidney Lumet, grande vecchio del cinema che nella sua carriera ha ottenuto negli anni decine di candidature all'Oscar, ci regala con stile "classico", schietto, sobrio e incredibilmente autentico, una delle più belle pellicole della stagione. E' una storia che si propaga nel suo inesorabile grigiore come una macchia d'olio , un meccanismo narrativo perfetto che si srotola poco alla volta, ogni evento viene raccontato da più prospettive e lo spettatore è posto al centro di un'angosciante progressione verso l'ineluttabile annullamento finale. Un thriller familiare plumbeo, convulso, forte di grandi interpretazioni e di una scrittura perfetta, lontano anni luce dai ritmi e dalle forme londinesi di Woody Allen.