Il voto del redattore
- voto
- 3.5/5
- valutazione
- Un bel film tutto silenzi e sguardi, appesantito però da uno sfoggio stilistico troppo esibito
Il voto dei lettori
- voto medio
- 3.7/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 27 lettori
- di Nicolo Donato
- dal 02 07 2010
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Papupop
- di Francis Ford Coppola
- dal 20 11 2009
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Antinoo
- di Marc Forster
- dal 28 03 2008
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Elena De Dominicis
- di Michael Haneke
- dal 30 10 2009
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Severino Faccin
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
Le conseguenze dell'amore
di Paolo Sorrentino
- Dati
- Titolo originale: Le conseguenze dell'amore
- Soggetto: Paolo Sorrentino
- Sceneggiatura: Paolo Sorrentino
- Genere: Drammatico - Psicologico
- Durata: 100 min.
- Nazionalità: Italia
- Anno: 2003
- Produzione: Fandango, Indigo Film, Medusa
- Distribuzione: Medusa
- Data di uscita: 00 00 0000
Le conseguenze dell'aggiungere
di Simone Braguglia
Il problema del secondo film. Capita spesso, per non dire sempre, che dopo un folgorante ed applaudito esordio un regista sia costretto a fare i conti con il non semplice compito della riconferma, del secondo film appunto. E non sempre riesce a ripetersi.
Con "L'uomo in più" (2001), infatti, Paolo Sorrentino aveva debuttato in modo sorprendente, riuscendo ad unire ad una ambiziosa e notevole forma tecnica anche una sostanza comunque fortemente presente. Oggi, con una produzione più ricca e sopratutto presente alle spalle, stenta a confermare tutto quello che di buono s'era percepito nel suo cinema.
In questo "Le conseguenze dell'amore" raccontando le vicende di Titta Di Girolamo, il sempre bravo Toni Servillo, un ex commercialista truffaldino confinato da molti anni per punizione dalla mafia in un albergo del Canton Ticino, ambisce a fare una più ampia riflessione sull'amicizia, la solitudine e sul tentare di vedere il mondo attraverso altri occhi, quelli dell'amore appunto.
Il film vive su due livelli piuttosto differenti, uno contenutistico ed uno visivo. Se il primo è ottimamente incanalato da Sorrentino verso un cinema fatto tutto in sottrazione, il secondo è invece troppo dichiaratamente presente e ad effetto.
Il dichiarato senso di spaesamento e solitudine è, infatti, ben reso dalla recitazione molto controllata di Servillo, dagli scarni ma efficaci dialoghi e da un alludere tutto fatto di sguardi e silenzi. La claustrofobia e la solitudine degli interni dell'albergo sono usate quindi per spiegare molto più di tanti inutili dialoghi ed il senso di morte, sia fisica che civile, incombe poi, senza mai essere asfissiante, fin dall'inizio sul protagonista e sulla sua triste vita ormai da altri forzatamente nascosta. Questo continuo sottrarre sembra poi ad un certo punto voler assorbire anche i corpi e le esistenze dei personaggi stessi, Titta Di Girolamo in testa, fino quasi a far prevalere gli spazi chiusi sulle persone, riuscendo così nel non facile compito di comunicare agli spettatori, non attraverso quindi le banali e troppo dichiarate parole, il senso di solitudine e d'inadeguatezza di quest'uomo. La varia umanità che contorna il protagonista e con lui popola questi spazi è usata di volta in volta come possibile contraltare dello stesso. C'è quindi accanto a lui l'anziana coppia di ex aristocratici caduti in disgrazia, la troppo macchiettistica e decisamente inutile figura del fratello hippie (svogliatamente interpretato da Adriano Giannini) e soprattutto la cameriera (Olivia Magnani), che farà vacillare la sua granitica scorza di uomo scontroso e burbero e che per lei avrà alla fine il suo atto di ribellione ed orgoglio. Come dire, se per anni ha riciclato soldi, ora vorrebbe riciclare e ripulire la sua vita ed a modo suo, pur pagando un prezzo altissimo, ci riesce.
Come detto, ad un riuscito livello contenutistico, recitativo e scenografico, Sorrentino non sempre è stato capace d'abbinare nel film un altrettanto valido livello visivo. La precedente e benemerita opera di sottrazione sembra invece che a livello di sfoggio stlistico si trasformi in una continua ed inopportuna voglia di aggiungere, di spiegare troppo attraverso degli inutili e barocchi espedienti tecnici. Ecco, quindi, che continui carrelli e dolly fanno vorticare la macchina da presa sopra ed attorno al protagonista, quasi a voler ulteriormente sottolineare quanto appena detto e fatto intuire dalla sommessa recitazione. Un montaggio, poi, in alcune sequenze quasi da videoclip ed una musica, decisamente bella, ma altrettanto inopportuna ed invadente rendono spesso l'aspetto visivo molto più incline alla forma che invece funzionale alla sostanza. Il film, inoltre, avvalendosi della fotografia del bravissimo Luca Bigazzi, ci mostra degli interni dai colori lividi ed asettici, forse anche questi eccessivamente ragionati ed artificiali, che se uniti poi alla messa in scena fatta da inquadrature sempre più sghembe e da prospettive tra le più assurde ci danno il senso d'un lavoro eccessivamente stilistico-celebrale; difetto questo riscontrato in maniera ancora più evidente anche in "Primo Amore", il recente film di Matteo Garrone, guarda caso tutti e due aventi la stessa casa di produzione.
Lo scarto tra i due livelli finisce così per penalizzare il film ma, se Sorrentino saprà in futuro affiancare alla sua indubbia capacità di scrittura, e di direzione degli attori, anche una resa visiva meno da sfoggio ma più organica, riuscirà ad essere quel qualcosa di differente e valido che da anni aspettavamo nel nostro cinema, poichè anche così, con i difetti sopra detti, sembra essere decisamente molte spanne sopra i suoi giovani e -ahimè- modestissimi colleghi.
I lettori hanno scritto 7 commenti
- commento bello, personaggi a volte fiacchi (i giocatori di poker), altre stereotipati (mafiosi degni di jhonny Stecchino). Ultimi 20 minuti lavorazione frettolosa
- indirizzo IP 82.59.180.109
- data e ora Giovedì 11 Gennaio 2007 [16:44]
- commento grandissimo toni servillo!
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