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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Locandina
 
 
 
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Trama

La San Pietroburgo del 1860 fa da scenario alle vicende di Dostoevskij e ai suoi scritti.

 
 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 3/5
  • valutazione
  • Un film deludente.
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 4/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 1 lettore
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Info

I demoni di San Pietroburgo

di Giuliano Montaldo

 
    Dati
  • Titolo originale: I demoni di San Pietroburgo
  • Soggetto: Paolo Serbandini
  • Sceneggiatura: Paolo Serbandini, Monica Zapelli, Giuliano Montaldo
  • Genere: Drammatico - Biografico
  • Durata: 110 min.
     
  • Nazionalità: Italia
  • Anno: 2007
  • Produzione: Jean Vigo Italia, Rai Cinema
  • Distribuzione: 01 Distribution
  • Data di uscita: 22 02 2008
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Si fa presto a dire Russia

di Elena De Dominicis

Dostoevskij sta scrivendo Il giocatore grazie a una nuova tecnica, la stenografia e durante il giorno detta il romanzo alla sua assistente Anna (Carolina Crescentini) che poi diventerà sua moglie. Viene a sapere da un terrorista internato in un manicomio che presto ci sarà un attentato ad un membro della famiglia imperiale e che una certa giovane Aleksandra sta coordinando tutto. Nonostante lo scrittore sia vessato dai creditori e abbia soventi attacchi di epilessia, continua nella sua ricerca chiedendo aiuto a un'amica nobile (Sandra Ceccarelli) che ha una figlia ventenne (Anita Caprioli). Il film parte da un' idea di Andrei Konchalovsky, fratello di Nikita Michalkov, continuando la tradizione di famiglia che vede i due grandi cineasti russi rinsaldare il loro amore (corrisposto) per l'Italia e col nostro pubblico, ma non basta suggerire un soggetto.

Il film si sviluppa attraverso la sequenza temporale del flashback che generalmente riesce a catturare l'attenzione dello spettatore, ma ogni regola ha le sue eccezioni, si sa. Il film porta avanti l'azione stancamente, la fotografia monotona, dal timbro quasi metallico non rende l'idea di forza, di spettacolarità, purezza d'immagini, soluzioni registiche di alto spessore artistico alle quali siamo abituati quando si tratta di grande cinema russo. Certo qualche omaggio all'iconografia russa c'è, come per esempio alcune inquadrature con luci di taglio sul viso di Miki Manojlovich, contestualizzate in un ambiente molto scuro, ricordano molto le immagini sacre illuminate dai lumini appese delle chiese ortodosse. A parte poche scene non c'è molto dinamismo e un film ambientato in Russia dovrebbe godere di campi lunghi se non addirittura lunghissimi proprio per dare l'idea di maestosità di questo paese immenso non solo geograficamente ma anche per peso culturale e storico sull'intera umanità.

Prodotto da RaiCinema e pensato per uno schermo "di casa", il film si presenta come una spy story intellettualoide, dove il grande scrittore si improvvisa salvatore della patria che lui stesso critica e mette in discussione, ma che poco convince. Forse se ci fossero stati attori più credibili l'operazione sarebbe riuscita, ma a parte Manojlovich, bravissimo anche se ben poco somigliante al Dostoevskij vero, gli altri attori, soprattutto le donne non reggono. Se non fosse per le riprese in esterno girate a San Pietroburgo e Tsarkoe Selo, la vicenda potrebbe essere molto più credibilmente ambientata nella Roma del periodo risorgimentale: accento romanesco imperante tra tutte le attrici, per di più inespressive, si salva un po' la cameriera dello scrittore, personaggio un po' più accattivante, ma che ricorda tanto le nonne di Verdone più che le proverbiali babushke. Urge un corso di dizione, nonché un vocal coach, per la Ceccarelli, che anche se ha una piccola parte risulta decisamente irritante, lo stesso per la Crescentini, che si salva se non altro perché ha un viso angelico che potrebbe risultare appropriato e verosimile. Già meglio la Caprioli, ma siamo ben lontani dall'eccellenza richiesta da un attore di rango.

Ritengo che questo sia un film che ha un buon intento nella diffusione di un messaggio antiterroristico e di rispetto per le istituzioni e per la vita in generale. Ma la Russia è un paese enorme, con mille sfaccettature, una cultura abbastanza giovane ma che è riuscita a diventare uno dei capisaldi dell'umanità. Non basta eleggere un'aquila (citando lo stemma della Russia) a simbolo di un ideale. Trattare l'argomento Russia vuol dire mettere piede in un campo minato, dove l'errore non è nemmeno dietro l'angolo ma sta lì davanti col fucile spianato, e le cadute sono praticamente inevitabili. Non solo a livello culturale ma anche e soprattutto quando si fa cinema, e si deve parlare di questa nazione, il rischio di fare la figura del turista presenta una possibilità prossima all'inevitabile. Si possono esprimere delle opinioni su questo paese, ci mancherebbe, ma portare la Russia al cinema dovrebbe essere un privilegio riservato solo ai registi di quell'area: sono gli unici in grado di rendere anche le minime sfumature che fanno giustizia al loro modo di pensare e di essere, e anche se è vero che molte opere sono eterne ed universali è anche vero che nessuno è in grado di descrivere casa propria meglio di chi ci vive e la ama. Non c'è orgoglio in questo film, non si coglie l'anima russa, ci sarebbero voluti almeno un regista o degli attori russi.

 
 
 
 
 
 
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