Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- anni luce dalla deidascalie, mano leggera e raffinatezza
Il voto dei lettori
- voto medio
- 1.8/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 54 lettori
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- tipo Psicologico
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02 11 2013
Le chiavi di casa
di Gianni Amelio
- Dati
- Titolo originale: Le chiavi di casa
- Soggetto: Giuseppe Pontiggia (romanzo)
- Sceneggiatura: Gianni Amelio, Sandro Petraglia, Stefano Rulli
- Genere: Drammatico - Psicologico
- Durata: 105'
- Nazionalità: Italia, Francia, Germania
- Anno: 2004
- Produzione: Enzo Porcelli
- Distribuzione: 01 Distribution
- Data di uscita: 00 00 0000
Recensione pubblicata il 23 09 2004
Questa recensione è stata letta 24130 volte
Ritratto di famiglia.
di Sara Troilo
Cio' che contraddistingue una famiglia, spesso, e' il condividere la stessa casa, i ragazzini capiscono di essere cresciuti quando vengono dotati di chiavi di casa. Gesto di responsabilizzazione quello della consegna delle chiavi e momento solenne. Il protagonista del film di Amelio lo sa bene e sa anche che cosa significa poter decidere di tornare a casa propria quando se ne ha voglia, quando si decide che quello che hai affrontato per quel giorno e' abbastanza. E allora basta, allora puoi dirlo, basta, devo tornare a casa, ho tante cose da fare e poi le elenchi e te ne puoi andare sul serio, sì e hai davvero un posto in cui tornare. Hai le chiavi. Amelio torna a filmare ragazzini e anche stavolta lo fa nel segno del piu' totale rispetto per chi e' davanti alla macchina da presa. Nessuna traccia di scelte registiche forzate o prevaricanti, solo stimoli che ottengono grandi risultati. Andrea Rossi e' Paolo, ragazzo con un handicap fisico, Kim Rossi Stuart e' Gianni, suo padre. I due si incontrano per la prima volta nell'incipit del film, sul treno per la Germania, entrambi hanno un'altra famiglia, hanno mazzi di chiavi diversi. Il treno e' in movimento, i passi dei due sono incerti, vacillanti (piu' del solito), il primo incontro rumoroso, commentato dal game boy del ragazzo chino a giocare sul tavolo del vagone ristornate del treno. La prima reazione e' anche la piu' comune: l'imbarazzo del padre. Quello che ci fa scoprire in seguito il film si allontana progressivamente da cio' che e' connotato come "comune" per mostrarci da vicino un rimosso tuttora piuttosto forte e cioe' la vita dei genitori di figli handicappati, legata a filo doppio a chi non raggiungera' mai l'autonomia. I tempi della narrazione sono dilatati in modo da tratteggiare una condizione che non ha speranze di risoluzione, se si escludono quelle drammatiche. C'e' un personaggio che fa da contraltare a Gianni e Paolo, piuttosto spaesati. Lei si chiama Nicole (Charlotte Rampling), madre di una ragazza handicappata e con un'esperienza tale da aver sviluppato un certo cinismo. Nicole supporta Gianni, ma non gli nasconde che la scelta di stare vicino al proprio figlio e' una scelta durissima e che puo' portare ad invocarne la morte. C'e' un terzo personaggio che condivide con Nicole e Gianni il medesimo destino: Giuseppe Pontiggia, autore del romanzo Nati due volte cui Amelio si e' ispirato per realizzare questo film. La scelta di inserire il romanzo come elemento diegetico e' un bell'omaggio all'autore che a sua volta si fa sostegno per i due genitori protagonisti di questa storia filmata. La bravura di Amelio sta nel bilanciare gli elementi di grande impatto emotivo come la lunga camminata di Paolo all'ospedale, incalzato dalle urla dell'infermiera tedesca con momenti successivi di sdrammatizzazione dell'evento. Il regista tratta gli spettatori come fa Gianni col proprio figlio, in quel momento, li aiuta a superare il trauma semplicemente facendo il verso all'infermiera. Di nuovo, analogamente con l'andamento del treno dell'incipit, il rapporto tra padre e figlio subisce accelerazioni e rallentamenti, a ricordarci che entrambi hanno case diverse in citta' diverse e vite diverse, a volte quasi inconcepibili per l'altro "Di che colore ce li ha i capelli tua moglie? Biondi o castani?" "Rossi.", una risposta che Paolo non aveva previsto stigmatizza tutto un mondo non condiviso tra i due. Amelio ha la mano delicata, con finezze come questa ci lascia li' con una gran voglia di piangere e con una specie di sottile vergogna per i momenti in cui davvero sembra che non sia piu' possibile continuare a guardare. Invece non si piange, si continua a guardare e si ha un'unica, netta sensazione: questo rapporto e' fragilissimo e nessuno dei due e' equipaggiato a sostenerlo, l'impotenza cresce con la voglia di rinfrancarlo, il contrasto permane e nessuna componente ha la meglio. Le chiavi di casa del titolo sono quelle che fanno in modo che lo spettatore intuisca l'impossibilita' tragica di entrare nella vita di un altro con la propria cosi' ingombrante. "ma a casa tua, ci posso veni' con le chiavi mie?"
chiede Paolo a Gianni.
I lettori hanno scritto 42 commenti
- commento Rettifica: (xenofobo) non c'entra niente ma faccio molta fatica a distinguere tra le varie forme di razzismo supponente...
- commento Anche il riferimento al nazismo temo sia esagerato. Di certo la scelta dei termini nn sarà stata la migliore o la più sensibile ma da qui alla volontà di sterminio ce ne passa.
- commento la scelta dei termini e' stata la peggiore e la meno sensibile, senza ombra di dubbio. La selezione della razza aleggia.
- commento Io credo che le parole siano tremendamente importanti e che vadano usate con estrema cautela. Per questa ragione è d'uopo non fare mai lo stesso errore di chi parla a vanvera...
- commento per eccesso di zelo e troppa enfasi.
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