Il voto del redattore
- voto
- 3.5/5
- valutazione
- Il racconto disarmante e inconsulto di una donna al di fuori di ogni sospetto.
Il voto dei lettori
- voto medio
- 4.2/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 10 lettori
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
Il segreto di Vera Drake
di Mike Leigh
- Dati
- Titolo originale: Vera Drake
- Soggetto: Mike Leigh
- Sceneggiatura: Mike Leigh
- Genere: Drammatico - Sociale
- Durata: 125 min.
- Nazionalità: Gran Bretagna
- Anno: 2004
- Produzione: Thin Man Films, StudioCanal, altri
- Distribuzione: BIM
- Data di uscita: 00 00 0000
Casa dolce casa
di Laura De Gregorio
Dopo la querelle giornalistica sulla mancata incoronazione di Amelio, memore degli inaspettati fasti veneziani, forte del clamoroso smacco a Cannes -che lo aveva tagliato fuori- trionfatore assoluto che replica il favore presso l'illustre giuria con un secondo, prestigioso riconoscimento -tanto da sollevare polemiche sull'insolita scelta di assegnare la Coppa Volpi al film già premiato con il Leone d'oro- Vera Drake dal Lido sbarca a Roma - in attesa dell'uscita in Italia fissata per il 1° ottobre- nel bel mezzo della rassegna capitolina che ripropone in buona parte la selezione di Venezia 61.
Gli affezionati all'appuntamento cinematografico romano aspettavano impazienti la proiezione del film -causa sciopero Medusa è saltato per ben due giorni- per cui il botteghino dell'unico cinema che lo aveva in programma ha fatto il tutto esaurito.
Vera Drake è una mite, modesta signora che vive nei sobborghi di Londra, indefessa madre di famiglia, infaticabile faccendiera, si arrangia come può per contribuire all'economia domestica e al benessere collettivo. A casa sua, d'altronde, ognuno fa la sua parte per sbarcare il lunario: Stan, il marito, lavora in un'officina con il fratello, Sid, il figlio, è un abile sarto ed Ethel, la figlia, testa lampadine in fabbrica. Certo non navigano nell'oro ma quando la sera si ritrovano tutti intorno ad un tavolo, davanti al buon stufato di Vera, e dopocena mamma e figlia rammendano mentre gli uomini conversano amabilmente in salotto
che conforto è la loro casa dolce casa! Questo quadretto familiare potrebbe sembrare stucchevole se non fosse che per loro - e per te che guardi loro- è davvero così, ha il sapore dello zucchero che scrocchia tra i denti e scioglie in bocca l'amaro della vita, non per questo è zuccheroso. E se Leigh indugia con magistrale dovizia di particolari sulla ritualità domestica di casa Drake è per via negativa, per acuire il dramma di lì a venire.
Come i cieli plumbei dell'inverno inglese, l'atroce segreto di Vera grava su quel suo cappellino ben calzato, sul cappotto infeltrito, sulle scarpe sformate. Il suo segreto le sta addosso, se lo tiene dentro, se lo porta dietro nella borsa di vimini a fiori: avvolto in uno straccio da cucina c'è tutto l'occorrente per procurare l'aborto a donne disperate. Vera è lì per loro -"Sono qui per aiutarti" ripete ogni volta- e per rilassarle sa già che una buona tazza di the fa miracoli. Donne che non possono permettersi di essere madri, donne sole o con troppi figli, violentate o emancipate, donne che disonorerebbero il buon nome del marito o della famiglia. In questo senso, Vera Drake si presta ad una lettura trasversale: potrebbe essere non solo la storia di lei ma anche quella di tante donne, tutte diversamente infelici. La sua incriminazione nasconde e sintetizza la sconfitta personale di ciascuna. Leigh fa una carrellata eloquente, a tratti esilarante -tanto da scatenare in sala svariati scoppi di risa- e decisamente perspicace su un universo femminile che ben si colloca negli anni Cinquanta e che pure ne supera i confini temporali. Non se ne salva una: dalla cognata di Vera, insulsa e ottusa suo malgrado, ad Ethel, imbranata fino all'inverosimile, alla zitella che maleficamente lucra sugli aborti commissionati all'amica.
L'altra faccia del film è per l'appunto la tanto discussa questione dell'aborto "alla Vera Drake", inteso come atto misericordioso verso donne che non hanno altra scelta. E qui casca l'asino perché lungi dal problema etico e morale, è la presunta bontà di Vera che fa un po' acqua.
Si fa fatica a crederle perché, per quel che ci è dato vedere, la sig.ra Drake agisce con meccanica testardaggine, opera -letteralmente- senza remore. Ecco perché pur riconoscendosi colpevole, non rinnega le sue intenzioni. Le quali saranno pur buone per lei e per le donne coinvolte ma non si traducono poi in effettiva sensibilità. Anzi, quella sua aria impassibile e quel suo fare sbrigativo -per cui al dunque il tutto si risolve in un meticoloso ed asettico rituale di gesti e accorgimenti- farebbero pensare il contrario. La sua risposta a fronte dell'impaccio è sempre la stessa: un sorriso di circostanza e un the preparato al momento.
Vera Drake è gentile, pulita, accorta. Nient'altro. Il suo segreto diventa routine nel rondò di pulizie a ore, visite alla vecchia mamma, piccoli sevizi ai vicini e faccende domestiche. Non un ripensamento sotto forma di crisi di coscienza: Vera ha stretto un patto di ferro con il suo altruismo un giorno di cui ha perso la memoria e i perché, ne ha fatto diventare un atto di fede e una condotta di vita ma quando avrebbe modo di mostrarcelo si limita a sbrigare la faccenda.
Non suscitano pietà neanche quei suoi insistenti primi piani durante il processo -che forse meritava qualche taglio- perché non scatta l'identificazione. La quale invece è tutta per la sua famiglia, distrutta in un istante, il più bello e dunque il più terribile: la festa di fidanzamento di Ethel. Regina di un focolare in cartapesta, Vera scompagina le vite dei suoi come castelli di carta. Il vero eroe - se così si può dire- di una storia al femminile è un uomo: Stan è dalla parte di Vera una volta di più e spinge i figli a fare altrettanto. L'ultima sequenza del film gli rende amaramente giustizia.
Il tratto più forte del miglior cinema di Leigh è appunto il lacerante solco che ferisce irreparabilmente l'armonia familiare.
Un veleno corrode la superficie come in Segreti e bugie, la attraversa e la spacca.
Lo stile di Leigh, sobrio e senza grinze, il montaggio lineare, la fotografia d'impianto classico, l'ironia intelligente e mordace, la forte caratterizzazione dei personaggi per cui nessuno di loro si può dire di contorno, si muovono armoniosamente nella stessa direzione: raccontarci una storia paradossale nella sua semplicità.
I lettori hanno scritto 2 commenti
- commento Non ho gli elementi per giudicare se questo fosse il miglior film a "Venezia 2004": è comunque sicuro che ci troviamo di fronte a un grande regista, a una attrice straordinaria (come non candidarla allOscar?), a un film bellissimo. Perfetta la ricostruzione degli anni 50 in tutte le sfumature, stile secco e asciutto, equilibrio-moderazione-sensibilità nellaffrontare un argomento che ancor oggi fa discutere e su cui volentieri ci si azzuffa, stupefacente complesso di attori (giustamente la critica ha notato che anche chi ha solo due battute recita come Laurence Olivier!), coinvolgimento totale da parte del pubblico.
- commento Perfetta lei, perfette le ambientazioni, volutamente snervante. Bello
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