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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 5/5
  • valutazione
  • Vita e morte si guardano con tenerezza nei riflessi di questa gemma preziosa
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 3/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 33 lettori
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Info

Mare Dentro

di Alejandro Amenabar

 
    Dati
  • Titolo originale: Mar Adentro
  • Soggetto: Alejandro Amenabar, Mateo Gil
  • Sceneggiatura: Alejandro Amenabar, Mateo Gil
  • Genere: Drammatico - Biografico
  • Durata: 125 min.
     
  • Nazionalità: Spagna
  • Anno: 2004
  • Produzione: Himenoptero/Sogecine, Ugc Images, Eyescreen, TVE, Canal+, Tvg, Filmanova Invest, Eurimages/Icaa
  • Distribuzione: Lucky Red
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Un presentimento

di Luigi Faragalli

Mar adentro,
mar adentro.

Y en la ingravidez del fondo
donde se cumplen los sueños
se juntan dos voluntades
para cumplir un deseo.

Se chiedete a chi c'è nato com'è la Galizia quasi certamente risponderà d'istinto che è bella, poi farà una pausa e vedrete i suoi occhi riempirsi di terra e mare e, dopo qualche istante, vi dirà che in Galizia piove. Quasi sempre. Una terra piccola e stretta in un angolo di onde, fra Atlantico e Mar Cantabrico, abitata da gente ospitale quanto diffidente e burbera.
In questa terra così poco nota, così discreta, così aspra, Mare Dentro prende vita, e da questa terra, dalla sua selvaggia terrificante bellezza, dalla sua gente soave e profonda, assorbe tutta la sua linfa e si fa magnifico.
Alejandro torna a casa, in questo pezzo estremo della sua Spagna materna, dimentica il nitore dell'America e la pelle perfetta delle sue stelle, torna e porta in regalo la voglia di fare il cinema suo, quello che non ti fa saltare mai sulla poltrona e non gioca a sorprenderti con un'esplosione improvvisa del sonoro, il cinema antico delle storie enormi, così grandi che non si può guardarle e pensare insieme.
Mare dentro è un film in cui tuffarsi, appunto, trattenendo il respiro.
Per quanto possa sembrare assurdo, soprattutto a chi non è avvezzo a nuotare tra vita, morte e sentimenti, nel mare interiore di Ramon Sampedro si resta stupendamente a galla, davvero, increduli.
Non c'è da far nulla, solo tenere occhi, orecchie e mente aperti, anche il naso, a pensarci bene, perché nei film fatti così a volte sembra di sentirlo l'odore del mare, o delle mucche, o degli alberi, o di Julia. Non si deve pensare davvero ad uno schermo del cinema che si allarga, è lì, al principio di tutto, proprio come lo si dovrebbe immaginare.

Un beso enciende la vida
con un relámpago y un trueno
y en una metamorfosis
mi cuerpo no es ya mi cuerpo,
es como penetrar al centro del universo.

Non è facile raccontare la vita di chi quella vita non la vuole più, non è facile mostrare le motivazioni della sua scelta, della sua determinazione, non è facile mostrare l'universo minimo che ruota attorno alla sua immobilità. Amenabar ci riesce, magistralmente. Non si abbandona mai alla ricerca del coinvolgimento a tutti i costi, non vuole far piangere o ridere, non vuole usare strumentalmente il girato per rubare emozioni, racconta soltanto, con minuzia e dovizia, con cura e ricercatezza estrema, con l'arte di chi realizza un codice grazioso, ogni personaggio una miniatura ricchissima in particolari.
Un fratello ruvido e disperato, maggiore, porca miseria, maggiore lui! Il più grande, quello che dovrebbe decidere in casa sua, quello che dovrebbe sapere cosa è giusto, cosa fare, quello che si arrabbia, che grida, perché è tutto così maledettamente sbagliato, è tutto storto, non c'è nemmeno il mare in questo piccolo pezzo di terra da cui prende da mangiare per tutti, e nessuno che gli dica grazie, non che serva a qualcosa, ma se si deve sopportare il dolore di un fratello che vuol morire senza dare ascolto al maggiore, maledizione, almeno un grazie per le verdure, maledizione!
Un padre silenzioso con gli occhi tristi. Non ha bisogno davvero di fare molto, in fondo cosa si può fare? Cosa si può dire? Che carezze si possono dare? Niente, nulla, basta esserci e non complicare di più le cose, basta sapere che il figlio a lui, a lui soltanto, quel dolore davvero non vorrebbe darlo, basta sapere che il desiderio di andarsene del figlio è più forte, basta far sapere a tutti con una sola frase che lui vecchio, padre, santo cielo, capisce tutto ed ha forse il dolore più grande da portare, basta sedersi accanto al letto in una stanza vuota, basta dire che domani pioverà, ed azzeccarci perché, a quell'età, si sa.
Una cognata gentile, premurosa, giusta come la bilancia che le donne abituate alla campagna hanno in testa e nelle mani. Di poche parole ma sempre indiscutibili, tanto da far filare via la religione, con le sue facili condanne e le sue consolazioni da due soldi, come se di fronte alla morte ed al desiderio di morire bastassero quattro chiacchiere di un prete a risolvere tutto.
Un nipote che è troppo giovane, e distratto, e povero di vita, per intuire l'enormità di tutto, un nipote vicino come un figlio, e come un figlio paziente, e come un figlio felice e triste, d'istinto, perché ben altra spensieratezza avrebbe dovuto vivere, cosa ci sarebbe stato di strano in uno zio che si sposa?

El abrazo más pueril
y el más puro de los besos
hasta vernos reducidos
en un único deseo.

Poi le donne, le tre donne di Ramon, Gené e l'amicizia, la complicità e l'aiuto,  Rosa ed il bisogno di accudire e di prendere, sicurezza, poesia, dolcezza, importanza, e poi Julia, alla fine Julia, l'amore che travolge, dà speranza, distrugge.
In mezzo a tutto questo l'impossibilità di fare anche solo un passo. La libertà relegata al sogno di un salto e di un volo, sopra i boschi e le montagne, veloce e radente, spericolato, a rotta di collo, direbbe Ramon, sorridendo di sé. Un volo fino al mare, frenando di colpo in faccia al cielo, per scendere leggero tra le braccia di Julia. A Ramon però, dopo quasi trenta lunghissimi anni, essere libero di sognare soltanto non è più sufficiente a giustificare la sofferenza della sua vita, e scrivere poesie stringendo i denti quella sofferenza la lenisce appena.
Non è importante sapere chi ha ragione, Amenabar non vuole dimostrare nessuna tesi, non sta prendendo posizione sull'eutanasia, sta raccontando mondi, uno dentro un uomo,  uno intorno a lui, ed altri in giro per la storia.

Tu mirada y mi mirada
como un eco repitiendo, sin palabras
'más adentro', 'más adentro'
hasta el más allá del todo
por la sangre y por los huesos.

Ogni aspetto del raccontare sorprende per misura, dalle musiche figlie della stessa terra che la cinepresa inquadra alla fotografia realistica e mai vistosa, dalla recitazione strepitosa di un irriconoscibile Bardem alle interpretazioni puntuali di tutto il resto del cast, dai dialoghi chiari, puliti, sempre abbaglianti per leggerezza ed umorismo o per profondità e poesia, alla regia impareggiabile nel rendere un volo, un desiderio di toccare una donna, il lampo della vita che finisce nello scorrere delle foto, l'amore che nasce nello scambio di una sigaretta, la vita negata in una bambina che corre o in due cani che si accoppiano sul ciglio di una strada.
Suscita ammirazione la cura realizzativa che traspare dai muri scrostati della casa, dal computer vecchiotto di Javi, dalla scatola di latta per biscotti colma, come nei ricordi d'infanzia, delle fotografie di una vita, da tutto ciò che si vede, fotogramma dopo fotogramma.
Un film dunque che testimonia l'arte di un regista di grande talento, un'opera assolutamente controcorrente in un momento in cui le grandi produzioni d'oltreoceano tendono sempre più a scegliere scorciatoie, la via semplice dei remake, dei sequel, dei soggetti tratti da fumetti o serie televisive, affidando l'attrattiva sempre più alla sola immagine, ad effetti speciali tanto spettacolari quanto vuoti. Un'opera complessa su una tematica difficilissima, ma proprio per questo ancora più valida e meritevole di  elogio.
Dopo la visione resta quasi un senso di gratitudine verso il giovane regista spagnolo, per il coraggio messo dentro questa pellicola, per l'abilità con cui l'ha confezionata, per questa lezione di cinema, in ultima analisi, lezione che finalmente ci ricorda come un bel film può essere ancora fatto da chi sa come fare.

Pero me despierto siempre
y siempre quiero estar muerto,
para seguir con mi boca
enredada en tus cabellos.


Bravo, Alejandro, ottimo lavoro.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 8 commenti

 
 
utente
leogrini
  • commento Grande tema, grande film, grande attore. Già in The others, Amenabar ci aveva colpito per la sua abilità nel creare atmosfere inquietanti e nel saper catturare l'attenzione dello spettatore. Qui rivela di essere non solo un grande regista ma anche un uomo coraggioso nell'affrontare argomenti che mettono in crisi la nostra coscienza e che suscitano controversie a non finire. Si esce dalla sala con un senso di inquietudine e con la consapevolezza di vivere in una società dominata da leggi e comportamenti assurdi. Un film che invita a riflettere, a discutere e solo per questo meriterebbe di essere visto: ma è anche un grande spettacolo caratterizzato da un sapientissimo uso della macchina da presa e da un coro di attori (dal primo all'ultimo) di eccezionale bravura. Che dire poi di Javier Bardem? Raramente abbiamo visto un interprete calarsi così pienamente in un personaggio tanto da confondersi in esso: Bardem non recita Ramon, è Ramon!
 
 
 
 
 
utente
Bruno Gandolfi
  • commento La vita, l'amore e la morte. Superba interpretazione.
 
 
 
 
 
utente
lepre
  • commento delicato e vero
 
 
 
 
Pagine: 1 2
 
 
 
 
 
 
 
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