Nella New York degli anni '70 si spaccia droga, facendola arrivare dal sud est asiatico nascosta nelle bare dei soldati morti in Vietnam. Indagini tra accordi con i malviventi e poliziotti corrotti.
Il voto del redattore
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- 4.5/5
- valutazione
- Testosterone ai massimi livelli per un thriller sontuoso e coinvolgente. Washington-Crowe, coppia da brividi
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American Gangster
di Ridley Scott
- Dati
- Titolo originale: American Gangster
- Soggetto: Mark Jacobson, Steven Zaillian
- Sceneggiatura: Steven Zaillian
- Genere: Drammatico - Gangsters
- Durata: 157 min.
- Nazionalità: USA
- Anno: 2007
- Produzione: Universal Pictures, Imagine Entertainment, Scott Free Productions, Relativity Media
- Distribuzione: UIP
- Data di uscita: 18 01 2008
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- Il sito ufficiale in inglese
- 10 minuti di immagini tratte dal film
- Il sito ufficiale in italiano
Denzel Washington-Russell Crowe, duetto da urlo
di Francesca Paciulli
Abbigliamento vistoso e turpiloquio indossato come una seconda pelle, viscerale attaccamento alla famiglia e al proprio codice d'onore. L'iconografia del "re" dello spaccio, sul grande schermo, è immutata da anni: dal sanguinario Tony Montana, ex rifugiato cubano che si reinventa boss indiscusso del narcotraffico a Miami (Al Pacino, magnetico mattatore di Scarface) al malinconico Carlito "Charlie" Brigante, deciso dopo la scarcerazione a ripulirsi reputazione e fedina penale, ma incastrato dal suo famelico avvocato (di nuovo Al Pacino nell'inarrivabile Carlito's Way); dall'intraprendente George Jung, diventato negli anni Sessanta il punto di riferimento negli Stati Uniti per il traffico della cocaina colombiana (un "ossigenato" Johnny Depp in Blow), al newyorkese Monty Brogan, ex spacciatore in attesa di tornare in gattabuia (Edward Norton in La 25ma ora). Una galleria di personaggi dal fascino pericolosamente ambiguo che si arricchisce con American Gangster di un nuovo indimenticabile volto, quello di Frank Lucas (il due volte Premio Oscar Denzel Washington), protagonista del sontuoso biopic firmato Ridley Scott.
Harlem, 1968. Frank Lucas, malavitoso con un proprio personalissimo codice d'onore (fede e famiglia sono le sue intoccabili priorità) fa da autista e guarda-spalle al boss Bumpy Johnson. Quando Johnson muore davanti a lui è proprio Frank a prendere le redini del suo impero. Da una parte si assicura le simpatie delle famiglie mafiose di New York, e dall'altra le frega amabilmente mettendosi in affari con un importante cartello della droga di Bangkok.
Sono gli anni difficili della guerra del Vietnam e Lucas, lucidità spietata da manager navigato e stile di vita low profile (zero eccessi, una sola donna al fianco e stesso posto in chiesa tutte le domeniche), capisce subito come trarne il massimo vantaggio. Perché agitarsi in Patria con tutta quella concorrenza scomoda quando è possibile rifornirsi di eroina purissima direttamente nel sud-est asiatico e portarla negli Usa nascosta nelle bare dei soldati di ritorno dal fronte?
In poco tempo il suo fiuto finissimo e la sua gelida abilità negli affari gli spianano la strada trasformandolo nel numero uno del suo tempo. Allestisce un bel laboratorio dove la "Blu Magic" viene confezionata da splendide operaie rigorosamente senza vestiti ("Così non possono nascondere nulla", spiega con uno dei suoi abbaglianti sorrisi al fratellino), regola conti, distribuisce mazzette, di tanto in tanto si fa vedere nel suo club facendo sbavare di invidia i rivali dello spaccio e conquista la reginetta di bellezza del Porto Rico (Lymari Nadal).
Quando le cose iniziano a girare per il verso giusto arriva anche il momento di trasferire sua madre e i suoi fratelli dal North Carolina in una mega villa a New York e, perché no, di accettare un regalo impegnativo della moglie Eva: una candida pelliccia di cincillà. E' indossandola, durante lo storico match di boxe Frazier-Alì, che Lucas realizza il primo passo falso di una carriera perfettamente studiata. Inchiodata dai flash dei fotografi appostati sotto il palco d'onore, la sua bella faccia inizia ad incuriosire il detective della narco-traffici Richie Roberts (Russell Crowe, strepitoso). Donnaiolo, inaffidabile con la moglie da cui sta divorziando e con il figlio che a malapena conosce, ma irreprensibile sul lavoro, Roberts ha un solo obiettivo: stanare i tipi come Lucas e fare un po' di pulizia nella polizia corrotta di New York.
Da un lato il sorriso bianco e la gestualità elegante del "manager" dello spaccio Frank Lucas; dall'altro il fisico appesantito e il sorrisino beffardo del detective-avvocato Richie Roberts. A dividerli solo una tazza di caffè scadente. Si consuma nell'angusta stanza degli interrogatori di una prigione il primo straordinario faccia a faccia tra Lucas/Washington e Roberts/Crowe. A consegnarlo agli occhi degli spettatori è la regia adulta e senza incertezze di Ridley Scott, finalmente rinsavito dal trip "provenzale" di Un'ottima annata.
Nel mettere in scena le vicende personali e professionali di Lucas e Roberts, il regista inglese racconta due destini incrociati in un'arena - stavolta metropolitana - immersa nelle atmosfere anni 70 magicamente evocate dalle scenografie di Arthur Max e dalle luci di Harris Savides (Zodiac).
Ispirato alla vera storia del trafficante di droga Frank Lucas, American Gangster infiamma lo schermo esattamente come i suoi due straordinari protagonisti, Crowe e Washington, di nuovo insieme sul grande schermo (in pochi li ricorderanno, a parti invertite, nel fanta-thriller del 1995 Virtuality), per dare vita ad una avvincente e dolorosa caccia all'uomo ma soprattutto ad un confronto tra due diversi modi di vivere. Quello di un criminale dai valori solidi ma dagli intenti poco nobili e quello di un uomo onesto messo alla sbarra dal sistema e dai suoi stessi colleghi. Niente è solo bianco o nero (come invece sembra suggerire il gioco cromatico nella locandina originale del film), esistono le sfumature, anche se non tutti sono disposte ad accettarle. Non lo era Serpico, non lo è Richie Roberts. Uno che per la legge e il distintivo è disposto a perdere tutto ma non la sua limpidezza morale. Un giorno, nel corso di un pedinamento trova un milione di banconote non segnate, e lo riconsegna per intero in polizia. Da quel momento diventa lo zimbello di colleghi e superiori. Ma a Roberts non importa, per lui il distintivo, quello che i colleghi sporcano con la loro gretta amoralità, continua ad essere molto più di un semplice pezzo di metallo.
I lettori hanno scritto 1 commento
- indirizzo IP 213.140.11.139
- data e ora Lunedì 11 Febbraio 2008 [18:40]
- commento Concordo con la rece anche se io ho trovato il film e la direzione di Scott piuttosto manichee. Eppure l'azione e il delinearsi dei personaggi sono più che riusciti.
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