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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Locandina
 
 
 
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Trama

Da un racconto di Stephen King, la storia di Mike Enslin che di professione scredita le storie paranormali, ma che avra' qualche problema una volta entrato nella stanza 1408 di un hotel infestato di fantasmi.

 
 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 4/5
  • valutazione
  • Un horror imperfetto, a tratti prevedibile, ma con un gran pregio: fa spavento.
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 2.5/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 1 lettore
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Info

1408

di Mikael Håfström

 
    Dati
  • Titolo originale: 1408
  • Soggetto: Matt Greenberg, Scott Alexander, Larry Karaszewski
  • Sceneggiatura: Stephen King (racconto contenuto in Tutto e' fatidico)
  • Genere: Giallo - Horror
  • Durata: 94 min.
     
  • Nazionalità: USA
  • Anno: 2007
  • Produzione: Dimension Films, Di Bonaventura Pictures
  • Distribuzione: KEYFILMS
  • Data di uscita: 23 11 2007
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

La cura per il singhiozzo

di Gianni Malotto

Qualsiasi appassionato di cinema horror sa quanto sia difficile sperimentare il brivido. Come i meccanismi della paura cinematografica diano assuefazione e con quanta facilità siano smascherabili. Dopo Venerdì 13, qualsiasi rumore sospetto provenga dalla finestra non è altro che il gatto. E un istante dopo il gatto, potete star certi che qualcosa romperà all'improvviso i vetri della finestra urlando. Anche The Ring, che sembrava l'inizio della salvezza, è stato solo l'inizio di un nuovo (ri)ciclo. Quella della paura è una fonte non rinnovabile, di recente surrogata con massicce dosi di squartamenti e sevizie, ma stiamo parlando di cose diverse. Datemi un film capace di offrire puri momenti di terrore - me ne bastano due o tre - e lo venererò come una reliquia.


Non dubitate: 1408 è quel film. E in virtù di questo che gli si perdonano i non trascurabili difetti. Tratto da un racconto di Stephen King (dalla raccolta Tutto è Fatidico), 1408 racconta la storia di Mike Enslin, ex romanziere e autore di guide horror sui luoghi-più-spaventosi-dove-passare-la-notte-in-America. Uso a dormire in motel infestati da spiriti fasulli, Enslin è un uomo travolto dal suo stesso cinismo. In seguito a una misteriosa segnalazione, decide di passare una notte al Dolphin Hotel di New York, stanza 1408, non prima che un allarmato direttore tenti invano di convincerlo a desistere snocciolando la lista dei decessi avvenuti in quella stanza. Il preambolo, per quanto breve, compie un lavoro egregio nel tratteggiare la personalità di Enslin, che possiede tutti i tratti dell'eroe Kinghiano: è un uomo inseguito da fantasmi personali, che ha sepolto una figlia, si è separato dalla moglie e soffre per un irrisolto rapporto con il defunto padre. Ed ha interrotto una promettente carriera di scrittore rea di costringerlo ad un eccesso di sincerità.


John Cusack (Enslin), che dopo l'ottima performance da nerd in Alta Fedeltà si era un po' buttato via, appare ben in parte nonostante il peso in eccesso, mentre Samuel Jackson (il direttore) è decisamente troppo compiaciuto della sua particina per essere credibile, ma a questo punto non importa, perché qui entra in gioco la camera numero 1408, "una fottuta stanza del male" nella definizione di Jackson, che inizia il film alla sua dimensione horror. Quello che segue è un crescendo di piccoli momenti shock, una collezione di sketch del terrore che soltanto nel finale trascina il film oltre i limiti accettabili. Ma la prima ora di 1408 è da conservare: quando tutto appare ancora sfocato e dubbioso, quando piccoli particolari all'apparenza insignificanti sovvertono l'ordinario destabilizzando poco alla volta la psiche del protagonista e le certezze dello spettatore, la pellicola procede a singhiozzo ma riesce dove tanti film di genere falliscono: fa paura. E' qui il sale del film: Enslin che osserva un suo doppio nel palazzo di fronte, una camminata sul cornicione, i flashback che infettano l'illusione di realtà offerta dalla stanza e palesano invece il vero palcoscenico, la mente dello scrittore.


Tutto funziona sino a quando l'ordinario rimane plausibile, ovvero a tre quarti di film; a quel punto l'introspezione concessa al protagonista ha raggiunto il limite massimo e la sceneggiatura di Matt Greenberg e Scott Alexander perde definitivamente contatto con la narrazione di King, sbraca, eccede e finisce per spiaccicarsi sul soffitto della camera. Nemmeno la regia di Mikael Hafstrom, sino ad allora bravo ad assecondare il ritmo del film con una direzione dinamica ma mai frenetica, può evitare il naufragio finale, che porta la storia a ripiegare sul versante esoterico (compreso un "falso" finale assai poco credibile) prima di una conclusione che lascia molti punti irrisolti. Ma sino ad allora, 1408 vale i soldi del biglietto.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 1 commento

 
 
Chiara Orlandi
Chiara Orlandi
  • indirizzo IP 213.140.11.141
  • data e ora Mercoledì 16 Gennaio 2008 [19:01]
  • commento Si è vero non è il miglior horror mai visto. Però dimostra che "Shining" ha seminato bene : )
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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