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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Il voto dei lettori

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Info

About a boy - Un ragazzo

di Chris Weitz, Paul Weitz

 
    Dati
  • Titolo originale: About a boy
  • Soggetto: Nick Hornby
  • Sceneggiatura: Peter Hedges, Chris Weitz, Paul Weitz
  • Genere: Commedia - Sentimentale
  • Durata: 101 min.
     
  • Nazionalità: Francia, U.K., U.S.A.
  • Anno: 2002
  • Produzione: Tribeca
  • Distribuzione: UIP
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

About a boy

di Sara Troilo

Gli ingredienti del film: l'omonimo romanzo di Nick Hornby, il regista di "American Pie" (Paul Weitz), la colonna sonora di Badly Drawn Boy, Hugh Grant (non proprio Un ragazzo) e i produttori de "Il diario di Bridget Jones"; una squadra anglo-americana piuttosto omogenea dà vita a un film che, pur rientrando nell'inesauribile filone di cui si nutrono avidi gli ego dei trentenni, mantiene la leggerezza che promette senza cedimenti in terribili autocompiacimenti. Will Freeman (Hugh Grant) ha trentotto anni e la convinzione forte di essere un'isola, ma di tendenza, insomma Will è convinto di essere Ibiza e teorizza la propria concezione di vita insulare arrivando persino a smentire (dopo averlo scambiato per Bon Jovi) John Donne e il suo "no man is an island": nessuna implicazione con il resto del mondo, collegamenti saltuari con la terraferma, traghetti impossibili da dirottare e, soprattutto, nessun interesse al gemellaggio con le altre isole o niente che duri più di un paio di mesi, in ogni caso.
Unica pecca all'interno di questo rigido e studiatissimo sistema volto a preservare se stesso nel corso del tempo sono le lacrime delle donne che Will abbandona regolarmente allo scadere del secondo mese di relazione, ma la vita che si dice aiuti gli uomini coraggiosi, in questo caso farà un'eccezione e mostrerà al protagonista, pavido come pochi altri, la soluzione: giovani madri tornate single, profondamente deluse dagli uomini e come tali non intenzionate a costruire rapporti duraturi. La ricerca inizia immediatamente, ma ciò che Will ottiene, suo malgrado, è l'amicizia di un bambino, Marcus (Nicholas Hoult) figlio di madre hippy depressa (Toni Collette, sugli schermi anche con "Ipotesi di reato") e molto determinato a ricreare in famiglia l'originario nucleo composto da tre persone; la frustrazione delle intenzioni di entrambi li porterà a rivedere le proprie convinzioni con il risultato di farci assistere a un divertente passaggio di consegne generazionale in linea maschile; Marcus diventa esso stesso ponte, impedendo a Will di continuare a essere isola, ma si spingerà più in là rispetto all'attempato amico prendendo il polso alla situazione sociale e dichiarando la morte clinica della coppia come istituzione.
Le musiche che accompagnano i riti iniziatici del percorso di costruzione del sé maschile sono fondamentali e molto ben inserite nel tessuto narrativo, tanto da farci pensare con fatica ad un accompagnamento differente rispetto ai brani di Badly Drawn Boy e il ricorrere di "Killing me softly", quasi un mantra per Marcus e la madre, ci riporta all'importanza dei testi delle canzoni molto note nell'immaginario collettivo di una nazione; ricordiamo inoltre che Will non ha mai dovuto lavorare perché vive grazie ai diritti di una canzone di Natale scritta dal padre. Il ritmo è notevole nonostante non sia serrato e gli attori danno corpo ai personaggi senza cadute sebbene il giovane Hoult (Marcus) esordisca dicendo che gli piacerebbe essere come Macaulay Culkin, ma che non lo sarà mai (e glielo si augura per il suo bene futuro). Hugh Grant è a proprio agio nei panni dello sciupafemmine nullafacente determinato a rimanere tale e a fare della mancanza di responsabilità l'unico motivo di vita e lo sguardo benevolo degli autori di film e romanzo nei suoi confronti fa in modo che anche gli spettatori (persino le spettatrici) riescano a seguire la sua storia senza detestarlo o a limitare la stizza nei confronti delle numerose strizzate di occhi (no, non metaforiche ruffianerie, ma anatomici vezzi d'attore). Il risultato, una volta messi insieme gli ingredienti citati sopra, avrebbe potuto essere privato di qualche minuto senza problemi, ma nel complesso tratteggia senza moralismo né installazioni temporanee di piedistalli creati per trentenni (vuoi vedere che Muccino ha solo bisogno di qualcuno che gli consigli di guardarsi un paio di volte "American Pie" se non proprio questo "About a boy", di modo che il paragone non sussista con il suo collega americano?) una storia senza mai scadere nella banalità né nella ricerca a tutti i costi dell'originalità e del colpo di scena.
 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 4 commenti

 
 
utente
UomoPolemicoMancoPoco
  • commento Secondo me Meg Ryan se la tira troppo.
 
 
 
 
 
utente
UomoPolemicoMancoPoco
  • commento Sì, vabbe'.. mi so' sbajato.. era il commento per "in the cut"... In merito a quest'altro film, devo dire che è veramente carino..e poi Hugh Grant sa fare bene l'espressione interdetta!
 
 
 
 
 
utente
Sara
  • commento Sottoscrivo entrambe le affermazioni
 
 
 
 
 
utente
bibbi
  • indirizzo IP 213.45.186.85
  • data e ora Giovedì 10 Novembre 2005 [20:07]
  • commento qusto film è spettacolare perchè hugh grant è SPETTACOLARE!!!!! è proprio un gran bel pezzo di...attore!!!!!!!!!!!!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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