La motivazione che spinge Zingarina (Asia Argento) a raggiungere la fredda Transylvania è il nobile sentimento dell'amore. Ma forse - pare di capire sequenza dopo sequenza - si tratta di un'insana o
ssessione nata a seguito dell'abbandono improvviso di Milan (Marco Castoldi), padre del bambino che porta in grembo. Il conforto e la vicinanza della bellissima Marie (Amira Casar), compagna fedele di un viaggio senza mete, non sono sufficienti a consolare la follia amorosa della ragazza. Persino i fondi di caffè parlano dell'amore di Zingarina i cui sensi bramano perennemente la presenza dell'amato musicista. Milan finalmente appare in tutto il suo splendore, con i suoi capelli lunghi e le sue zingare musiche. Prima il sogno: tra il crescendo delle melodie dell'orchestra i due si ritrovano toccandosi, sfiorandosi, baciandosi. Poi la realtà: le note si ammutoliscono appena l'uomo si accorge della presenza di Zingarina. Milan la prende per mano e, tra i panni stesi in un anonimo cortile, le confessa di non ricambiare il suo appassionato amore. È il momento del secondo abbandono e della profonda disperazione tra le maschere demoniache della famosa Festa di Erode. Segue un ballo liberatorio, simile ad una catarsi, al ritmo di musiche folkloristiche e di piatti rotti. Ha inizio così il vero viaggio della storia che soddisfa il desiderio di irrequietezza della protagonista alle prese con i sentimenti sconosciuti della maternità. E un nuovo compagno prende il posto d
ella dolce Marie affiancando l'irrequieta Asia. Si tratta di Tchangalo (un Birol Ünel estremamente espressivo), un commerciante senza fissa dimora la cui presenza conferisce tutt'altro che stabilità alla sbandatissima Zingarina.
L'uomo incarna alcuni tipici contrasti delle culture dell'Est Europa difficilmente comprensibili agli occhi degli Occidentali. Non passeranno infatti inosservate le scene in cui Tchangalo lancia i pezzi di carne a un cane randagio evitando volutamente che un bambino affamato possa nutrirsi; o ancora la sequenza in cui i sacerdoti tentano di purificare Zingarina dal demonio che la possiede. Infine il parto inquietante ripreso quasi come fosse un rito magico a cui partecipano tre streghe munite di coltello.
Una Romania, quella dipinta da Gatlif, che non nasconde i tratti più scomodi fatti di superstizione e di miseria, ma anzi utilizza un profondo e sconvolgente realismo. Architetture gotiche, tetti esageratamente spioventi, strade coperte di neve o di fango dominano i paesaggi che i due protagonisti attraversano nella loro sudicia automobile. Anziani coperti di rughe,
giovani donne dal viso angelico, estremamente poveri, umili e soprattutto ospitali sono gli abitanti che popolano la gelida e arida Transylvania di Gatlif. Ünel, bravissimo nel ruolo del cinico nomade romeno, riesce a sostenere i ritmi nevrotici di Asia, sempre più impegnata in personaggi complessi e poco ordinari. Meno convincente invece Morgan dei Bluvertigo che non sembra trovarsi a suo agio nel ruolo di Milan.
Corredano la pellicola (e colmano i momenti di stasi) vivaci musiche tradizionali, composte anche dallo stesso regista, le cui sonorità ricordano inevitabilmente quelle del vicino Kusturica. La pellicola non è recentissima ed è stata presentata fuori concorso alla 59° edizione del Festival di Cannes del 2006, ma è stata portata poi in anteprima nazionale quest'anno al Napoli Film Festival. Degno di pregio è il carattere poliglotta del film, parlato in cinque lingue differenti (italiano, inglese, francese, romeno e tedesco) e senza sottotitoli di traduzione, un'accortezza che intensifica l'emotività della storia. Peccato invece per la ristretta distribuzione italiana che offre uno spazio limitato a una coraggiosa pellicola.