Il voto del redattore
- voto
- 3.5/5
- valutazione
- Un esperimento interessante, se riuscite a seguirlo e vi lasciate condurre da qualche parte, come suggerisce il regista
Il voto dei lettori
- voto medio
- 2.8/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 6 lettori
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Io non sono qui
di Todd Haynes
- Dati
- Titolo originale: I'm not there
- Soggetto: Todd Haynes
- Sceneggiatura: Todd Haynes, Oren Moverment
- Genere: Musicale - Biografico
- Durata: 135 min.
- Nazionalità: USA
- Anno: 2007
- Produzione: Killer films
- Distribuzione: BIM
- Data di uscita: 07 09 2007
Supposizioni per un film riguardante Bob Dylan
di Alice Trippolini
Come si fa a descrivere un personaggio che ha cambiato non solo la musica, ma le percezioni, i modi di sentire e di esprimersi di un'intera generazione? Come si può ridurre tutto in una semplice biografia? Queste sono le domande che il regista Todd Haynes afferma di essersi posto qualche anno fa, prima di girare il suo celebre Lontano dal paradiso. L'ossessione era quella di raccontare la vita di Bob Dylan, icona musicale di tutti tempi, ancora vivo e molto scorbutico con tutti coloro che lo elogiano, chiedono pareri o interviste. Haynes, secondo la leggenda, dice di aver mandato al cantante un soggetto abbozzato in cui si specificava che un eventuale film sul flusso creativo e la vita di Dylan non potrebbe svolgersi nel classico ambito della narrazione tradizionale. Insomma, fin dall'inizio della lavorazione, il regista non aveva intenzione di raccontare Bob Dylan, ma quello che ha rappresentato e ha vissuto, riportato nei diversi contesti in cui si è trovato. Ed ecco allora che servono più personaggi per descrivere i diversi Bob Dylan: un predicatore folk, un cantante androgino e strafatto di droghe che insulta i giornalisti, un ragazzino nero, una specie di Billy the Kid, un giovane attore pieno di sé e Arthur Rimbaud con il cappello.
I'm not there, ovvero Io non sono qui, presentato In Concorso alla 64. Mostra del cinema di Venezia, è un esperimento caotico e appassionato. Il titolo prende il nome da un brano inedito di Dylan, tratto dalle Basement Tapes Sessions registrate a Woodstock nel 1967, mentre il cantante era in convalescenza dopo un incidente automobilistico. Non si tratta di una biografia, perché il cantante è ancora vivo e non acconsentirebbe mai. Sembra piuttosto un'opera ispirata 'da' e non 'a' Bob Dylan. Come se il regista si fosse lasciato trascinare dalla musica di Bob Dylan e avesse immaginato una serie di personaggi che agiscono, vivono e parlano come potrebbe farlo solo lui. La trama è impossibile da descrivere, non ci ha provato nessuno. I sei personaggi sono assurdi, ma non troppo: il menestrello nero Willie (Marcus Carl Franklin) è in fuga dalla legge ed esprime i problemi della sua generazione attraverso la chitarra sempre attaccata al petto, il predicatore Jack (Christian Bale) ha lasciato la musica per l'altare; poi c'è l'attore pieno di sé e donnaiolo anni '70 Robbie (Heath Ledger), il poeta Arthur (Ben Wishaw) che si ribella all'interrogatorio, il cantante androgino e circondato da sesso e droga Jude (Cate Blanchett, magnifica e sensuale) e Billy (Richard Gere) che combatte contro l'autostrada che cambierà per sempre il suo paesello del Missouri agli inizi del '900.
Un intero secolo per descrivere la metamorfosi di un'icona musicale che ha attraversato guerre e si è reinventato come solo pochi hanno saputo fare. Il film non è lineare, perché le diverse fasi o i diversi aspetti del cantante non vengono descritti in modo indipendente tramite episodi, ma mescolati di continuo. Il regista inserisce finte interviste alle compagne dei diversi personaggi, come Alice (Julianne Moore) compagna di Jack e Claire (Charlotte Gainsbourg) moglie tradita di Robbie, per andare oltre la musica e provare a descrivere la vita privata. Utilizza inoltre filmati di repertorio sulla guerra in Vietnam e interviste ai fan, che fanno da contesto storico alle immagini dei personaggi. Non solo: ogni personaggio è associato ad un diverso stile di ripresa, di fotografia e di colore. I'm not there è soprattutto un percorso onirico e quindi anche visivo. Si passa dal bianco e nero patinato di Jude, al colore eccessivo di Willie, alla fotografia 'sporcata' di Arthur. Robbie è descritto con colori freddi, mentre Willie è caldo, appassionato. Jude è freddo, nascosto dietro le lenti scure e gli onnipresenti allucinogeni o alcol che cambiano le percezioni, come sottolinea Todd Haynes utilizzando movimenti accelerati e cambi di contesto improvvisi. Un grande e curatissimo baraccone, che farà innamorare i fans di Bob Dylan sommergendoli di citazioni e rimandi. Un po' meno facile da capire per chi non conosce il cantante e non ne ha seguito il percorso. Le canzoni di Dylan citate nel film non sono le più conosciute, ma le più funzionali alla trama, ma la preferita di Haynes rimane 'Vision of Johanna'. Non sembra un film da Leone d'oro né da Oscar, ma vale la pena citare la suprema interpretazione della Blanchett, che come ha giustamente detto enrico ghezzi, meriterebbe il premio per la miglior interpretazione maschile.
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