Il voto del redattore
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- 3.5/5
- valutazione
- Téchiné esplora il potere della scrittura.
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- di Francois Ozon
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- genere Drammatico
- tipo Sentimentale
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I testimoni
di André Téchiné
- Dati
- Titolo originale: Les Témoins
- Soggetto: Laurent Guyot, Viviane Zingg, André Téchiné
- Sceneggiatura: Laurent Guyot, Viviane Zingg, André Téchiné
- Genere: Drammatico - Sentimentale
- Durata: 112 min.
- Nazionalità: Francia
- Anno: 2007
- Produzione: Saïd Ben Saïd
- Distribuzione: 01 Distribution
- Data di uscita: 06 07 2007
La frenesia dello scrivere per testimoniare
di Sara Troilo
Questa volta André Téchiné ci inchioda alla poltrona e ci travolge con il ritmo del suo film, ogni personaggio e' animato da un fuoco sacro che da un lato lo tiene distante da chi lo circonda e dall'altro lo porta a immergersi nel lavoro o nella propria passione in modo totale e univoco. Nessuno trova tempo per altro che non sia l'attività (professionale, ma anche "sentimentale") prescelta. Mehdi corre, non mangia ne' beve caffè mentre e' al distretto di polizia, lui lavora e basta. Sarah batte sui tasti della macchina da scrivere come se tentasse di star dietro alle parole che le vengono in mente, furiosa, immersa nel racconto e refrattaria al rapporto umano di qualsiasi natura, compreso quello che la lega al figlio neonato nei confronti del quale non riesce ad avere che reazioni di stizza e insofferenza. Adrien si strugge d'amore per Manu, lo insegue, tenta in ogni modo di legarlo a se', arrivando persino a prospettargli la possibilita' di assumerlo come cuoco personale, e quando capisce che il suo desiderio restera' inappagato, si stordisce di lavoro e si impegna nello studio di una cura per l'AIDS. Julie non ha una vita all'infuori del canto, lei e' il canto. E Manu e' preso dalle possibilita' di avventura, dal bailamme di una Parigi che gli offre tante occasioni, che lo fa sentire desiderato e vivo. Quello che ci regala Téchiné e' un affresco costellato di monadi, di ego nutriti a lavoro e passioni individuali che per qualche istante condividono alcuni spazi, ma che non si avvicinano mai a nessuno. Stare nello stesso letto non serve a comunicare, ne' ad abbattere alcuna barriera, il sesso e' uno strumento di possesso, un modo di segnare il territorio o uno sfogo del momento. L'empatia non esiste, il dolore nemmeno, solo la rabbia ha ragion d'essere e anche l'amore latita, compreso quello filiale, quello che dovrebbe risiedere nella sfera istintuale. Si puo' intuire la forza del legame tra Manu e Mehdi, ma troppe trincee vengono costruite la' in mezzo perche' questa possa manifestarsi appieno. Il non detto la fa da padrone, nonostante le tante parole dette e urlate, nonostante gli scontri, di fatto si mantiene lo status quo e basta. La malattia di Manu e' il primo segreto. Manu non lo rivela a Mehdi che, una volta scoperta la notizia, non ne mette al corrente la moglie Sarah.
Ogni personaggio agisce riconoscendo esclusivamente le regole dettate dall'intelletto, ognuno vive nel proprio eremo che ha come fondamenta il narcisismo e come asse portante una passione totalizzante e straniante. E anche l'AIDS, minaccia abnorme che uccide senza lasciare scampo, non viene trattato che dal punto di vista medico. Manu ne e' la vittima ed e' l'unico che ha una partecipazione emotiva nella tragedia che vive, ma tenta di frenarla spostandola nel mentale, rispondendo all'esigenza di testimoniare la propria storia. Julie e' troppo presa dallo spettacolo in cui finalmente ha ottenuto una parte per permettersi il lusso dello sconforto e delle lacrime; mai una lacrima solca il suo viso. A dire il vero non una lacrima scorre in tutto il film.
La grande vitalita' di cui e' pervaso il film invade anche gli spettatori, nonostante la morte sia ben presente nella storia. Nella prima scena c'e' Sarah che scrive e scrive, ma non e' affatto soddisfatta di cio' che ha scritto. Da quando e' madre detesta i bambini e ha deciso di passare dalla letteratura per l'infanzia a quella per gli adulti; il problema maggiore e' che si sente invasa dal bambino appena nato, sente di non avere piu' spazi. Il marito la asseconda e porta il piccolo dai nonni mentre si ritaglia una vita a parte, al di la' del lavoro che ama tanto: la relazione con Mehdi. Il resto della storia prosegue per causa ed effetto e cio' che colpisce e' la visione della morte che in questo mondo di monadi e' proprio una rinascita. In un contesto di tristezza dove la fine aleggia, la vitalita' ha la meglio e il passaggio del testimone avviene in senso reale ed ecco che la scrittrice trova un motivo per scrivere e una storia da raccontare. In un contesto di uomini appassionati che difendono le grandi cause che portano avanti (Adrien è medico e si sente investito della missione di salvare le vite, Mehdi è poliziotto e dice "io faccio rispettare la legge"), l'unica che non parla della scrittura come misisone è Sarah che verrà criticata per il suo prediligere il lavoro al proprio figlio. Questo tentativo di rinchiudere la donna nella dimensione domestica però non funziona e alla fine sarà proprio lei a tenere insieme le fila della narrazione e a mettere in atto la potenza del proprio lavoro che può essere anche, appunto, una testimonianza.
Cio' di cui si fa testimone il film e' la tragedia della diffusione dell'AIDS che al momento attuale appare rimosso, quasi come fosse stato risolto, quasi come fosse stata trovata una cura per questa malattia. Semplicemente ora se ne parla pochissimo e si lascia campo libero ai vari esponenti del cattolicesimo (anche in via di santificazione) che vanno pontificando in giro per il mondo che le nascite sono un dono di Dio e l'uso dei preservativi non ti porta in paradiso. Quel che è certo, allo stato attuale dei fatti, è che il non usarlo ti porta all'inferno e chissà perchè questa affermazione, di cui di certo molti sono testimoni, non ha la medesima cassa di risonanza mediatica. E questa non è un'altra storia perchè le malattie si sconfiggono anche con la cultura, la consapevolezza e il cervello. Altrimenti testimoniare sarebbe un esercizio di stile fine a se stesso. Cosa che non è questa storia.
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