Il voto del redattore
- voto
- 3.5/5
- valutazione
- Uno stile citazionista per un regista in vena di bigini. Per chi cerca la materia del cinema e non si fa abbattere dall'ovvio.
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02 11 2013
Vacancy
di Nimrod Antal
- Dati
- Titolo originale: Vacancy
- Soggetto: Mark L. Smith
- Sceneggiatura: Mark L. Smith
- Genere: Giallo - Thriller
- Durata: 80 min.
- Nazionalità: USA
- Anno: 2007
- Produzione: Hal Lieberman Company, Screen Gems
- Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
- Data di uscita: 20 07 2007
Recensione pubblicata il 12 08 2007
Questa recensione è stata letta 15939 volte
La rivisitazione del B-movie ad opera di Antal
di Gianni Malotto
Coppia in procinto di divorziare e rimasta in panne in luogo sperduto trova rifugio per la notte in un motel i cui ospiti vengono utilizzati come vittime di snuff movies. Riuscirà la sfortunata coincidenza a salvare il matrimonio?
Perdonate l'introduzione frivola: serve da avviso, perché Vacancy non va preso alla lettera. Sia sul versante horror che su quello thriller, il film di Nimrod Antal ha ben poco da dire: i meccanismi narrativi sono abusati almeno quanto l'ambientazione, sorpresa e paura soccombono all'abitudine, la conclusione è prevedibile ed affrettata.
E' un film che avrete visto centinaia di volte, in infinite quanto minuscole varianti, e in quanto tale difficilmente riuscirà a procurarvi autentici sussulti (se si esclude il caro, vecchio assassino mascherato che compare all'improvviso alle spalle del protagonista). E tuttavia all'apparire dei titoli di coda si palesa la verità: quello di Antal è un film consapevolmente prevedibile, che rifugge i moderni canoni del thriller, un esperimento di antimodernità che avrebbe meritato un posto fra i trailer di Grindhouse. Visto in quest'ottica, ogni aspetto di Vacancy appare finalmente plausibile: il sin troppo parsimonioso ricorso al gore, l'inutile verbosità dei protagonisti, il cui background - dapprima esibito e poi trascurato -è strumentale alla stereotipizzazione di cui sono oggetto, la pervicacia con cui la camera mostra ogni cosa - incluso il superfluo -, la non-caratterizzazione e l'intrinseca stupidità dei bad guys, l'immancabile apparizione del poliziotto solitario cui nessuno degli spettatori deciderà di affezionarsi. Al suo primo film Hollywoodiano, Antal gira un film americanissimo, un bigino piccolo e nostalgico che nel suo anacronismo ha il merito di ricordarci le basi di un buon b-movie. Affidandosi così pesantemente ai modelli - da Psycho a Duel -
Vacancy rinuncia di fatto all'elemento sorpresa e, trascurando qualsiasi approfondimento psicologico, non può far altro che affidarsi completamente all'azione. Dopo una breve introduzione tesa a mostrare i dissidi tra David (Luke Owen, letteralmente sepolto da una sceneggiatura che gli impone di rimarcare continuamente l'ovvio) ed Amy (una Kate Beckinsale finalmente spettinata) aumentati dall'ingombrante e silenziosa presenza di un figlio perduto, la camera di Andrzej Sekula si sposta all'interno del motel e salta i convenevoli, seguendo i frenetici tentativi della coppia di sfuggire ai Norman Bates di turno con un ritmo che non viene meno sino alla conclusione.
E allora: se cercate suspence e spavento, state alla larga da questo motel (la stanza numero 1408 vi riserverà ben altre soddisfazioni); ma se per qualche oscura ragione avete nostalgia - come Tarantino - dei thriller di serie B che si facevano una volta, affidatevi alla sostanza di Vacancy. E solo dopo lamentatevi della sua prevedibilità.
Perdonate l'introduzione frivola: serve da avviso, perché Vacancy non va preso alla lettera. Sia sul versante horror che su quello thriller, il film di Nimrod Antal ha ben poco da dire: i meccanismi narrativi sono abusati almeno quanto l'ambientazione, sorpresa e paura soccombono all'abitudine, la conclusione è prevedibile ed affrettata.
E' un film che avrete visto centinaia di volte, in infinite quanto minuscole varianti, e in quanto tale difficilmente riuscirà a procurarvi autentici sussulti (se si esclude il caro, vecchio assassino mascherato che compare all'improvviso alle spalle del protagonista). E tuttavia all'apparire dei titoli di coda si palesa la verità: quello di Antal è un film consapevolmente prevedibile, che rifugge i moderni canoni del thriller, un esperimento di antimodernità che avrebbe meritato un posto fra i trailer di Grindhouse. Visto in quest'ottica, ogni aspetto di Vacancy appare finalmente plausibile: il sin troppo parsimonioso ricorso al gore, l'inutile verbosità dei protagonisti, il cui background - dapprima esibito e poi trascurato -è strumentale alla stereotipizzazione di cui sono oggetto, la pervicacia con cui la camera mostra ogni cosa - incluso il superfluo -, la non-caratterizzazione e l'intrinseca stupidità dei bad guys, l'immancabile apparizione del poliziotto solitario cui nessuno degli spettatori deciderà di affezionarsi. Al suo primo film Hollywoodiano, Antal gira un film americanissimo, un bigino piccolo e nostalgico che nel suo anacronismo ha il merito di ricordarci le basi di un buon b-movie. Affidandosi così pesantemente ai modelli - da Psycho a Duel -
Vacancy rinuncia di fatto all'elemento sorpresa e, trascurando qualsiasi approfondimento psicologico, non può far altro che affidarsi completamente all'azione. Dopo una breve introduzione tesa a mostrare i dissidi tra David (Luke Owen, letteralmente sepolto da una sceneggiatura che gli impone di rimarcare continuamente l'ovvio) ed Amy (una Kate Beckinsale finalmente spettinata) aumentati dall'ingombrante e silenziosa presenza di un figlio perduto, la camera di Andrzej Sekula si sposta all'interno del motel e salta i convenevoli, seguendo i frenetici tentativi della coppia di sfuggire ai Norman Bates di turno con un ritmo che non viene meno sino alla conclusione.
E allora: se cercate suspence e spavento, state alla larga da questo motel (la stanza numero 1408 vi riserverà ben altre soddisfazioni); ma se per qualche oscura ragione avete nostalgia - come Tarantino - dei thriller di serie B che si facevano una volta, affidatevi alla sostanza di Vacancy. E solo dopo lamentatevi della sua prevedibilità.
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