Il voto del redattore
- voto
- 3/5
- valutazione
- Il verde dei tavoli da gioco di Las Vegas si tinge di rosso sangue dopo i conflitti tra fazioni opposte di Cosa Nostra. Un energico Jon Carnahan sulle orme di Tarantino (...o Rodriguez?)
Il voto dei lettori
- voto medio
- 5/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 1 lettore
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- A favore La violenza della psicoanalisi
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Smokin' Aces
di Joe Carnahan
- Dati
- Titolo originale: Smokin' Aces
- Soggetto: Joe Carnahan
- Sceneggiatura: Joe Carnahan
- Genere: Azione - Poliziesco
- Durata: 109 min.
- Nazionalità: USA
- Anno: 2007
- Produzione: Working Title Films, Relativity Media, Studio Canal, Universal Pictures
- Distribuzione: UIP
- Data di uscita: 20 07 2007
- Link
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Poker d'assi fumanti
di Emanuel Perico
Prendete una pletora di attori di buon livello, buttateli in mezzo ad un intrigo di mafia ed FBI al ritmo vorticoso di un videoclip musicale e avrete una vaga idea di quello che troverete in Smokin' aces (e grazie a Dio il titolo è rimasto in lingua originale
), l'ultimo lavoro dell'adrenalinico Joe Carnahan. Il ceppo è quello dell'action movie alla Snatch, per intenderci, mescolato a Die Hard con un pizzico di Lock&Stock e una spruzzata di Trainspotting (e aggiungerei una strizzatina d'occhio a Tarantino). Un bel calderone di personaggi indovinati e una storia che si barcamena in bilico tra il grottesco e la spy story: l' ex-illusionista Buddy "Ace" Israel entra nelle spire della malavita organizzata di Las Vegas prima accattivandosi le simpatie del boss Primo Sparazza (mai nome fu più azzeccato per un mafioso..) e successivamente costruendosi un piccolo racket personale. Ma, come la migliore tradizione di Cosa Nostra vuole, la brama di potere e il desiderio di supremazia si insinuano tra i due loschi figuri facendone scaturire una faida dai risvolti sanguinari facilmente auspicabili. Così, quando Buddy Israel vuole vendere i suoi segreti sulla Famiglia ai federali per regnare solo ed incontrastato, Sparazza mette una taglia di un milione di dollari sulla sua testa (anzi sul suo cuore
). Ciò provoca scompiglio trai i cacciatori di taglie sparsi in giro per l'America (tra cui anche qualche ex-sbirro corrotto) che faranno di tutto per scovare il latitante illusionista e intascare la lauta ricompensa. Di contro l'F.B.I, venuta a conoscenza del piano per eliminare Israel, dovrà arrivare in tempo al suo nascondiglio per riuscire a impedirne l'esecuzione.
Una sfrenata caccia all'uomo infarcita di personaggi bislacchi come ad esempio i Tremors Brothers, un trio di neo-nazi psicopatici che sembrano usciti da una strip di Tank Girl, oppure una coppia di mercenarie di colore in stile blaxpliotation, nonché un killer torturatore trasformista dal volto sfregiato. La faccenda si complica ancora di più, considerando che l'F.B.I. è a conoscenza di un segreto tale da mettere in discussione l'egemonia di Primo Sparazza ma si guarda bene dal rivelarlo. E soprattutto: chi è lo Svedese ingaggiato per eliminare Buddy Israel?
Il film accusa una parte iniziale un po' confusa e noiosa, dovuta ovviamente alla presentazione dei vari personaggi (che non sono pochi) e alle loro interconnessioni. Ma il ritmo man mano incalza e tutto è teso allo scontro finale dove gli amanti dello spara-spara più classico non rimarranno certamente delusi (un episodio su tutti: una raffica di colpi mozzafiato da un palazzo all'altro con una mitragliatrice calibro 50
roba da Ordell Robbie (Jackie Brown
nda).
Un cast di tutto rispetto dove grandi nomi e facce nuove si spartiscono la scena senza che uno brilli sull'altro, ma mantenendo un livello omogeneo e dove le star più conosciute si sacrificano a ruoli da comprimari. Attori del calibro di Ben Affleck, Ray Liotta (che è sempre una certezza) e Andy Garcia si trovano a tu per tu con volti nuovi della Hollywood contemporanea come Ryan Reynolds (The Amitiville Horror del 2005, Blade: trinity) nella parte del giovane agente dell'F.B.I., la rivelazione Jeremy Piven (Black Hawk Down, Serendipity) azzeccatissimo nei panni di Buddy Israel e poi Jason Bateman (Starsky&Hutch, Dodgeball) nel ruolo di un avvocato sessuomane alcolizzato veramente esilarante. Ma troviamo anche esponenti del panorama musicale black americano come Alicia Keys e il rapper Common (all'anagrafe Lonnie Rashid Lynn Jr.) che, al loro debutto davanti alle macchine da presa, danno persino una discreta prova di recitazione. Persino i personaggi più marginali risultano convincenti, creando una serie di spassosissime figure che permettono alla trama del film di scorrere con ritmo brillante. Memorabile la parte dove un sopravvissuto ad un agguato dei Tremors Bros., uno degli ex poliziotti (Martin Henderson), arriva mezzo amputato e agonizzante in una casa di campagna dove ad accoglierlo troverà una signora strampalata avvezza all'autoerotismo con il nipotino patito di arti marziali, drogato di televisione e affetto da iperattività, che farà passare al malcapitato qualche brutto quarto d'ora.
Certo, a livello di comunicazione, la pellicola di Joe Carnahan non aggiunge nulla di nuovo al già nutrito panorama di genere (Uh?...Pulp?), però mette in scena il tutto con destrezza e mestiere e ne esce una pellicola molto godibile e divertente. Ci aveva già fatto capire di che pasta fosse fatto con il precedente Narc (dove peraltro recitava un altro rapper americano, Busta Rhymes), nel quale troviamo ancora Ray Liotta (a questo punto portemmo parlare di attore-feticcio). Tra l'altro il regista diresse anche un episodio intitolato Ticker in un ambizioso progetto finanziato dalla BMW, ovvero una serie di cortometraggi (assolutamante da vedere) affidati alle abili mani di personaggi del calibro di Jon Woo, Alejandro Gonzales Inarritu, Guy Ritchie, Ang Lee, John Frankenheimer, Wong Kar Wai e Tony Scott.
Completano il quadro generale l'ottima fotografia dell'italiano Mario Fiore (Training day, The Island) e la coinvolgente colonna sonora che include brani di Motörhead, Common, The Prodigy e addirittura Ennio Morricone. I dialoghi non rimarranno di sicuro nella storia, (ma perché dopo Tarantino suona sempre tutto così ritrito?...) però la coralità e la varietà di situazioni a volte al limite del credibile, aiutano a non sentire troppo il peso dell'assenza di una vera sceneggiatura che si risolleva grazie ad un paio di colpi di scena strategicamente piazzati.
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