Se il cinema, tra i tanti bisogni che soddisfa, annovera anche quello di procurare un sano oblio a chi lo cerca, Ocean's 13 è il film perfetto per assolvere a questo compito. Si entra in sala, si spengono le luci e dalla prima scena si è nella storia. E poco importa se tutti i clichè ormai venuti a noia si presentano puntuali, dalla vendetta personale alla banda di uomini in cui ognuno eccelle in qualcosa. Nessuno chiede alla saga di Ocean's di essere originale e se qualcuno lo facesse, sbagliarebbe di grosso. Danny Ocean (l'inscalfibile George Clooney), stavolta single e afflitto dalla mancanza di Tess, rimette insieme tutta la banda per farla pagare a Willie Bank (Al Pacino) che si è permesso di giocare un pessimo tiro all'amico Reuben Tishkoff (Elliott Gould) e che sta inaugurando a Las Vegas un casinò enorme e di dubbio gusto destinato a vincere il prestigioso riconoscimento dei "cinque diamanti". Il piano escogitato dai dodici (tredici da un certo punto del film) è tutt'altro che semplice e il nemico da battere è all'altezza della sfida.

Se all'inizio le idee che vengono condivise con lo spettatore non fanno altro che confonderlo, man mano che la trama si dipana non resteranno zone oscure e tutto sarà svelato. Nemmeno il lavoro fatto dalla trivella utilizzata negli scavi a Las Vegas non sfuggirà a chi è in sala, con tanto di didascalia a spiegarlo.

Questa volta Soderbergh non risparmia sui buoni sentimenti, ma nemmeno sui movimenti di macchina, sulle inquadrature a volte spericolate e sui colori abbaglianti. Dalla sigla inziale a quella finale lo stile è improntato sugli anni '70 e anche il commento sonoro mantiene il medesimo taglio. I costumi sono curatissimi e la caratterizzazione di ogni personaggio emerge più dagli abiti che indossa che dalle battute che pronuncia. Ocean's 13 non si ferma nemmeno un istante, alterna momenti di dialoghi brillanti a scene di pura azione, gli attori si incastrano bene gli uni negli altri e Clooney tiene insieme tutto in modo superbo. Il ritmo, l'ironia, la capacità di creare puro intrattenimento, ma curato sono tutti ingredienti che sono invece mancati a Ocean's 12, film piatto e insulso come pochissimi altri. Là dove il secondo episodio tentava di salvarsi con ben due eroine (Julia Roberts e Catherine Zeta Jones) e un outsider (Vincent Cassel che torna anche nel 13), ma soccombeva all'inesistenza della storia, questo terzo capitolo ci riporta agli antichi fasti di Ocean's 11: un giocattolo costosissimo, divertente e ben funzionante. L'obiettivo è ancora quello di confezionare un film d'azione con l'occhio di chi ne ha visti tanti e con a disposizione un cast d'eccezione e la squadra lo consegue con successo.

Un po' sotto tono Rusty Ryan (Brad Pitt), vestito d'oro e con gli anelli d'ordinanza, ma poco sfruttato tanto che anche la scena di seduzione, sua per diritto costituzionale, gli viene scippata da quel boy scout di Linus Calwell (Matt Damon). In forma smagliante Ellen Barkin strizzata in tubini fucsia e con un aggressivo carrè a contornarle il viso, ben riuscito il suo personaggio anche solo per la sua esistenza in sé che non prevede l'essere la fidanzata di qualcuno. Mentre viene affidata a Virgil Malloy (Casey Affleck), raggiunto poi da Turk Malloy (Scott Caan), la parte più riuscita di tutto il film e cioè la rivolta alla fabbrica messicana dove si producono i dadi destinati al casinò di Bank: prima i diritti dei lavoratori e dopo il piano di Ocean.

La sensazione netta è che la parte migliore di tutte l'abbiano vissuta attori, regista e troupe durante la lavorazione di questo film e che ciò che resta allo spattatore sia una film onesto che non finge di essere altro da sé e che non delude chi è entrato in sala cercando un rifugio dal mondo esterno o anche solo dal caldo. Le pecche di cui sopra e cioè la valanga di buoni sentimenti e i numerosi clichè si possono perdonare solo con la speranza che non ci sia, in ogni caso, un Ocean's 14.