Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- Una piccola perla tedesca su come la musica può salvare una vita (anzi due) e come la libertà può arrivare inaspettata e gratificante come un destro rifilato a qualcuno che ci sta particolarmente antipatico.
Il voto dei lettori
- voto medio
- 5/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 5 lettori
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02 11 2013
Quattro minuti
di Chris Kraus
- Dati
- Titolo originale: Vier minuten
- Soggetto: Chris Kraus
- Sceneggiatura: Chris Kraus
- Genere: Drammatico - Sentimentale
- Durata: 112 min.
- Nazionalità: Germania
- Anno: 2006
- Produzione: Kordes & Kordes Film GmbH
- Distribuzione: Ladyfilm
- Data di uscita: 00 00 0000
Recensione pubblicata l'01 06 2007
Questa recensione è stata letta 16526 volte
Schubert vs. Hip Hop
di Emanuel Perico
Il cinema tedesco sta vivendo un momento di particolare fulgore, considerando che era dai tempi del miglior Wenders che non si riusciva a vedere qualcosa di interessante provenire dalla Germania (forse più a causa della distribuzione che per mancanza di buone idee). Quattro minuti è una di queste buone idee: pellicola pluripremiata, intrisa di sofferenza, perdono, redenzione e anche un po' di cattiveria, ma soprattutto di amore. Amore per la musica, che è quello che lega indissolubilmente le due protagoniste del film di Kris Kraus, qui al suo primo lungometraggio. L'anziana Traude Kruger insegna pianoforte in un carcere femminile. Un giorno incontra una giovane detenuta, Jenny, che in passato è stata una bambina prodigio dei tasti bianchi e neri. Il suo scopo diventerà quello di far emergere il poderoso talento della ragazza e farla così partecipare ad un concorso di pianoforte (ovviamente per vincerlo). L'impresa sarà tutt'altro che facile considerata l'indole piuttosto ribelle e violenta dell'allieva, che si trova in carcere dopo essersi assunta la colpa di un crimine commesso dal suo ex ragazzo che l'ha mollata dopo averla ingravidata.
Tutto questo avrebbe potuto annientare una persona qualunque, ma Jenny è riuscita a trovare la salvezza nella musica. Di contro, l'arida insegnante Traude ha vissuto una vita di solitudine dopo che la donna di cui era innamorata durante la guerra morì impiccata dai soldati nazisti. Perciò rivede in Jenny quel lampo di passione che la prese in giovane età e diventa per lei una questione d'onore insegnarle più che la tecnica, di cui è già ampiamente dotata, la disciplina, alla quale però Jenny è piuttosto restia a piegarsi perché a lei piace la "musica dei negri" e questo Traude non riesce proprio a digerirlo. Appartengono a due universi opposti l'insegnante e l'allieva, ma in qualche modo riescono a stabilire una sorta di contatto che si fa via via più saldo in una sorta di do ut des emozionale, fatto di piccoli scambi che giorno dopo giorno si rivelano importanti per la sopravvivenza di entrambe. Tutte e due sono sole al mondo e tutte e due lottano strenuamente per non affondare nella spirale della crudeltà quotidiana, l'una nel ricordo dell'amata, l'altra nel tentativo di arginare l'ostilità delle compagne di cella e dei guardiani del carcere, e di cancellare l'onta subita dal padre che abusò di lei in tenera età.
Pregevoli le due attrici, Monica Bleibtreu nei panni dell'anziana insegnante e l'esordiente ma già smaliziata Hannah Herzsprung, che dà una prova davvero convincente e toccante. Scambi di sguardi muti e carichi di tensione ma anche complicità al limite dell'intimità.
Traude riuscirà per un piccolo istante a fare breccia nel cuore di Jenny che, pur con estrema diffidenza, le offrirà la sua parte più vulnerabile. Quattro minuti potrebbe assomigliare a molte altre pellicole nelle quali il genio di turno viene aiutato a far emergere il proprio dono e alla fine riscatta se stesso dal giudizio cinico e superficiale delle persone e di chi gli vuol male. In questo caso il merito di Kraus è quello di creare scene di forte impatto emotivo e visivo, come ad esempio i momenti in cui Jenny, costretta alle manette per aver pestato a morte una compagna di cella troppo invadente, suona il piano di spalle con i polsi legati. Oppure il forte contrasto tra il suo corpo molto mascolino, emaciato e scolpito dalle tante sofferenze e un vestito molto femminile ed elegante indossato durante la sera del concorso.
I dialoghi, ben calibrati e usati con parsimonia, riescono a dare spessore alle svariate situazioni e riescono ad alleggerire particolari momenti che potrebbero sembrare ostici e difficili da gestire, addirittura conferiscono (in alcuni casi) una giusta dose di ironia salvifica che fa pesare meno il macigno della trama alquanto tragica.
Alcuni luoghi comuni, necessari però all'appeal della storia, come i rapporti conflittuali con le altre recluse o con le guardie carcerarie, ci rimandano automaticamente a certi film di genere, episodi come quello in cui Jenny viene trasferita subdolamente dalla guardia malmenata durante una colluttazione, o episodi di nonnismo in cella, possono essere un tantino prevedibili.
Tutto ciò però, asserve la struttura del racconto che ruota attorno alle figure di arte-amore- libertà e che racconta di due individualità così diverse tra loro che riescono a trovare nell'arte tutto l'amore possibile per riuscire a raggiungere il fine ultimo dell'essere umano: quello della libertà. Concetto superbamente sintetizzato nell'enfatica e sublime scena finale, quella del concorso, dove il pianoforte viene violentato da Jenny, quasi a voler esorcizzare l'esperienza avuta in passato, in quanto l'arte (la musica in questo caso) assurge al ruolo di martire per una piena purificazione del sé senza dover per forza concedere cristianamente un perdono.
In quei quattro minuti finali è rinchiusa tutta una vita fatta di delusione, di sottomissione, di frustrazione, sia dell'allieva che dell'insegnante che, come in uno specchio, si guardano l'un l'altra imparando ma nel contempo insegnando. Ognuna delle due sacrifica una piccola parte del proprio orgoglio, senza però compromettere la propria essenza e il modo di vedere il mondo.
Così Jenny accetterà di esibirsi al concorso, vestita di tutto punto come una vera donna e Traude realizzerà che la "musica dei negri" non è poi così male come sembra.
Tutto questo avrebbe potuto annientare una persona qualunque, ma Jenny è riuscita a trovare la salvezza nella musica. Di contro, l'arida insegnante Traude ha vissuto una vita di solitudine dopo che la donna di cui era innamorata durante la guerra morì impiccata dai soldati nazisti. Perciò rivede in Jenny quel lampo di passione che la prese in giovane età e diventa per lei una questione d'onore insegnarle più che la tecnica, di cui è già ampiamente dotata, la disciplina, alla quale però Jenny è piuttosto restia a piegarsi perché a lei piace la "musica dei negri" e questo Traude non riesce proprio a digerirlo. Appartengono a due universi opposti l'insegnante e l'allieva, ma in qualche modo riescono a stabilire una sorta di contatto che si fa via via più saldo in una sorta di do ut des emozionale, fatto di piccoli scambi che giorno dopo giorno si rivelano importanti per la sopravvivenza di entrambe. Tutte e due sono sole al mondo e tutte e due lottano strenuamente per non affondare nella spirale della crudeltà quotidiana, l'una nel ricordo dell'amata, l'altra nel tentativo di arginare l'ostilità delle compagne di cella e dei guardiani del carcere, e di cancellare l'onta subita dal padre che abusò di lei in tenera età.
Pregevoli le due attrici, Monica Bleibtreu nei panni dell'anziana insegnante e l'esordiente ma già smaliziata Hannah Herzsprung, che dà una prova davvero convincente e toccante. Scambi di sguardi muti e carichi di tensione ma anche complicità al limite dell'intimità.
Traude riuscirà per un piccolo istante a fare breccia nel cuore di Jenny che, pur con estrema diffidenza, le offrirà la sua parte più vulnerabile. Quattro minuti potrebbe assomigliare a molte altre pellicole nelle quali il genio di turno viene aiutato a far emergere il proprio dono e alla fine riscatta se stesso dal giudizio cinico e superficiale delle persone e di chi gli vuol male. In questo caso il merito di Kraus è quello di creare scene di forte impatto emotivo e visivo, come ad esempio i momenti in cui Jenny, costretta alle manette per aver pestato a morte una compagna di cella troppo invadente, suona il piano di spalle con i polsi legati. Oppure il forte contrasto tra il suo corpo molto mascolino, emaciato e scolpito dalle tante sofferenze e un vestito molto femminile ed elegante indossato durante la sera del concorso.
I dialoghi, ben calibrati e usati con parsimonia, riescono a dare spessore alle svariate situazioni e riescono ad alleggerire particolari momenti che potrebbero sembrare ostici e difficili da gestire, addirittura conferiscono (in alcuni casi) una giusta dose di ironia salvifica che fa pesare meno il macigno della trama alquanto tragica.
Alcuni luoghi comuni, necessari però all'appeal della storia, come i rapporti conflittuali con le altre recluse o con le guardie carcerarie, ci rimandano automaticamente a certi film di genere, episodi come quello in cui Jenny viene trasferita subdolamente dalla guardia malmenata durante una colluttazione, o episodi di nonnismo in cella, possono essere un tantino prevedibili.
Tutto ciò però, asserve la struttura del racconto che ruota attorno alle figure di arte-amore- libertà e che racconta di due individualità così diverse tra loro che riescono a trovare nell'arte tutto l'amore possibile per riuscire a raggiungere il fine ultimo dell'essere umano: quello della libertà. Concetto superbamente sintetizzato nell'enfatica e sublime scena finale, quella del concorso, dove il pianoforte viene violentato da Jenny, quasi a voler esorcizzare l'esperienza avuta in passato, in quanto l'arte (la musica in questo caso) assurge al ruolo di martire per una piena purificazione del sé senza dover per forza concedere cristianamente un perdono.
In quei quattro minuti finali è rinchiusa tutta una vita fatta di delusione, di sottomissione, di frustrazione, sia dell'allieva che dell'insegnante che, come in uno specchio, si guardano l'un l'altra imparando ma nel contempo insegnando. Ognuna delle due sacrifica una piccola parte del proprio orgoglio, senza però compromettere la propria essenza e il modo di vedere il mondo.
Così Jenny accetterà di esibirsi al concorso, vestita di tutto punto come una vera donna e Traude realizzerà che la "musica dei negri" non è poi così male come sembra.
I lettori hanno scritto 2 commenti
- indirizzo IP 81.208.55.149
- data e ora Mercoledì 06 Giugno 2007 [16:54]
- commento è una solluta opera d'arte, dalla narrazione agli intrecci alle caratterizzazioni, fotografia e regia. c'è rossellini e Munch in questo film. Erano anni che non si vedeva un Film così. Luca M.
- indirizzo IP 87.8.19.232
- data e ora Martedì 03 Luglio 2007 [12:24]
- commento bellissimo.. vorrei sapere dove posso trovare il pezzo finale, chi mi aiuta?
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