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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 3.5/5
  • valutazione
  • Un buon esordio, per un regista che ha un gran bello sguardo e affronta bene un tema scivoloso come la deriva del socialismo
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 4/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 18 lettori
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Info

Le vite degli altri

di Florian Henckel von Donnersmarck

 
    Dati
  • Titolo originale: Das leben der anderen
  • Soggetto: Florian Henckel von Donnersmarck
  • Sceneggiatura: Florian Henckel von Donnersmarck
  • Genere: Drammatico - Psicologico
  • Durata: 137 min.
     
  • Nazionalità: Germania
  • Anno: 2006
  • Produzione: Baeyerisher Rundfunk, Arte e creado film, Berg productions
  • Distribuzione: 01 Distribution
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Dramma psicologico per persone buone

di Alice Trippolini

"Quelli che voi interrogherete sono nemici del socialismo". Inizia così, con una lezione sui metodi di interrogatorio, Le vite degli altri, opera prima del giovane regista Florian Henckel von Donnersmarck. Il capitano Gerd Wiesler (Ulrich Mühe), sta spiegando ad una classe di aspiranti agenti della Stasi (la polizia di stato della Repubblica Democratica tedesca) la differenza tra un uomo che mente e uno che dice la verità. Chi non ha nulla da nascondere tende a contraddirsi e con il passare delle ore si innervosisce, diventando aggressivo. Il bugiardo non si contraddice mai, perché ha imparato a memoria una parte. Quello che ascoltiamo (e vediamo) è un interrogatorio condotto dallo stesso Wiesler, che punto per punto demolisce il sospettato e lo porta a confessare. All'accusa di disumanità, il capitano ha una risposta assoluta: proteggere il socialismo. L'incipit ci mostra subito la linea del film e ci suggerisce cosa vedremo. Vedremo una spia, che crede ciecamente in quello che fa e che ha sviluppato un bisogno di spiare (soprattutto di sospettare) che va oltre il suo lavoro. Vedremo un paese dove regna la paura e la psicosi del complotto e vedremo le vite di molti attraverso gli occhi di pochi.

Siamo a Berlino est, nel 1984, in piena crisi della DDR. Al capitano Gerd Wiesler, viene affidata una missione: pianificare la sorveglianza di un autore teatrale Georg Dreyman (Sebastain Koch) e della moglie attrice Christa Maria Sieland (Martina Gedeck) sospettati di favorire alcuni intellettuali dissidenti. In realtà, l'unico scopo della sorveglianza è accusare l'uomo per toglierlo di mezzo, dato che il ministro della cultura è innamorato della moglie dell'intellettuale. Wiesler prende molto sul serio la missione e si insinua nella vita della coppia controllando ogni passo, ogni parola, ogni oggetto. L'osservazione forzata gli prende la mano e dopo qualche mese l'agente passa da osservatore onnipresente a burattinaio. La familiarità con i sospettati e la scoperta di giochi di potere estranei all'ideale lo porta a mettere in discussione gli stessi principi del socialismo. Alla fine non potrà evitare la tragedia, ma riparerà in parte alla barbarie del suo partito. Le vite degli altri è essenzialmente un film sulla paura e sul controllo. Il controllo è quello del governo (in questo caso i socialisti), che quando è alle strette si nutre di sospetti e di paura. Più che sul dramma umano, il regista si concentra sull'atto dell'osservare. Sono innumerevoli i richiami allo sguardo e soprattutto all'ascolto. L'interrogatorio che vediamo nella prima scena è stato registrato: lo ascoltiamo di nuovo, spiegato dallo stesso agente.

Le vite degli altri 'passano' attraverso gli occhi delle spie. Noi spettatori seguiamo la spia, vediamo quello che vede e veniamo a conoscenza dei fatti attraverso i rapporti degli agenti. C'è però qualcosa in più. Il regista e sceneggiatore Florian Henckel von Donnersmarck sceglie una spia come protagonista. Wiesler è un agente discreto, idealista e votato alla sua missione. Il suo volto è innocuo e rassicurante e i suoi grandi occhi chiari osservano tutto con intensità. Sembra uno qualunque, mentre cronometra il tempo necessario a riempire di microspie la casa di Dreyman. Attraverso i gesti sappiamo che è maniacale. Lo vediamo disegnare la piantina nella soffitta sopra l'appartamento dell'autore e spostarsi per emulare i movimenti dei sospettati. È la sua vita che interessa al regista: una vita vuota, che lo porta ad abusare del suo potere, fino ad intervenire nelle vite dei sospetti: una specie di immedesimazione. Alla fine però il suo percorso giunge ad un cambiamento. La bontà viene fuori, ci suggerisce von Donnersmarck, anche se si trova dalla parte sbagliata. Con la splendida sonata che Dreyman riceve come regalo di compleanno: inno di morte e di vita allo stesso tempo. "Chi può rimanere cattivo dopo aver ascoltato una musica così?" si chiede Dreyman, mentre il suo controllore ascolta attraverso le onnipresenti cuffie. Una scena meravigliosa, in cui il regista cita un esperimento osservato all'accademia di cinema, che lo ha ossessionato per anni: un uomo costretto ad ascoltare una musica che non vorrebbe sentire. A parte qualche elemento di troppo che dilata la narrazione, Le vite degli altri è un film attento e non convenzionale sulla deriva del controllo. Bellissime le musiche di Gabriel Yared. Dopo averlo visto non potrete rimanere cattivi.

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 9 commenti

 
 
utente
Sara
  • indirizzo IP 151.38.135.241
  • data e ora Giovedì 12 Aprile 2007 [11:49]
  • commento Il finale non mi e' sembrato per niente consolatorio, ma anzi volto a rimarcare l'immobilita' nel cambiamento.
 
 
 
 
 
utente
Dudoski
  • indirizzo IP 83.103.92.98
  • data e ora Sabato 21 Aprile 2007 [9:33]
  • commento Sono d'accordo. E non ho neanche notato grandi cadute nel film. Veramente una bella sorpresa! Consigliato.
 
 
 
 
 
utente
Lollo
  • indirizzo IP 213.140.6.126
  • data e ora Domenica 22 Aprile 2007 [16:04]
  • commento Veramente un bel film, mai lento, buona recitazione. Bravi tutti.
 
 
 
 
 
utente
SPINOZA
  • indirizzo IP 193.193.172.200
  • data e ora Giovedì 26 Aprile 2007 [10:26]
  • commento Anche a mio parere il finale non ha nulla di posticcio né consolatorio. La sceneggiatura è asciutta e impeccabile, la tragedia si abbatte su ciascuno, senza distinzione, film di grande equilibrio.
 
 
 
 
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