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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 0.5/5
  • valutazione
  • Affossata dalle troppe ambizioni, l'ultima fatica registica di Aronofsky annoia dall'inizio alla fine. Si salva solo Rachel Weisz.
  •  
 
voto
 
 
 

Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 4.1/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 5 lettori
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Info

L'albero della vita

di Darren Aronoksky

 
    Dati
  • Titolo originale: The Fountain
  • Soggetto: Darren Aronofsky
  • Sceneggiatura: Darren Aronofsky, Ari Handel
  • Genere: Drammatico - Fantasy
  • Durata: 96 min.
     
  • Nazionalità: USA
  • Anno: 2007
  • Produzione: Iain Smith (produttore) Eric Watson (produttore) Arnon Milchan (produttore) Nick Wechsler (produttore esecutivo)
  • Distribuzione: 20th Century Fox
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Il polpettone fantasy di Aronofsky affondato dalle sue ambizioni

di Francesca Paciulli

XVI secolo: il conquistador spagnolo Tomas (Hugh Jackman) follemente innamorato della nobildonna Isabel (Rachel Weisz), si mette sulle tracce dell'albero della vita, la leggendaria pianta nella cui linfa si cela il dono dell'immortalità. XXI secolo: lo scienziato Tom Creo sperimenta gli effetti di una miracolosa pianta guatemalteca su uno scimpanzè. Sua moglie Izzie sta morendo di cancro e forse questa nuova medicina potrà salvarle la vita. XXVI secolo: un astronauta viaggia alla ricerca dell'albero della vita, scontrandosi con i suoi dubbi e le sue paure più remote. Cavalca i secoli come su un cavallo imbizzarito, L'albero della vita, opera terza di Darren Aronofsky presentata - e sonoramente fischiata - al 63° Festival del Cinema di Venezia e ora approda sugli schermi italiani per divulgare il suo pretenzioso messaggio new age.

Dopo aver firmato nel 2000 un'opera personalissima e in grado di trasmettere rare suggestioni, Requiem for a dream, e ancora prima l'affascinante PI Greco - Il teorema del delirio, Aronofsky inciampa rovinosamente su un cammino lastricato di ambizioni che sono non solo decisamente troppe, ma anche mal gestite. Frutto di sette anni di lavoro - inizialmente i due protagonisti dovevano essere Brad Pitt e Cate Blanchett -, la sceneggiatura di Aronofsky e Ari Handel si crogiola eccessivamente nella superficialità dei suoi ammiccamenti filosofeggianti: si parte con la ricerca della fonte della giovinezza, si continua con gli sbalzi temporali nel presente (la parte indubbiamente più riuscita), e nel futuro, surreale e improbabile, gravato dai resistibili effetti speciali della Amoeba Proteus.

Tre livelli e tre linguaggi espressivi che si incastrano a fatica (ai personaggi contemporanei di Tom e Izzie, rispettivamente medico e scrittrice, corrispondono quelli immaginari di Tomas e Isabel, protagonisti del manoscritto a cui Izzie sta lavorando) e nei panni dei quali Hugh Jackman fatica a farsi ascoltare. Chiamato a dare voce a tre personaggi tra loro speculari, l'ex Wolverine di X - Men non riesce a comunicare altra emozione che non sia lo stordimento. Se la cava molto meglio l'inglese Rachel Weisz (The Constant Gardener), compagna del regista e sua musa ispiratrice. La sua interpretazione, insieme alla suggestiva colonna sonora di Clint Mansell, è francamente la parte più riuscita dell'intero film: lo sguardo fiero e appassionato di Isabel e quello stanco e provato di Izzie restano uno dei motivi più validi per sorbirsi novantasei minuti di un polpettone fantasy che, pur accostandosi all'affascinante tema dell'accettazione della morte come parte integrante della vita, lascia totalmente indifferenti per il modo in cui viene affrontato. Zero emozioni e molta, troppa, noia.

 
 
 
 
 
 
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