Il voto del redattore
- voto
- 3.5/5
- valutazione
- Il film è ben fatto ma non così avvincente sul piano dell'intrigo e non così appassionante per la storia d'amore. Soderbergh in fondo ci ha abituati ad una produzione discontinua negli esiti e quando vuole sbancare il botteghino sa in che modo farlo, per esempio girando un episodio della saga di Ocean come probabilmente sta facendo adesso. Molto godibile però per la ricostruzione d'ambiente impeccabile e per ciò che dimostra: che indietro non si torna mai, neanche con gli artifici di cui dispone il cinema.
Il voto dei lettori
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- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
Intrigo a Berlino
di Steven Soderbergh
- Dati
- Titolo originale: The good german
- Soggetto: tratto dal romanzo The good german di Joseph Kanon
- Sceneggiatura: Paul Attanasio
- Genere: Giallo - Noir
- Durata: 105 mn.
- Nazionalità: USA
- Anno: 2006
- Produzione: Warner Bros. Picture
- Distribuzione: Warner Bros. Italia
- Data di uscita: 00 00 0000
Berlino e gli albori della guerra fredda
di Stefania Cappellini
Inizia come Germania anno zero, prosegue come Il terzo uomo, termina come Casablanca. Questo è più o meno quanto è stato detto e scritto finora su Intrigo a Berlino di Steven Soderbergh. Ed è una descrizione veritiera ma riduttiva. Il film è stato accolto abbastanza freddamente dal pubblico e dalla stampa al Festival di Berlino dove è stato presentato lo scorso febbraio. Certo, l'operazione di Soderbergh era azzardata, cimentarsi con i classici del noir, con Rossellini forse, e farlo con il sodale di sempre George Clooney nella parte di Humphrey Bogart. Tuttavia il regista non è nuovo a sperimentare i generi da quando con il primo lungometraggio ottenne la Palma d'oro a Cannes per sé e per il protagonista del suo Sesso, bugie e videotape, James Spader. Soderbergh è un cineasta dotato ed eclettico che ha avuto la possibilità e la voglia di fare esperimenti sui film che gli hanno fatto nascere l'amore per il cinema, nonostante questo, forse è anche l'antipatia per tanta sicumera che ci dispone negativamente verso questo lungometraggio.
Tutte queste erano le riflessioni che mi accompagnavano alla visione del film e tutto si è dileguato non appena sono comparsi i titoli di testa, spartani, su immagini di repertorio delle macerie di Berlino. Soderbergh ricalca pedissequamente modi degli anni quaranta, dalle tendine alle immagini tagliate dalle luci oblique e di per sé tutto questo è suggestivo, ben studiato e adatto ad una storia che però è un po' fuori da quel tempo, figlia di suggestioni e paure di qualche decennio successive. Tratto dal romanzo omonimo del titolo originale, The good german, e sceneggiato da Paul Attanasio, il film si basa su una storia ambigua di spionaggio che ha per protagonisti russi e americani riunitisi per la conferenza di Postdam. Ma la lucidità degli ufficiali sulle "ragioni della guerra di domani" discusse al tavolo della pace di oggi ricorda un po' troppo da vicino tanto cinema antimilitarista degli anni sessanta.
A condire il tutto la storia d'amore (più sbandierata dalle note di accompagnamento al film che reale) tra Clooney/Geismer e la dark lady (fin nel colore dei capelli diverso dal naturale) Lena Brandt/Cate Blanchett. Il costume italiano di doppiare i film fa sì che quando si incappa in una voce bella ma male accoppiata al personaggio come quella della protagonista a riuscirne limitato può essere il giudizio complessivo sull'opera.
Se l'intento era ambizioso, Soderbergh (che pure ci ha abituati alle sue divagazioni da un genere all'altro per poi stupirci con opere fuori da tutti gli schemi come Full frontal e Bubble) è riuscito ancora una volta a confezionare una storia comunque convincente e avvincente per quel tanto di omaggio che c'è ai tempi gloriosi del cinema degli anni quaranta e cinquanta. Già Gus Van Sant si era confrontato spudoratamente con i grandi con il suo Psycho, nella stessa oeprazione si cimenta anche Soderbergh riuscendo a mio avviso a costruire un film che val la pena d'essere visto.
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