Il voto del redattore
- voto
- 3.5/5
- valutazione
- Un'esperienza visiva non facile ma intensa
Il voto dei lettori
- voto medio
- 3.7/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 6 lettori
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In memoria di me
di Saverio Costanzo
- Dati
- Titolo originale: In memoria di me
- Soggetto: liberamente ispirato al romanzo "Il gesuita perfetto" di Furio Monicelli
- Sceneggiatura: Saverio Costanzo
- Genere: Drammatico - Sociale
- Durata: 113 min.
- Nazionalità: Italia
- Anno: 2007
- Produzione: MARIO GIANANI, SAVERIO COSTANZO, ANNE-DOMINIQUE TOUSSAINT PR OFFSIDE, LES FILMS DES TOURNELLES
- Distribuzione: Medusa
- Data di uscita: 00 00 0000
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Anime in perenne conflitto
di Riccardo Lupoli
Il giovane Andrea, intellettualmente molto dotato, decide di rinunciare alla propria vita di tutti i giorni per rispondere alla vocazione ricevuta, entrando in un noviziato di gesuiti situato su un'isoletta di Venezia. Qui impara a fare del silenzio la propria regola di vita, ricercando quotidianamente le radici della fede attraverso lo studio, il lavoro, la meditazione. E' poi il confronto con gli altri, in particolare con il compagno Zanna, a permettergli di allargare la propria visuale, di far crescere dentro di lui un atteggiamento critico nei confronti della clausura e soprattutto verso l'immagine di se stesso che si era costruito. Ma questa neonata consapevolezza non necessariamente basterà a deviare la forte spinta iniziale che ha portato il ragazzo a rinunciare alla propria esistenza materiale.
Saverio Costanzo presta il suo sguardo discreto e sempre lucido ad un'altra tematica di grande valore universale. Se in Private veniva affrontato con taglio documentaristico il tema della libertà dei popoli, questa volta è quasi un sottotema del precedente a venire indagato dal giovane regista romano, ossia la libertà interiore. E facendo un confronto proprio con la pellicola d'esordio, sono tanti gli elementi comuni che ritroviamo anche in quest'ultima opera. Prime fra tutti, le ricorrenti atmosfere claustrofobiche che avvolgevano la casa asserragliata dai soldati israeliani, che qui vengono invece raffigurate da fugaci sguardi da dietro le sbarre, col passaggio delle navi che rappresentano il rumore della civiltà che va avanti inesorabilmente. Così come lo sguardo in soggettiva del protagonista, che in Private rappresentava l'espressione più bella del confronto fra Israeliani e Palestinesi, con la giovane protagonista che osservava ogni giorno dalla fessura di un armadio i soldati nella loro routine per potersi avvicinare a loro, per comprenderli e non doverli più temere. Allo stesso modo Andrea "spia" gli altri nelle loro faccende quotidiane, in particolare il compagno Zanna, forse perché capisce che in lui è più forte quella componente di dissidio interiore che lo rende un personaggio vivo, tormentato, una sorta di alter-ego del protagonista. Infine lo svolgersi di tutta la vicenda dentro quattro mura, in un microcosmo che diviene simbolo di quello che accade di fuori, perché, come recita una battuta di Zanna, in risposta al proposito di Andrea di voler cambiare il mondo: "Noi non possiamo cambiare il mondo, noi lo replichiamo e basta".
Una nuova idea di uomo, è questo ciò che si forma nella mente di Andrea incominciando ad andare a messa e a frequentare la chiesa, ed è questo l'obiettivo della sua ricerca esistenziale, del suo cammino spirituale; una ricerca difficile, tormentata, fatta di intense riflessioni e di lunghi silenzi. Ma In Memoria di Me non è affatto un film sul silenzio, anzi, è anche grazie ai dialoghi, i rumori improvvisi e i suoni isolati che la pellicola riesce ad affrontare e approfondire con perfetta cognizione di causa una tematica così complessa e aperta a diverse possibilità di indagine. E poi c'è il continuo alternarsi di luce e buio, la visione a tratti defilata di una realtà in cui ogni azione, anche la più banale, sembra celare un significato assoluto; così come una stanza chiusa, in cui Andrea sa che c'è un confratello malato, ma che non ha mai il coraggio di visitare, può diventare metafora della fede stessa: non sappiamo cosa c'è dietro quella porta, e non lo sa neanche il protagonista, il non vedere ci rende liberi di credere ciò che vogliamo, così come il Vangelo sostiene che sarà beato colui che crederà anche senza aver visto. Non stiamo certamente parlando di un film facile, ma di un'opera ben costruita che affronta in maniera critica e intelligente la vita conventuale senza diventarne uno spot, aggiungendo al punto di vista in faticosa evoluzione dei protagonisti quello di uno spettatore che alla fine della visione potrà anche non aver apprezzato il film per la sua atipicità, ma avrà sicuramente trovato più di uno spunto di riflessione.
I lettori hanno scritto 1 commento
- indirizzo IP 151.25.158.77
- data e ora Mercoledì 28 Marzo 2007 [20:28]
- commento Film intenso che si presta a diverse interpretazioni, sia per quanto attiene al messaggio che per lo stile del regista. Unico grave neo: il sonoro: quasi incomprensibili i rari dialoghi.
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