Il voto del redattore
- voto
- 5/5
- valutazione
- Ecco il mio cuore.
Il voto dei lettori
- voto medio
- 2.8/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 35 lettori
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
Oro rosso
di Jafar Panahi
- Dati
- Titolo originale: Talaye Sorkh
- Soggetto: Abbas Kiarostami
- Sceneggiatura: Abbas Kiarostami
- Genere: Drammatico - Sociale
- Durata: 97'
- Nazionalità: Iran
- Anno: 2003
- Produzione: Jafar Panahi Productions, Mikado, Lumen Films
- Distribuzione: Mikado
- Data di uscita: 00 00 0000
Benedetta sia la sua mano.
di Sara Troilo
Sicuramente ci sarà un motivo per cui la leggerezza del tocco cinematografico risiede in Iran. Probabilmente gli autori iraniani l'hanno lusingata levando di mezzo ogni didascalia, hanno fatto abbassare quelle arie da spaccone agli effetti speciali ignorandoli in toto, hanno saputo utilizzare la macchina da presa per arrivare al cuore dello spettatore (e stringerglielo), hanno deriso la presunzione di gigantesche macchine produttive e la totale immobilità di culture che si ritengono ormai troppo solide per mettersi in discussione. Sì, se io fossi la leggerezza apprezzerei tutti questi optional, ho pochi dubbi in proposito. Se fossi in lei, tra l'altro, fuggirei a gambe levate da tutti quei predicozzi, che stanno tentando di sostituire il catechismo, del calibro di Signs dove un concetto elementare, con la forza della ripetizione ossessiva, passa dal grottesco al risibile per approdare fiero al decisamente imbarazzante. Oro rosso disegna un cerchio (e Panahi non si cita addosso) attorno a un uomo, ci mostra la sua fine e poi si sposta a ritroso nel tempo per raccontarci in quanti e quali passaggi quest'uomo arriva lì dove l'abbiamo visto immediatamente dopo l'apparizione sullo schermo del titolo del film. Riprese ravvicinate, pochi campi lunghi, monologhi serratissimi addosso al granitico e silenzioso protagonista, determinato come pochi altri a lavare l'onta dell'offesa perpetrata ai suoi danni dal gioielliere che per ben due volte l'ha ritenuto indegno di comprare gioielli italiani. C'è anche un dialogo di sapore tarantiniano al tavolo di un bar, con tanto di personaggio misterioso che offre lezioni di furto onorevole e un pregevolissimo stacco dalla narrazione contenuto in un interno sfarzoso, magnifico e crudele al tempo stesso, messo lì per farci prendere fiato insieme al nostro eroe e per darci di nuovo misura delle disparità sociali. Forte è il tema sociale nel film cui era stato impedito di partecipare ai festival mondiali e che tutt'oggi non viene proiettato in Iran. Eppure non c'è traccia di manicheismo, non emerge nemmeno una volta riaccese le luci in sala. Anche chi ha nel sangue la tendenza al tifo, anche chi di norma si schiera a prescindere, qui tace. All'inizio ti scappa una condanna? Ti tocca scontarla tutta e sentirti anche stupido. Il coinvolgimento emotivo è guidato dalle mani sapienti dell'autore che non fa mai tanto male da distrarre e non lascia che la mente vaghi decontestualizzando la vicenda o cercandone di simili altrove. Panahi ottiene la piena attenzione dello spettatore e da lì poi, a tratti, gioca e interpreta da solo la parte dello sbirro buono e dello sbirro cattivo alternando schiaffoni e sorrisi. Il fare cinema all'iraniana ha una connotazione forte e un codice rigido anche se non stabilito a priori da una poetica, è una cinematografia che restituisce l'immediatezza in cui è cresciuta; nessuna sovrastruttura e una scuola viva sono testimoni della sua grandezza e dei margini di crescita. Questo Oro rosso testimonia la ricerca di stili espressivi differenti da quelli che finora abbiamo visto ne Il palloncino bianco e ne Il cerchio, si intravedono passi volti a mettere un vestitino leggero all'essenziale, prima non solo protagonista, ma anche rigorosamente nudo.
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