Il voto del redattore
- voto
- 2.5/5
- valutazione
- Un colpo allo stomaco imposto. A tratti eccessivo
Il voto dei lettori
- voto medio
- 1.4/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 70 lettori
Onora il padre e la madre
- di Sidney Lumet
- dal 14 03 2008
- genere Drammatico
- tipo Thriller
- Riccardo Lupoli
Cogan - Killing Them Softly
- di Andrew Dominik
- dal 18 10 2012
- genere Drammatico
- tipo Thriller
- Ernesto Fanfani
Editoriali
Vignette
Schede
Recensioni
Speciali
Rubriche
Cloache
Ring
A Dangerous Method
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
News
02 11 2013
La sconosciuta
di Giuseppe Tornatore
- Dati
- Titolo originale: La sconosciuta
- Soggetto: Giuseppe Tornatore
- Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore
- Genere: Drammatico - Thriller
- Durata: 118 min.
- Nazionalità: Italia, Francia
- Anno: 2006
- Produzione: Medusa, Babe films
- Distribuzione: Medusa
- Data di uscita: 00 00 0000
- Link
- Tutti gli articoli di Vincenzo Rossini
- Tutti i film di Giuseppe Tornatore
- Il sito della distribuzione
Recensione pubblicata il 30 10 2006
Questa recensione è stata letta 18233 volte
La misura delle cose è sconosciuta
di Vincenzo Rossini
Da sei anni Giuseppe Tornatore ha fatto perdere tracce di sé. Questo film era stato annunciato nei listini Medusa del 2005 e per molto tempo non si è saputo granchè su trama e attori. Adesso è stato lanciato alla Festa del Cinema di Roma, dove nel magma indistinto del solito cinema medio italiano si è distinto per l'importanza del tema trattato. La storia è cruda e crudele, ruvida come la realtà che gli sceneggiatori italiani per le masse tante volte tendono ad addolcire. Irina (Ksenia Rappoport) è una donna ucraina, svilita dalla vita e da esperienze traumatiche che ricostruiamo attraverso numerosi flashback. Una storia come quelle di tante donne dell'est giunte in Italia. Prostituzione, sfruttamento, ricatti. Qui, tuttavia, c'è qualcosa di più terribile, e si tratta del motivo che porta Irina a vivere a Trieste in un bel quartiere del centro e a fare di tutto per riuscire a diventare la tata di casa Adecher.
Gli Adecher (Claudia Gerini e Pierfrancesco Favino) sono una famiglia di orafi poco accessibili, a tratti ostili, a tratti troppo discreti per non celare qualcosa di raggelante. Irina entra in casa Adecher e cerca di stringere un legame con la piccola Tea (Clara Dossena); lentamente il sospetto che la bambina nutre per questa donna algida e misteriosa si tramuta in affetto. E qui scatta il melodramma: Tea è figlia di Irina, strappata alla donna appena nata, come altri otto bambini ai quali l'ucraina ha dato l'utero per nove mesi, per poi perderne per sempre le tracce. Tutto questo sotto il giogo di un incubo: il Muffa (Michele Placido), un crudele sfruttatore che ha schiavizzato Irina e che ancora popola i suoi incubi. Dovrei fermarmi qui. Perché la storia, in realtà, è un giallo piuttosto appassionante, e come tutti i gialli riserva qualche colpo di scena. Ma forse è proprio qui il punto discutibile, e cioè il modo di raccontare questa vicenda, la scelta ultima di Giuseppe Tornatore. Una storia del genere poteva essere resa in modo distaccato, con quella tipica forma di distanza che certi autori sanno adottare quando si tratta di temi delicati. Invece Tornatore ha scelto di immergere la disperazione della storia nell'inchiostro nero di un noir contemporaneo, cattivo e spietato, ma anche esagitato ed esagerato. Il rischio che corre è quello di usare la trama solo come un pretesto per creare tensione ed interesse per due ore.
Accade quindi che nelle scene che sono naturalmente crude, come quelle delle violenze subite raccontate in flashback, è il montaggio frenetico a creare il pathos, e non il contenuto intrinseco della scena. Accade quindi che - siccome Tornatore non riesce a fare più nulla senza Ennio Morricone - la musica rimpinzi ogni scena, ogni sequenza, ogni singolo movimento degli attori (vedere la scena in cui Irina si introduce di nascosto in casa Adecher e rischia di essere scovata dal portiere: l'accompagnamento è assordante e varia più volte in base ai movimenti e agli sguardi, come nemmeno in un classico hitchcockiano Bernard Herrmann si sarebbe permesso di fare). Tutto questo rischia di vanificare la "crudele realtà delle cose" e di fare diventare La sconosciuta un prodotto molto simile a certa fiction medio-brutta che la televisione di stato (ma non solo) ama proporre di tanto in tanto. Scegliere di essere realisti richiede un codice "etico": o lo si evade dichiaratamente, e allora viva gli eccessi, le esagerazioni, le incongruenze, come il noir è il trionfo della forma del racconto a scapito dell'umanità dei personaggi; o lo si rispetta, sacrificando magari un po' di ritmo o di "emozioni garantite" a favore della rappresentazione di un'umanità che sia credibile. Il cinema è questo e quell'altro, senza distinzioni di merito; le vie di mezzo, però, possono essere rischiose. Non a caso le sequenze più emozionanti sono quelle dove la musica è totalmente secondaria o non c'è persino: una toccante scena in cui Irina insegna alla bambina come rialzarsi dopo essere stata gettata a terra, o il racconto finale in carcere fatto dalla donna. Anche in questo caso, però, Tornatore eccede e fa rivedere le stesse scene, gli stessi ricordi, le stesse emozioni più di una volta. Ridondanza. Il giudizio finale è che si tratta di un film interessante e senza dubbio coinvolgente, ma più per la storia raccontata che per il film in sé. Tecnicamente è sopra le righe, due volte sì e una no ci sono cadute di gusto (la scena del circo è davvero troppo), e dimostra un gusto strumentale dell'eccesso che mi ha fatto pensare a un recente film italiano davvero brutto, I giorni dell'abbandono di Roberto Faenza. Troppo, davvero troppo in comune. Ottima prova della protagonista, Ksenia Rappoport. Convince la Gerini, Placido è insopportabile al punto giusto, Piera Degli Esposti rischia la caricatura di sé stessa ma, si sa, in un noir ogni eccesso è concesso Una richiesta, por favor: scindete la coppia Tornatore - Morricone, perché è davvero difficile sopportare due ore di archi incessanti che ci vogliono dire: devi emozionarti, devi stare allerta, sta per succedere qualcosa
Gli Adecher (Claudia Gerini e Pierfrancesco Favino) sono una famiglia di orafi poco accessibili, a tratti ostili, a tratti troppo discreti per non celare qualcosa di raggelante. Irina entra in casa Adecher e cerca di stringere un legame con la piccola Tea (Clara Dossena); lentamente il sospetto che la bambina nutre per questa donna algida e misteriosa si tramuta in affetto. E qui scatta il melodramma: Tea è figlia di Irina, strappata alla donna appena nata, come altri otto bambini ai quali l'ucraina ha dato l'utero per nove mesi, per poi perderne per sempre le tracce. Tutto questo sotto il giogo di un incubo: il Muffa (Michele Placido), un crudele sfruttatore che ha schiavizzato Irina e che ancora popola i suoi incubi. Dovrei fermarmi qui. Perché la storia, in realtà, è un giallo piuttosto appassionante, e come tutti i gialli riserva qualche colpo di scena. Ma forse è proprio qui il punto discutibile, e cioè il modo di raccontare questa vicenda, la scelta ultima di Giuseppe Tornatore. Una storia del genere poteva essere resa in modo distaccato, con quella tipica forma di distanza che certi autori sanno adottare quando si tratta di temi delicati. Invece Tornatore ha scelto di immergere la disperazione della storia nell'inchiostro nero di un noir contemporaneo, cattivo e spietato, ma anche esagitato ed esagerato. Il rischio che corre è quello di usare la trama solo come un pretesto per creare tensione ed interesse per due ore.
Accade quindi che nelle scene che sono naturalmente crude, come quelle delle violenze subite raccontate in flashback, è il montaggio frenetico a creare il pathos, e non il contenuto intrinseco della scena. Accade quindi che - siccome Tornatore non riesce a fare più nulla senza Ennio Morricone - la musica rimpinzi ogni scena, ogni sequenza, ogni singolo movimento degli attori (vedere la scena in cui Irina si introduce di nascosto in casa Adecher e rischia di essere scovata dal portiere: l'accompagnamento è assordante e varia più volte in base ai movimenti e agli sguardi, come nemmeno in un classico hitchcockiano Bernard Herrmann si sarebbe permesso di fare). Tutto questo rischia di vanificare la "crudele realtà delle cose" e di fare diventare La sconosciuta un prodotto molto simile a certa fiction medio-brutta che la televisione di stato (ma non solo) ama proporre di tanto in tanto. Scegliere di essere realisti richiede un codice "etico": o lo si evade dichiaratamente, e allora viva gli eccessi, le esagerazioni, le incongruenze, come il noir è il trionfo della forma del racconto a scapito dell'umanità dei personaggi; o lo si rispetta, sacrificando magari un po' di ritmo o di "emozioni garantite" a favore della rappresentazione di un'umanità che sia credibile. Il cinema è questo e quell'altro, senza distinzioni di merito; le vie di mezzo, però, possono essere rischiose. Non a caso le sequenze più emozionanti sono quelle dove la musica è totalmente secondaria o non c'è persino: una toccante scena in cui Irina insegna alla bambina come rialzarsi dopo essere stata gettata a terra, o il racconto finale in carcere fatto dalla donna. Anche in questo caso, però, Tornatore eccede e fa rivedere le stesse scene, gli stessi ricordi, le stesse emozioni più di una volta. Ridondanza. Il giudizio finale è che si tratta di un film interessante e senza dubbio coinvolgente, ma più per la storia raccontata che per il film in sé. Tecnicamente è sopra le righe, due volte sì e una no ci sono cadute di gusto (la scena del circo è davvero troppo), e dimostra un gusto strumentale dell'eccesso che mi ha fatto pensare a un recente film italiano davvero brutto, I giorni dell'abbandono di Roberto Faenza. Troppo, davvero troppo in comune. Ottima prova della protagonista, Ksenia Rappoport. Convince la Gerini, Placido è insopportabile al punto giusto, Piera Degli Esposti rischia la caricatura di sé stessa ma, si sa, in un noir ogni eccesso è concesso Una richiesta, por favor: scindete la coppia Tornatore - Morricone, perché è davvero difficile sopportare due ore di archi incessanti che ci vogliono dire: devi emozionarti, devi stare allerta, sta per succedere qualcosa
I lettori hanno scritto 7 commenti
- indirizzo IP 62.101.126.233
- data e ora Domenica 12 Novembre 2006 [18:53]
- commento Condivido: esagerazioni e ridondanze sviliscono un tema così importante! p.s.: per Marta. Guardati bene il film, please.
- indirizzo IP 84.221.39.76
- data e ora Lunedì 13 Novembre 2006 [0:15]
- commento Non è il miglior film di Tornatore che certamente ci ha dato molto di più in passato- tuttavia il film pulito da certe situazioni degne dei romanzi di appendice del primo novecento può meritare un 6
Pagine: 1
2
Partecipa
Cosa aspetti a diventare un utente registrato?
Queste funzioni sono abilitate soltanto per gli utenti registrati. Si possono votare i film ed esprimere opinioni su registi, attori o su qualunque altro aspetto riguardante le pellicole, si può commentare quanto scritto nelle recensioni e negli articoli e concordare o dissentire. Gli utenti registrati hanno inoltre accesso a molte altre funzioni personalizzate sul sito. Basta un minuto, registrati e fai sentire la tua voce.
Pubblicità