Il voto del redattore
- voto
- 3/5
- valutazione
- Film dal soggetto interessante, ma dalla struttura filmica debole. Il ritmo è troppo lento e la storia stenta a decollare, ma è da apprezzare il coraggio della Torre a portare sullo schermo le ossessioni e il lato oscuro di persone normali. Sono presenti veri e propri esercizi di stile registico. Si può fare di meglio
Il voto dei lettori
- voto medio
- 2.5/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 16 lettori
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
Mare nero
di Roberta Torre
- Dati
- Titolo originale: Mare nero
- Soggetto: Roberta Torre, Marcello Siena, Andrea Di Stefano
- Sceneggiatura: Roberta Torre, Heidrun Schleef
- Genere: Giallo - Noir
- Durata: 83 min.
- Nazionalità: Francia, Italia
- Anno: 2006
- Produzione: Cattleya, Rai Cinema, Babe Films
- Distribuzione: 01 Distribution
- Data di uscita: 00 00 0000
Provaci ancora, Roberta
di Flavia Borzacchiello
Mare Nero è l'ultima fatica della regista milanese Roberta Torre, che ritorna al cinema quattro anni dopo Angela (2002). Per il suo nuovo lavoro la regista ha scelto di abbandonare la Sicilia e i suoi abitanti, raccontati nei suoi primi tre film (Tano da morire, 1997; Sud Side Story, 2001; Angela, 2002) col suo personalissimo punto di vista e di convertirsi alle atmosfere noir di una Napoli riconoscibile solo dal forte accento partenopeo dei personaggi di contorno. Al centro della storia, infatti, c'è l'indagine che l'ispettore Luca Moccia (Luigi Lo Cascio) sta conducendo su un omicidio a sfondo sessuale di cui è rimasta vittima una giovane studentessa dalla doppia vita, ragazza di buona famiglia di giorno e amante della trasgressione di notte. Il viaggio nelle zone oscure della vita della donna e negli ambienti della trasgressione sessuale e dello scambismo, si trasformerà ben presto in un viaggio nei luoghi oscuri della propria mente e della propria personalità, viaggio che rischierà di mettere a repentaglio l'acerbo rapporto dell'uomo con Valentina (Anna Mouglalis), agente immobiliare francese dal passato e dal presente misteriosi.
Una storia avvincente e ricca di possibilità di sviluppo ma che all'atto pratico non riesce, purtroppo, a decollare: troppi pseudosimbolismi (dall'acquario alla statua greca, fino ad arrivare al locale dove improbabili voyeur spiano dal buco della serratura le evoluzioni erotico-violente di belle donne) farciscono una pellicola scarna, dalla regia a volte troppo confusa e febbrile. Poche le scene in cui la macchina da presa esce dall'agitazione e riesce ad offrire buoni esempi di cinema: esempi sono il sogno di Valentina o le prime fantasie di Luca. Il film gioca tutto sul tema della doppia vita e sugli scheletri che ognuno di noi nasconde nel proprio armadio (emblematica è la battuta di Anna Mouglalis/Valentina che alle pressanti domande di Luigi Lo Cascio/Luca sul proprio passato risponde: "Non fare le domande sbagliate, potresti ottenere le risposte sbagliate"), nonché sull'opposizione vita pubblica/normalità vs. vita privata/trasgressione che tocca non solo le abitudini sessuali della gente comune, ma anche le abitudini di coloro i quali fanno parte delle forze dell'ordine (scene molto forti in tal senso sono quella dell'interrogatorio al presunto assassino e quella del sequestro di droga da parte di un agente, che prima ne fa uso personale e poi la rivende).
Nonostante tutte le scelte opinabili, Mare Nero riesce comunque ad ipnotizzare offrendo la possibilità di entrare in un ambiente onirico in cui le ossessioni e le fantasie prendono il sopravvento sulla realtà: a tal fine è fondamentale la fotografia di Daniele Ciprì che illumina il film di asettici bianchi, sanguinosi rossi e lividi blu, sottolineando così la dimensione onirica e visionaria del film. Ad alimentare tale atmosfera è la recitazione del bravo Luigi Lo Cascio, alle prese con un ruolo difficile che lo conferma attore di razza e dimostra come i grandi professionisti sappiano spaziare fra i ruoli più diversi. Roberta Torre, dopo l'entusiasmante debutto veneziano di Tano da morire, si conferma regista aperta alle sperimentazioni e in grado di indagare nei lati oscuri della vita odierna, ponendosi alla guida di un film difficile e coraggioso che potrebbe essere inserito nella cosiddetta categoria delle pellicole "poco italiane e molto europee", film che si ispirano più alla tradizione continentale che a quella nostrana e che fanno capo ad autori giovani ed aperti alle nuove tendenze. Autori che pongono la propria firma su lavori promettenti anche se non pienamente buoni. Una categoria, insomma, in cui far rientrare anche Tano da morire (1997) della stessa Torre, Pane e tulipani (2000) di Silvio Soldini, L'uomo in più (2001) e Le conseguenze dell'amore (2004) di Paolo Sorrentino, Primo Amore (2003) di Matteo Garrone. Non resta che auspicare una tendenza da parte di questi autori a migliorarsi sempre più e ad imparare da quelli che la stampa di settore ha definito errori (ed aggiungerei di classe) e sperare in una maggiore attenzione mediatica verso questi film, troppo spesso abbandonati al proprio destino "da botteghino".
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