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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 2/5
  • valutazione
  • Un film parzialmente riuscito, schiacciato dalle aspettative dei lettori di Bukowski e rallentato dall'eccessiva ignavia del protagonista. Nota di merito per Lili Taylor
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 2.5/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 2 lettori
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Info

Factotum

di Bent Hamer

 
    Dati
  • Titolo originale: Factotum
  • Soggetto: Charles Bukowski (da suoi racconti)
  • Sceneggiatura: Bent Hamer e Jim Stark
  • Genere: Drammatico - Psicologico
  • Durata: 94 min.
     
  • Nazionalità: Germania, Norvegia, U.S.A.
  • Anno: 2006
  • Produzione: Bubul Film, Stark Sales, Pandora
  • Distribuzione: Mikado
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Hai intenzione di provarci?

di Carlo Griseri

"Se decidi di provarci fallo con tutte le forze, altrimenti non cominciare nemmeno".

Con queste parole si apre la scena finale di Factotum, una voce fuori campo che legge le parole del vero Charles Bukowski.

"Questo potrebbe voler dire perdere donne, amici, parenti e lavori - prosegue la voce - e forse anche la propria salute mentale. Potrebbe voler dire non mangiare nulla per tre o quattro giorni, potrebbe voler dire morire di freddo su una panchina del parco, potrebbe significare galera, potrebbe voler dire derisione e isolamento".

Tutte cose cui andrà incontro Henry Chinaski, protagonista del film e sorta di alter ego dello scrittore in molte sue opere. Ma affronterà tutto, dall'inizio alla fine, con una ignavia ai limiti della sopportazione, passando da un lavoro all'altro, da una storia all'altra, da una bottiglia all'altra, senza dar quasi mostra di accorgersene.
Chinaski vive a Los Angeles: il suo sogno sarebbe potersi dedicare solamente alle cose che gli interessano: le donne, l'alcol, giocare ai cavalli e scrivere storie.
Passa molte sue notti a scrivere e a inviare racconti che per molto tempo nessuno vorrà pubblicare. Vittima di un talento innato, sembra non voler fare alcuno sforzo per ottenere qualcosa. Scontrandosi con la sua condotta, con le sue stesse parole.
Matt Dillon è il protagonista della pellicola: difficile immaginare, leggendo le pagine originali, un Chinaski così bello e in forma. Per quanto si sforzi, anche con successo, non riesce proprio a far sembrare vere le cose che gli succedono e lo stile di vita che conduce.
Dillon lotta da anni per scrollarsi di dosso la fama di "solo bello" - come sta facendo, forse con risultati migliori, anche George Clooney - per indossare quelli di "bello e bravo". E allora, in una lunga carriera che lo vede sulle scene dai primi anni '80, lo possiamo ricordare come uno de I ragazzi della 56^ strada di Coppola, in Rusty il selvaggio, in vesti grunge in Singles - L'amore è un gioco di Cameron Crowe e, più recentemente, in Tutti pazzi per Mary e nel miglior film del 2005, secondo l'Academy Award, Crash - Contatto Fisico. Nel 2002, inoltre, ha esordito alla regia con City of ghosts.
Accanto a lui Lili Taylor, ancora una volta splendida interprete e così naturalmente "nella parte". Eroina del cinema indipendente a stelle e strisce, è stata contesa negli anni da Abel Ferrara, Emir Kusturica e molti altri. Negli ultimi anni si è dedicata anche alla televisione, partecipando alle prime serie del celebre Six feet under.
Con loro, in un piccolo ruolo, Marisa Tomei: da sempre alla ricerca del giusto riconoscimento per le sue capacità, fin da quando è rimasta vittima a Hollywood di un perfido pettegolezzo (per chi non sapesse: venne proclamata vincitrice da Jack Palance come migliore attrice non protagonista agli Oscar 1992 - per il film Mio cugino Vincenzo. I maligni sostengono però che sulla busta il nome corretto della vincitrice fosse quello di Vanessa Redgrave, ma che Palance, visibilmente ubriaco, abbia sbagliato, forse apposta. Per evitare imbarazzi, nessun membro dell'Academy avrebbe mai detto nulla. Per la cronaca, nel 2001 la Tomei ricevette una nuova nomination, per In the bedroom, senza vincere).
Il cinquantenne norvegese Bent Hamer dirige il tutto, a due anni di distanza da quel piccolo gioiello intitolato Kitchen stories, che raccontava la storia di un gruppo di esperti svedesi chiamati a monitorare 24 ore al giorno le abitudini culinarie di alcuni single di un paesino della vicina Norvegia.
In questo nuovo film i risultati sono decisamente meno brillanti, ma vige per tutti i 95 minuti di pellicola un simile clima di eterna attesa di "qualcosa che prima o poi dovrà accadere", un silenzio - che però nel film precedente era sicuramente più evocativo e meno vuoto - e una difficoltà dei suoi diversi protagonisti nel trovare il proprio ruolo nella realtà che li circonda.
Nonostante la naturalezza della Taylor e gli sforzi di Matt Dillon, nonostante i numerosi spunti offerti dalla vasta produzione di Bukowski e le capacità di Hamer, nel ricordo degli spettatori non potranno che rimanere quasi unicamente le parole con cui Factotum si conclude.

"Se hai intenzione di provarci, fallo con tutte le forze. Non c'è un'altra emozione come questa. Sei da solo insieme agli dei, e le notti risplenderanno di fiamme. Attraverserai la vita con una risata perfetta: è l'unica lotta che vale la pena di combattere".

 
 
 
 
 
 
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