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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 3.5/5
  • valutazione
  • Indeciso tra il 3 ed il 3,5, la generosità è un'apertura di credito verso questa operazione: sarebbe triste se il cinema italiano ci desse solo film come questo; ma se non ce ne desse mai neanche uno sarebbe molto più triste.
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 4.7/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 16 lettori
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Info

Arrivederci amore, ciao

di Michele Soavi

 
    Dati
  • Titolo originale: Arrivederci amore, ciao
  • Soggetto: Massimo Carlotto (romanzo omonimo)
  • Sceneggiatura: Marco Colli, Franco Ferrini, Michele Soavi, Gino Ventriglia
  • Genere: Azione - Noir
  • Durata: 107 min.
     
  • Nazionalità: Italia
  • Anno: 2005
  • Produzione: Studio Urania, Rai Cinema, Wild Bunch - Francia
  • Distribuzione: Mikado
  • Data di uscita: 00 00 0000
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Speranza noir

di Piervittorio Vitori

Inseguito in Italia da un mandato di cattura per un attentato politico che ha accidentalmente causato una vittima, Giorgio Pellegrini è riparato in America Latina, unendosi ad una formazione guerrigliera. Un giorno, però, stanco di una lotta i cui ideali ha smesso da un pezzo di condividere e deciso ad iniziare il processo di riabilitazione, dopo un breve soggiorno in Francia, rientra in Italia. Qui finisce nelle grinfie del questore della Digos Ferruccio Anedda, un elemento corrotto che ricatta Pellegrini, usandolo per i suoi loschi fini. Ma Anedda è solo il primo di una serie di personaggi che il protagonista dovrà affrontare sulla strada che lo separa dallo status di cittadino onesto e rispettabile, e Pellegrini, disposto a tutto pur di raggiungere il suo scopo, non si rivelerà certo migliore dei suoi antagonisti...

Sta nascendo la stagione del noir italiano? È l'auspicio di Massimo Carlotto, il 50enne scrittore padovano autore di Arrivederci amore, ciao. Ed i motivi per sperare non mancano: pur senza avere alle spalle una tradizione paragonabile a quella americana o, per restare in Europa, francese, la stagione in corso sta proponendo titoli interessanti (Romanzo criminale di Placido - tratto da De Cataldo - e La cura del gorilla di Sigon - tratto da Dazieri, oltre a questo di Soavi) che testimoniano, in primis, del successo della recente letteratura di genere. Ovviamente vari distinguo andrebbero fatti tra le diverse opere ed i diversi autori, ma pare comune lo sguardo critico nei confronti di una società sporca, marcia, sia che si torni alla Roma degli anni '70, sia che si parli del Nordest del boom del decennio passato.

È paradossale, quindi, che proprio l'analisi del contesto sociale appaia l'elemento più sacrificato nel passaggio dal libro di Carlotto alla pellicola di Soavi. Il regista milanese, assente dal grande schermo da 12 anni, sceglie di badare al sodo e costruisce un film che ha i suoi punti di forza nel ritmo e nelle interpretazioni degli attori. L'ora e tre quarti di pellicola si svolge così sulla bobina senza che lo spettatore rischi cedimenti di attenzione, ed in questo senso l'unico appunto che può essere mosso al pool di sceneggiatori è di avere in un paio di punti esagerato (come quando il protagonista lascia Anedda dopo il colpo al furgone per poi ritrovarlo al ristorante: sembra passata appena una settimana, mentre l'incontro è drammatico proprio perché inatteso, e questo ci porta a capire che il tempo trascorso è in realtà ben maggiore). Ma è un difetto a conti fatti veniale. Di contro, la sorpresa positiva è come detto la performance del cast: i due personaggi femminili, interpretati da attrici che sono forse ricordate più per quanto hanno fatto in tv che al cinema, per quanto siano marginali nella storia, sono resi bene nei loro tratti essenziali (sebbene quello di Roberta, nettamente ringiovanita rispetto al romanzo, sia scarsamente delineato). Placido da' corpo al personaggio migliore del film, un classico sbirro corrotto che però, grazie ad alcuni piccoli dettagli ben giocati e alla vigorosa prova dell'attore pugliese, che a più di qualcuno ha fatto tornare alla mente il Volontè di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, non rimane un semplice stereotipo ma si erge a carattere a tutto tondo. Se la cava anche Alessio Boni, al ruolo fin qui più negativo di una carriera che comunque aveva già presentato personaggi ambigui o in ogni caso non del tutto positivi. Il viso da bravo ragazzo è adeguato ad un personaggio che per raggiungere i suoi scopi si affida alla prevaricazione e alla violenza, ma anche alla seduzione; il rovescio della medaglia è che, per quanto carogna, il Giorgio Pellegrini di Soavi è comunque meno negativo di quello di Carlotto. L'uomo cinico e spietato del libro, nel film diviene, a tratti, quasi una vittima delle circostanze, come se le persone che trova ad ostacolargli il cammino fossero d'intralcio ad una riabilitazione morale e non solo sociale. Forse nel tentativo di spazzare via questa interpretazione e di restituire a Giorgio il suo ruolo di malvagio tout-court, Soavi nel finale tradisce il libro modificandone l'ultima sequenza e girandola con un vezzo simbolico-effettistico che finisce con lo stonare decisamente rispetto al registro adottato nel resto del film. Registro che è invece efficace quando lascia spazio al Nordest notturno e criminale in cui si muove Giorgio, alle strade desolate e fradice di pioggia così come alle mezze luci ed alle inquadrature oblique del night-club. Capitolo canzoni: con quella che da' il titolo a romanzo e film (scritta da Paolo Conte e già sentita al cinema, per esempio, in La stanza del figlio) gli autori si prendono un'altra libertà non da poco, facendola sentire non solo nel finale, come da originale carlottiano, ma anche all'inizio, rendendola così il commento sonoro al primo e all'ultimo omicidio della »carriera« di Giorgio. A quello che gli fornisce il passaporto per iniziare la sua strada verso la riabilitazione e a quello che di questa strada rappresenta l'ultima tappa. A quelli delle due persone che, tra quanti ha eliminato nel corso del film, più è (o dovrebbe essere) legato. Una licenza che può quindi avere i suoi perché, ragion per cui non vale la pena di soffermarsi troppo sull'implausibilità di una radio che nella giungla latinoamericana riesce a captare la voce di Caterina Caselli. Azzeccati anche i pezzi che descrivono il microcosmo del night, anche se palesemente troppo datati rispetto alla collocazione temporale della vicenda.

In ultima analisi, un buon prodotto di genere: non memorabile e senza ambizioni sfrenate, ma esemplare di un tipo di film che in Italia meriterebbe di acquistare uno spazio maggiore. E non è detto che non ci riesca.


 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 2 commenti

 
 
utente
Sara
  • indirizzo IP 81.208.74.187
  • data e ora Giovedì 09 Marzo 2006 [23:17]
  • commento Film non ancora visto, voglio dire che Arrivederci amore, ciao e' il miglior romanzo di Carlotto.
 
 
 
 
 
utente
fabri
  • indirizzo IP 151.44.40.66
  • data e ora Sabato 09 Settembre 2006 [23:11]
  • commento Meraviglioso. Un noir che fa riflettere... Bellissimo!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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