Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- Francese, con qualche balletto e con un bel cannone fumato su un tetto, se siete dei veri duri, leghisti, fascisti e compagnia bella, decisamente non fa per voi.
Il voto dei lettori
- voto medio
- 0.4/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 6 lettori
- Contro Il pessimo metodo
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Travaux - Lavori in casa
di Brigitte Rouan
- Dati
- Titolo originale: Travaux, on sait quand ça commence
- Soggetto:
- Sceneggiatura: Brigitte Rouan, Eric Besnard, Jean-Francois Goyet, Philippe Galland
- Genere: Commedia - Sociale
- Durata: 95 min.
- Nazionalità: Francia
- Anno: 2006
- Produzione: Ognon Pictures, Arte France Cinema, Augustine Pictures, Canal +, Cine Cinema, Gimages 6, Millifin, Procirep
- Distribuzione: Teodora Film
- Data di uscita: 00 00 0000
- Link
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Sacralità migrante
di Luigi Faragalli
Cosa è successo esattamente in Francia lo scorso novembre? Cosa ha tenuto Parigi col fiato sospeso? Cosa ha fatto esplodere la banlieu?
In Italia se n'è parlato poco e male, strumentalizzando come al solito gli avvenimenti per meri interessi politici. La nostra scandalosa destra non ha potuto fare a meno di sottolineare il fallimento di un modello di integrazione, la nostra ignava sinistra non ha potuto astenersi dal metter in guardia per un riproporsi di dinamiche simili anche in Italia.
Inutile dire che, come al solito, la nostra classe politica non ha capito una beneamata mazza.
Nella banlieu non ha fallito un modello di integrazione, ha fallito un modello di segregazione sociale. La periferia parigina era ed è uno sterminato dormitorio popolato da cittadini di serie B, con case scadenti e salari da fame, quando ci sono.
Sono francesi in tutto e per tutto, nati in Francia anche da più di una generazione, figli o nipoti di ex colonizzati a cui era stata promessa identica dignità, a cui era stato promesso di essere uguali a tutti gli altri, a cui era stato promesso di essere francesi.
Ebbene, la rivolta della banlieu parigina è questo: una promessa non mantenuta.
Il film di Brigitte Rouan, pur essendo stato concepito ben prima dei fatti di Parigi, si intreccia in modo incredibile e quasi meccanico con essi, in un incastro di leggerezza e gravità che suona stridulo guardando il film.
Carol Bouquet è Chantal, uno strano avvocato, quando discute una causa, quando parla con un ministro al telefono, quando discute con un commissario la liberazione di un sans-papier, quando insomma fa sul serio, lei, strano a dirsi e a vedersi, balla.
Classico, dance, rap, insomma, un po' di tutto. Ed il mondo intorno fa finta di nulla, reagisce come se fosse tutto normale, anzi, si innamora. Questa è forse la nota più surreale fra le tante note surreali di questo film, forse anche la più lieve e la più femminile. Questo avvocato salterino si muove nella vita, nella sua come in quelle altrui, con una certa irreale nonchalance. Si caccia in una relazione non voluta quasi per caso e per inerzia, si ritrova quindi legata a Frankie (uno straordinario Jean-Pierre Castaldi con una faccia talmente a cono da sembrare quasi un disegno più che un attore) all'inizio della vicenda e cerca di sfuggirgli per tutto il resto del film.
Si caccia anche in una ristrutturazione completa della propria casa quasi senza volerlo. Da due inquilini che lasciano sfitta una stanza si passa, incredibilmente, giorno dopo giorno, ad un cantiere enorme che ocupa tutta casa e finisce per inghiottire e trasformare tutto.
Questa è la struttura del film costruita attorno a Chantal, è lei il fulcro, il baricentro, il motore immobile di mille eventi che le ruotano attorno e sui quali sembra non avere alcun controllo.
Finanche i principi sono alternativamente saldissimi e vacillanti: emblematica la sequenza di scene in cui Chantal prima schiaffeggia il figlio esasperato ricordandogli che un immigrato è sacro e, un istante dopo, a seguito di una scenata, viene duramente redarguita dalla figlia che le ricorda quanto un immigrato sia sacro.
Una continua altalena dunque. Da una parte la tolleranza estrema ed irreale mostrata da Chantal per ogni disastro combinato dalla combriccola di clandestini spacciati per operai specializzati dall'architetto fresco di permesso di soggiorno. Dall'altra una corda che si tende, comprensione su comprensione, accettazione su accettazione, fino ad un pericoloso accumulo di energia inevitabilmente pronto ad esplodere.
Quel che accade a Chantal quando scopre che la cucina le è stata stravolta, quella cucina che si direbbe per lei l'unica cosa importante in tutto l'universo, è molto, ma molto, ma molto legato alle dinamiche sociali complessive di paesi in cui non ci si mescola realmente con gli immigrati, non li si accetta sul serio, ma ci si limita ad incamerare tensione dall'alto di un atteggiamento liberal che fa finta di capire tutto e di digerire tutto, accumulando in realtà forze distruttive pericolosissime.
Chantal dunque esplode, per una volta la smette di essere cardine e diventa granata. Caccia tutto e tutti e chiede il conto, chiede la ragione, chiede perché le hanno fatto male, a lei che li ha trattati così bene.
E' semplice: non volevano.
Ma per capirlo ci vuole un ciccione gentile, uno che ha imparato a scrivere laggiù in sudamerica quando era marxista leninista. Uno a cui un giorno la guerrilla ha detto di andare ad ammazzare un contadino ma lui non se l'è sentita, uno a cui la guerrilla per questo ha ammazzato un figlio. Uno che è scappato ed è arrivato in Francia con le braccia devastate e distrutte, uno a cui in Francia hanno salvato le braccia in un ospedale. Le stesse braccia con cui adesso stende l'intonaco in casa di Chantal.
Non manca un italiano nel film, il piastrellista/artista/cantante Salvatore. Aldo Maccione in questo ruolo dimostra una cosa di una certa importanza: esistono ottimi caratteristi in Italia completamente ignorati da un cinema asfittico e privo di storie degne di nota, basta una buona sceneggiatura ed una buona regia a rivelarne le potenzialità.
Il suo personaggio è l'icona di un nostro passato migrante che qui in patria abbiamo dimenticato ma che all'estero hanno ben presente, perché per tutta Europa, per il Canada, per gli Stati uniti, per l'Argentina, noi siamo stati esattamente quello che sono gli extracomunitari per noi oggi. Né più né meno.
Si fa presto a capire come arrivano gli immigrati, si fa presto a capire perché arrivano, si fa presto a capire perché restano, basta parlarci.
E basta dargli un po' di fiducia, perché alla fine lavorano ed anche se combinano un sacco di guai fanno la loro parte, ed i lavori finiscono in festa, in una casa finalmente bellissima, e con un pizzico di magia nei muri.
C'è da credere che il messaggio del film sia più ampio, e speri in una nazione finalmente bellissima, abbellita e cambiata, resa più fresca e più magica, dal lavoro degli immigrati e dalla loro cultura.
Nel film c'è anche Hugh Grant e fa la parte di un sospiro di sollievo.
I lettori hanno scritto 2 commenti
- indirizzo IP 84.220.45.249
- data e ora Domenica 16 Aprile 2006 [16:37]
- commento dopo averlo visto mi veniva da vomitare sconsigliatissimo a meno ke nn volete suicidarvi
- indirizzo IP 82.49.59.82
- data e ora Domenica 16 Aprile 2006 [21:26]
- commento Si dice "vogliate".
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