Il voto del redattore
- voto
- 2/5
- valutazione
- Mal scritto e mal girato, protagonisti sprecati
Il voto dei lettori
- voto medio
- 2.9/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 34 lettori
Ogni cosa è illuminata
- di Liev Schreiber
- dal 11 11 2005
- genere Commedia
- tipo Biografico
- Alice Trippolini
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- di Laurent Tirard
- dal 06 04 2007
- genere Commedia
- tipo Biografico
- Antinoo
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02 11 2013
Passo a due
di Andrea Barzini
- Dati
- Titolo originale: Passo a due
- Soggetto: Maurizio Costanzo
- Sceneggiatura: Andrea Barzini, Teodoro Losito
- Genere: Commedia - Biografico
- Durata: 98 min.
- Nazionalità: Italia
- Anno: 2005
- Produzione: Rai Cinema e Magic Moments
- Distribuzione: 01 Distribution
- Data di uscita: 00 00 0000
- Link
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- Il sito del distributore italiano
Recensione pubblicata il 10 10 2005
Questa recensione è stata letta 19979 volte
Fermate quell'uomo
di Alice Trippolini
Non so dove andremo a finire di questo passo.
Il film Passo a due, appunto, è l'ennesima idea partorita dalla mente di un uomo che ha monopolizzato, insieme a sua moglie e a pochi altri, la televisione italiana e si occupa anche di cinema e fiction. L'uomo in questione è il celebre giornalista Maurizio Costanzo, difensore della tv generalista, dell'idea contemporanea di spettacolo e soprattutto della confessione in diretta dei problemi interiori ed esteriori che ognuno di noi si porta dietro. Quest'uomo non è cattivo, credo.
Anzi, come giornalista pare una persona colta, intelligente, un po' cinica forse. La sua ultima virata televisiva, che lo ha portato a confezionare programmi contenitore che mescolano (un po' troppo) i generi, impoverendoli, ha scatenato, perlomeno in me, parecchi brividi. Brividi e delusione per l'abbassamento dello Spettacolo, diventato ormai solo una pubblica perdita di dignità. Il pubblico che tanto difende Maurizio Costanzo, ed è da lui difeso, non ha capito di essere stato usato per umiliare personaggi e macchiette del sistema televisivo e della vita di tutti i giorni. Costanzo non si è però limitato nella sua vita, spaziando tra i diversi mezzi di comunicazione, non ultimo il cinema.
Da sempre, ha creato soggetti per film, sceneggiature e perfino testi di canzoni. Il film Passo a due, definito un po' forzatamente autobiografico, nasce da una sua IDEA. Detto questo, possiamo anticipare che il film è un'opera mancata, approssimativa, dove i registri narrativi si scontrano senza un minimo di coerenza. La trama, che dovrebbe essere tratta dalla vera esperienza del ballerino protagonista è quella di un giovane albanese, Beni (Kledi Kadiu) che emigra in Italia con la promessa di poter danzare. Vittima di un raggiro, è tenuto prigioniero da un'impresaria che detiene il suo passaporto e lo obbliga a ballare in spettacoli di dubbio gusto.
Per caso legge di un'audizione, partecipa, vince, conosce una bionda ricca e viziata di nome Francesca (Laura Chiatti), i cui genitori non approvano la passione per la danza, e si innamorano.
Diciamo subito che il vero protagonista è Beni, la figura di Francesca è secondaria e poco caratterizzata. Dopo l'inizio facile e veloce, nella parte centrale del film c'è una virata grottesca. I protagonisti, ballerino e bionda, scendono a compromessi con la propria vita: lui va a vivere con una ricca P.r. senza scrupoli per ottenere il successo e lei piange e si dispera con un ragazzo che non la capisce (sfido chiunque, non se ne può più di ragazze viziate e supponenti).
Dopo mesi, sempre per caso, si ritrovano e decidono di mettersi insieme, partecipano ad un'audizione, la vincono e vanno, insieme, a ballare in una trasmissione in tv. Dal punto di vista dell'idea ci sarebbe già da ridire.
Nella vita dei ballerini professionisti e nei film sui ballerini professionisti, i protagonisti non vogliono ballare in televisione, ma a teatro, nei musical, insomma, negli spettacoli di danza. Le commedie americane che, guarda caso, hanno successo in Italia, parlano di altri universi al di fuori della televisione. Forse perché continuare a promuovere il sogno di finire in tv non è solo sbagliato, ma anche poco veritiero. Gli adolescenti di oggi non vogliono finire tutti in tv e non ammirano solo quelli che appaiono sul piccolo schermo. Ma andiamo avanti.
L'esperienza della segregazione di Beni è raccontata in 5 minuti di film con alcuni flashback psichedelici. Perché descrivere poco e male l'esperienza dello sfruttamento, facendola terminare all'improvviso, con una gag (ma come, bastava convincere il carceriere, da sempre buono e comprensivo con i carcerati, a portarti in una comunità occupata più bella dei convitti universitari di Roma? Ma siamo seri, via) ridicola e grottesca?
Questi benedetti adolescenti si annoiano così tanto a sentire la verità sulla vita di Kledi? Proviamo, magari sono più intelligenti di quello che pensa Costanzo, visto il flop di Troppo Belli. Poi, la protagonista femminile di una commedia romantica, non deve sembrare antipatica e viziata, se la si vuole descrivere come incompresa e sensibile. Se frequenta un'accademia e si iscrive in ritardo, non sarà poi così appassionata. Se non combina niente e ha fatto solo "un paio di audizioni", i suoi genitori hanno ragione a pretendere che cresca e decida quello che vuole fare. Inoltre, non bastano mezza mattinata e due sguardi per innamorarsi. Ci vorrebbe di più, i protagonisti non sembrano in sintonia e la sceneggiatura non riesce a far emergere nessuna emozione. Il film avrebbe delle potenzialità, le commedie sugli adolescenti e sulla danza sono un genere dignitoso, ma vanno create con un po' di rispetto per lo spettatore e per l'attore, specialmente se si racconta la sua esperienza. Dopo l'inizio facile e zuccheroso, all'improvviso è tutto difficilissimo: si deve andare a letto con una P.R. per ottenere il permesso di soggiorno (siamo sicuri che funzioni così la Bossi-Fini?).
Il film diventa di colpo grottesco: amplessi, cene tristi, partecipazioni televisive umilianti: ma dove sono finite le aspirazioni del protagonista? Se ora ha il permesso, perché non prova a cercare un lavoro adatto a sé? La risposta di Kledi è stata che in Italia non c'è lavoro per i ballerini professionisti, cruda realtà. Il film però non sembra così crudo, anzi, improvvisamente ritorna facile e romantico: Francesca litiga con il fidanzato, Beni la incontra, finiscono a letto e iniziano a ballare insieme. Il film punta troppo sulla regia, un po' psichedelica, con scene oniriche e montaggio veloce da videoclip, senza far caso alla sceneggiatura piena di buchi e incoerenze. In certe scene l'alternarsi dei primi piani e degli sguardi è efficace, ma non basta per l'intero film. Infine i dialoghi. Lui perde il lavoro perché non ha il permesso di soggiorno, Francesca dice: "Non preoccuparti". La coreografa, prima dell'inizio del programma tv, fa un improbabile discorso sull'importanza dell'amore per se stessi e i litigi tra Francesca e il suo ragazzo sono noiosi, al limite della parodia. Probabilmente, chi ammira il ballerino Kledi sarà soddisfatto dell'ampio spazio dato alle sue performance e al suo corpo muscoloso, ma non credo sia questo il modo di risollevare le sorti della commedia italiana.
Non basta neanche per lanciare Kledi verso una carriera di attore: è un professionista, meriterebbe un film scritto meglio e un po' di scuola di recitazione. Il regista e sceneggiatore Andrea Barzini ha girato un videoclip troppo lungo, qualcuno dovrebbe dirglielo. Gli adolescenti di oggi sono abituati ai videoclip, mi dicono, però magari si meriterebbero qualcosa di più.
Il film Passo a due, appunto, è l'ennesima idea partorita dalla mente di un uomo che ha monopolizzato, insieme a sua moglie e a pochi altri, la televisione italiana e si occupa anche di cinema e fiction. L'uomo in questione è il celebre giornalista Maurizio Costanzo, difensore della tv generalista, dell'idea contemporanea di spettacolo e soprattutto della confessione in diretta dei problemi interiori ed esteriori che ognuno di noi si porta dietro. Quest'uomo non è cattivo, credo.
Anzi, come giornalista pare una persona colta, intelligente, un po' cinica forse. La sua ultima virata televisiva, che lo ha portato a confezionare programmi contenitore che mescolano (un po' troppo) i generi, impoverendoli, ha scatenato, perlomeno in me, parecchi brividi. Brividi e delusione per l'abbassamento dello Spettacolo, diventato ormai solo una pubblica perdita di dignità. Il pubblico che tanto difende Maurizio Costanzo, ed è da lui difeso, non ha capito di essere stato usato per umiliare personaggi e macchiette del sistema televisivo e della vita di tutti i giorni. Costanzo non si è però limitato nella sua vita, spaziando tra i diversi mezzi di comunicazione, non ultimo il cinema.
Da sempre, ha creato soggetti per film, sceneggiature e perfino testi di canzoni. Il film Passo a due, definito un po' forzatamente autobiografico, nasce da una sua IDEA. Detto questo, possiamo anticipare che il film è un'opera mancata, approssimativa, dove i registri narrativi si scontrano senza un minimo di coerenza. La trama, che dovrebbe essere tratta dalla vera esperienza del ballerino protagonista è quella di un giovane albanese, Beni (Kledi Kadiu) che emigra in Italia con la promessa di poter danzare. Vittima di un raggiro, è tenuto prigioniero da un'impresaria che detiene il suo passaporto e lo obbliga a ballare in spettacoli di dubbio gusto.
Per caso legge di un'audizione, partecipa, vince, conosce una bionda ricca e viziata di nome Francesca (Laura Chiatti), i cui genitori non approvano la passione per la danza, e si innamorano.
Diciamo subito che il vero protagonista è Beni, la figura di Francesca è secondaria e poco caratterizzata. Dopo l'inizio facile e veloce, nella parte centrale del film c'è una virata grottesca. I protagonisti, ballerino e bionda, scendono a compromessi con la propria vita: lui va a vivere con una ricca P.r. senza scrupoli per ottenere il successo e lei piange e si dispera con un ragazzo che non la capisce (sfido chiunque, non se ne può più di ragazze viziate e supponenti).
Dopo mesi, sempre per caso, si ritrovano e decidono di mettersi insieme, partecipano ad un'audizione, la vincono e vanno, insieme, a ballare in una trasmissione in tv. Dal punto di vista dell'idea ci sarebbe già da ridire.
Nella vita dei ballerini professionisti e nei film sui ballerini professionisti, i protagonisti non vogliono ballare in televisione, ma a teatro, nei musical, insomma, negli spettacoli di danza. Le commedie americane che, guarda caso, hanno successo in Italia, parlano di altri universi al di fuori della televisione. Forse perché continuare a promuovere il sogno di finire in tv non è solo sbagliato, ma anche poco veritiero. Gli adolescenti di oggi non vogliono finire tutti in tv e non ammirano solo quelli che appaiono sul piccolo schermo. Ma andiamo avanti.
L'esperienza della segregazione di Beni è raccontata in 5 minuti di film con alcuni flashback psichedelici. Perché descrivere poco e male l'esperienza dello sfruttamento, facendola terminare all'improvviso, con una gag (ma come, bastava convincere il carceriere, da sempre buono e comprensivo con i carcerati, a portarti in una comunità occupata più bella dei convitti universitari di Roma? Ma siamo seri, via) ridicola e grottesca?
Questi benedetti adolescenti si annoiano così tanto a sentire la verità sulla vita di Kledi? Proviamo, magari sono più intelligenti di quello che pensa Costanzo, visto il flop di Troppo Belli. Poi, la protagonista femminile di una commedia romantica, non deve sembrare antipatica e viziata, se la si vuole descrivere come incompresa e sensibile. Se frequenta un'accademia e si iscrive in ritardo, non sarà poi così appassionata. Se non combina niente e ha fatto solo "un paio di audizioni", i suoi genitori hanno ragione a pretendere che cresca e decida quello che vuole fare. Inoltre, non bastano mezza mattinata e due sguardi per innamorarsi. Ci vorrebbe di più, i protagonisti non sembrano in sintonia e la sceneggiatura non riesce a far emergere nessuna emozione. Il film avrebbe delle potenzialità, le commedie sugli adolescenti e sulla danza sono un genere dignitoso, ma vanno create con un po' di rispetto per lo spettatore e per l'attore, specialmente se si racconta la sua esperienza. Dopo l'inizio facile e zuccheroso, all'improvviso è tutto difficilissimo: si deve andare a letto con una P.R. per ottenere il permesso di soggiorno (siamo sicuri che funzioni così la Bossi-Fini?).
Il film diventa di colpo grottesco: amplessi, cene tristi, partecipazioni televisive umilianti: ma dove sono finite le aspirazioni del protagonista? Se ora ha il permesso, perché non prova a cercare un lavoro adatto a sé? La risposta di Kledi è stata che in Italia non c'è lavoro per i ballerini professionisti, cruda realtà. Il film però non sembra così crudo, anzi, improvvisamente ritorna facile e romantico: Francesca litiga con il fidanzato, Beni la incontra, finiscono a letto e iniziano a ballare insieme. Il film punta troppo sulla regia, un po' psichedelica, con scene oniriche e montaggio veloce da videoclip, senza far caso alla sceneggiatura piena di buchi e incoerenze. In certe scene l'alternarsi dei primi piani e degli sguardi è efficace, ma non basta per l'intero film. Infine i dialoghi. Lui perde il lavoro perché non ha il permesso di soggiorno, Francesca dice: "Non preoccuparti". La coreografa, prima dell'inizio del programma tv, fa un improbabile discorso sull'importanza dell'amore per se stessi e i litigi tra Francesca e il suo ragazzo sono noiosi, al limite della parodia. Probabilmente, chi ammira il ballerino Kledi sarà soddisfatto dell'ampio spazio dato alle sue performance e al suo corpo muscoloso, ma non credo sia questo il modo di risollevare le sorti della commedia italiana.
Non basta neanche per lanciare Kledi verso una carriera di attore: è un professionista, meriterebbe un film scritto meglio e un po' di scuola di recitazione. Il regista e sceneggiatore Andrea Barzini ha girato un videoclip troppo lungo, qualcuno dovrebbe dirglielo. Gli adolescenti di oggi sono abituati ai videoclip, mi dicono, però magari si meriterebbero qualcosa di più.
I lettori hanno scritto 19 commenti
- indirizzo IP 87.3.25.220
- data e ora Martedì 11 Ottobre 2005 [16:42]
- commento costanzo è un giornalista? quasi quasi, a dover iscrivermi al suo stesso albo, ci ripenso. è troppo facile da parte sua dire il pubblico vuole questo. è logico, se passa solo questo in tv. ma il flop di "troppo belli", e spero anche di questo film, dice la verità: il pubblico, se libero, sceglie ben altro. e poveri ballerini professionisti (vedi la bravissimi ambeta) costretti a svendersi in programmi come "amici" e "buona domenica".che tristezza.
- indirizzo IP 87.7.253.138
- data e ora Mercoledì 22 Marzo 2006 [14:45]
- commento parlo sia ha nome mio che ha nome di tutte le mie amiche approviamo questo film e ci difendiamo nel dire che dice il contrario nn capisce niente.....ma sveglia..
- indirizzo IP 87.10.188.237
- data e ora Mercoledì 22 Marzo 2006 [15:18]
- commento Mary, scrivi con la punteggiatura, si capisce meglio.. la storia di questo film non si regge, non è colpa di kledi o di laura chiatti, ma di chi lo ha scritto.
- indirizzo IP 151.42.232.109
- data e ora Mercoledì 22 Marzo 2006 [17:00]
- commento Alice HA nome di chi parli?
- indirizzo IP 151.37.162.125
- data e ora Sabato 17 Giugno 2006 [18:29]
- commento io sono una ballerina e il film mi è sembrato veramente fichissimo!!!!!!!!!!!! w. la danza!!!!!!!!!!!
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