Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- Un grande, lucidissimo Chabrol per non perdere la speranza nel cinema europeo.
Il voto dei lettori
- voto medio
- 3.1/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 10 lettori
- di Nicolo Donato
- dal 02 07 2010
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Papupop
- di Francis Ford Coppola
- dal 20 11 2009
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Antinoo
- di Marc Forster
- dal 28 03 2008
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Elena De Dominicis
- di Michael Haneke
- dal 30 10 2009
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Severino Faccin
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
La Damigella d'Onore
di Claude Chabrol
- Dati
- Titolo originale: La Demoiselle d'Honneur
- Soggetto: Ruth Rendell (Il Pugnale di Vetro)
- Sceneggiatura: Claude Chabrol, Pierre Leccia
- Genere: Drammatico - Psicologico
- Durata: 111 min.
- Nazionalità: Francia, Germania, Italia
- Anno: 2004
- Produzione: Alicéléo, Canal Diffusion, France 2 Cinéma,Integral Film GmbH
- Distribuzione: BIM Distribuzione
- Data di uscita: 00 00 0000
- Link
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- Il sito italiano
Folie à Deux?
di Fabrizio Ferrero
Ci sono film che al momento della visione non ci colpiscono immediatamente, o meglio, non depositano con fare compiaciuto i loro segreti in grembo allo spettatore aggiungendo una pacca sulla spalla ed un ammiccamento, ma insinuano una specie di virus benefico che, lasciato sedimentare e attecchire fa in modo che ci si sbarazzi di alcune perplessità che durante la visone non ci permettevano di lasciarci permeare dalle inquietudini profonde che ci aggredivano subdolamente. Alcuni lavori si travestono in questo modo e ci lasciano solo una pasta fredda e insipida e straordinariamente avara; di altri film, dopo un paio di giorni di ruminazione, si sente la mancanza. La Damigella d'Onore fortunatamente appartiene alla seconda categoria.
Presentato fuori concorso a Venezia l'anno scorso, il film pare essere un'impresa familiare che vede due figli, una moglie ed una figlioccia di Chabrol all'opera; la nota è particolare se teniamo conto del fatto che il regista, ad ogni film ormai, smantella le strutture ed i meccanismi familiari perversi a piè sospinto, come nel caso di Les Fleurs du Mal ad esempio.
Philippe, giovane agente di commercio, vive con la madre e le due sorelle alla periferia di Nantes. Al matrimonio della maggiore conosce Senta, damigella nonché cugina dello sposo: è amore a prima vista per entrambi, ma non esattamente un amore idillico come prevederebbero le circostanze dell'incontro.
Philippe è un bambino cresciuto, pare che non abbia alcuna intenzione di separarsi dalla madre e dalle sorelle e non avverte ciò che chiunque non esiterebbe a definire come una soffocante reclusione fra buone cose di pessimo gusto, una cameretta quasi da teen-ager, tappezzerie a fiorellini, televisione, paesaggi di periferia middle-class (francesizzazione di certi paesaggi londinesi del romanzo di Ruth Rendell) e clienti della madre che, per arrotondare fa la coiffeuse a domicilio. L'altra parte della sua vita, che è rappresentata dal lavoro e null'altro, è occupata dal suo capo e dall'attività di vendita di articoli termosanitari. Il rapporto con la madre è pericolosamente al limite di qualcosa che sembra un incesto platonico o forse leggermente di più, ed è l'unico rapporto che nell'ambito della famiglia è chiaramente delineato: non si riesce ad afferrare se Philippe si consideri un coetaneo delle sue sorelle minori, forse piuttosto assente, ma che a volte abbozza goffamente un atteggiamento da fratello maggiore. L'unica cosa che sembra un tramite feticistico, provvisorio e inadeguato verso l'autonomia sentimentale ed erotica di Philippe è una testa femminile di statua verso la quale egli nutre un particolare amore: la ruba dopo che era stata regalata dalla madre ad un suo spasimante - lampo (chiaro che lei sa), la tiene nel letto quasi come fosse un incrocio fra un orsacchiotto ed un'amante o una bambola gonfiabile, la nasconde nell'armadio durante il giorno e questa pratica prosegue anche quando la storia con Senta inizia in modo fulmineo e appassionato.
Senta ha il modo di fare di una fata postmoderna, disinibita, passionale, ma allo stesso tempo è un'apparizione fuggevole, infantile, delicata e inquieta/inquietante. Vive in un antro: una cantina seminterrata di una casa padronale in semi-decadenza abitata esclusivamente da sua madre, che incessantemente danza in compagnia di un uomo più giovane di lei. Senta dice di essere "attore", racconta strane storie sul suo passato, considera l'omicidio come atto di dimostrazione d'amore assoluto e stordisce completamente Philippe, ne recide i multipli cordoni ombelicali, ne sconvolge lo stile di vita e riesce quasi a rovesciarne ogni riferimento etico. La sensazione però è che Senta non esista affatto: come Anna in Birth probabilmente creava di sana pianta un bambino amante come reincarnazione del marito morto, così si direbbe che Philippe dia sostanza ad una fantasia adolescenziale che lo traghetti in un mondo di rapporti maturi al di fuori della gabbia familiare, verso una concreta definizione di sé nel mondo.
Chabrol si avvale di una freddezza quasi scientifica, documentaristica ma dal tocco delicato, nel raccontare una storia che cela elementi di gotico vittoriano nel tema della folie à deux, dello sprofondamento nell'abisso; più ancora delle atmosfere della quasi-Christie Rendell sembra di assistere alla messa in scena in punta di piedi, con garbo francese, quasi reticente, di uno scritto di McGrath sceneggiato con totale asciuttezza , senza l'inutile pretesa di stupire disseminando effetti a sorpresa e colpi di teatro: la storia di Philippe e Senta sembra una nerissima storia normale, come ce ne sono tante.
Un sentito grazie a Paola.
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